(...) A ben vedere è proprio l’Isis il simbolo più rivelatore dei nuovi tempi. Sunniti come tutti i qaedisti ma scomunicati dalla vecchia Al Qaeda per eccesso di crudeltà (e ce ne vuole...), gli uomini dell’Isis vogliono ridisegnare quei confini che britannici e francesi imposero quasi un secolo fa con la ben nota lungimiranza delle potenze coloniali. Non soltanto per far nascere il loro Califfato, ma per affermare una dinamica eversiva e rigidamente settaria che è già la regola nella Siria che gronda sangue, che allarma già gli sciiti iraniani e ottiene invece una tacita comprensione dai sunniti sauditi. Davvero crediamo che la grande guerra inter-islamica non ci riguardi, e non riguardi il prezzo o le forniture di greggio? Che la mattanza siriana possa continuare a piacimento, che non possano saltare all’improvviso il Libano e la Giordania, che domani in Afghanistan non possa andare come oggi in Iraq, magari trascinando nella mischia anche il Pakistan e la sua atomica? E le molte centinaia, forse le migliaia di giovani europei che vanno a combattere con l’Isis e poi rientrano nei nostri tranquilli rifugi europei addestrati e fanatizzati, anonimi fino a quando decideranno di colpire? (...)
"Una simile pace dovrebbe permettere a tutti gli uomini di navigare senza impedimenti oceani e mari." (Carta Atlantica, 14 agosto 1941)
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mercoledì 25 giugno 2014
domenica 15 giugno 2014
In Iraq ora l’esercito attacca l’ISIS (da ilPost.it)
Tra sabato 14 e domenica 15 giugno l’esercito iracheno ha attaccato i miliziani dell’ISIS, un gruppo di estremisti islamici, ed è riuscito a riconquistare diverse città vicino a Baghdad e nel nord del paese. Un portavoce del governo ha dichiarato che negli scontri di sabato sarebbero stati uccisi 279 miliziani islamici, una cifra che però non può essere confermata. Si tratta di un capovolgimento di fronte piuttosto improvviso, visto che soltanto pochi giorni fa in molti temevano che la stessa Baghdad dovesse prepararsi ad affrontare un assedio da parte dei miliziani dell’ISIS.
Negli ultimi giorni, infatti, la situazione in Iraq è peggiorata molto rapidamente. L’ISIS, che opera sia in Iraq che in Siria, ha lanciato all’inizio di giugno un’offensiva che in pochi giorni ha portato alla caduta di numerose città, tra cui Mosul, la seconda città dell’Iraq che si trova nel nord del paese, e Tikrit, la città natale dell’ex dittatore Saddam Hussein, vicino a Baghdad. L’esercito iracheno non è riuscito a opporsi a questa rapida avanzata. A Mosul circa 30 mila soldati iracheni sono fuggiti o si sono arresi davanti a 800 miliziani dell’ISIS e a una rivolta degli abitanti sunniti della città.
In realtà sembra che le conquiste compiute dall’ISIS negli ultimi giorni siano frutto di una serie di circostanze particolari (ne abbiamo parlato qui). L’ISIS è un gruppo sunnita, come la minoranza che abita in particolare la parte settentrionale del paese. I sunniti iracheni negli ultimi anni sono diventati particolarmente ostili al governo del primo ministro Nuri al-Maliki, che ha portato avanti una serie di politiche a favore della maggioranza sciita (a Mosul, ad esempio, mentre gran parte dei soldati era sunnita, i comandanti erano tutti sciiti). L’ISIS è riuscita a sfruttare questa divisione e ha ottenuto notevoli successi militari nelle zone a maggioranza sunnita. Probabilmente però non riuscirà a minacciare seriamente la capitale Baghdad, dove è molto più forte la presenza degli sciiti.(...)
sabato 14 giugno 2014
La situazione in Iraq
Tra giovedì 12 e venerdì 13 giugno la situazione in Iraq è peggiorata ulteriormente, con una nuova avanzata dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS) – gruppo estremista sunnita che opera sia in Iraq che in Siria – in direzione della capitale Baghdad. L’ISIS ha preso il controllo di due città nella provincia di Diyala, poco più a est di Baghdad, e ha compiuto diverse esecuzioni pubbliche a Mosul, capoluogo della provincia di Ninawa, città conquistata negli ultimi giorni.
All’improvvisa e violenta offensiva dell’ISIS si è aggiunta una reazione intensa dei soldati curdi “Peshmerga”, che rispondono al governo regionale del Kurdistan iracheno, una regione che da tempo vuole separarsi dal resto dell’Iraq: i curdi hanno conquistato la città di Kirkuk – capoluogo della provincia di Kirkuk, a circa 250 chilometri a nord di Baghdad – sfruttando la debolezza del governo iracheno causata dall’offensiva dell’ISIS. E infine all’ISIS e ai curdi si sono aggiunti anche gli sciiti, il gruppo minoritario dell’islam (ma maggioritario in Iraq) a cui appartiene anche il primo ministro iracheno Nuri al-Maliki. Venerdì, di fronte alle difficoltà dell’esercito iracheno a confrontarsi con le recenti minacce, migliaia di combattenti sciiti si sono diretti verso Samarra, città a circa 110 chilometri a nord di Baghdad finita sotto il controllo dell’ISIS nella notte tra giovedì e venerdì. (...)
"(...) Non manderemo truppe in Iraq" ma offriremo ulteriore aiuto. Lo afferma il presidente americano, Barack Obama. "Le forze di sicurezza irachene - ha continuato - purtroppo hanno dimostrato di non essere capaci di difendere alcune città. E il popolo iracheno è ora in pericolo". Obama ha aggiunto: "Fondamentalmente il futuro dell'Iraq dipende dagli iracheni. Proseguiremo con un'intensa azione diplomatica nella regione". Il presidente Usa ha detto che la linea di politica estera degli Stati Uniti resta quella di combinare "azioni militari mirate" se necessario con "lo sforzo insieme alla comunità internazionale" per risolvere le crisi insieme e ricorrendo alla diplomazia.
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