martedì 17 settembre 2019

Il Figlio Del Vento, La Terra Dei Liberi

È qualche mattina che mi sveglio con in testa l'inno statunitense; non so perché, so solo che si fa sentire. Stamani ho focalizzato un po' di più la cosa e il ricordo che si è collegato nella mia mente è Carl Lewis che con medaglia d'oro al collo ascolta questa musica.

Carl Lewis, il Figlio del Vento. Carl Lewis che correva in modo che a me pareva perfetto ed elegante, deciso e forte. Vinse molto, ma poi cedette lo scettro (almeno quello della velocità) a Ben Johnson, più potente, forse più forte. Forse.

Eppure.

Non era la stessa cosa: Ben Johnson sembrava veramente più potente, ma la cosa, come dire, si "fermava" lì. Corsa velocissima, ma stop. Di più, nulla. Di più, non c'era, o almeno: in me non è rimasto molto.

Non so se si può trarre qualcosa di più, da un ricordo così personale. Ci provo.

Non puoi essere solo "potente", se vuoi incidere nella memoria delle persone, se vuoi superare la cronaca, se vuoi far provare qualcosa che sembri almeno un po', solo un po', meno effimero del resto.

Poi, tutto è paglia che deve bruciare, e che prima o poi brucerà. A chi interesserà la falcata del Figlio del Vento fra centinaia di anni? Forse non ci saremo neanche più, come genere umano.
Ma non importa. Almeno per un momento l'eleganza fa sembrare meno pesante il tutto, meno greve l'aria del quotidiano.

Capita, a volte.
Chissà se anche così si costruisce (silenziosamente, non qui, non ora) una qualche terra dei liberi, una strana e impalpabile patria dei coraggiosi.

Francesco Maria Mariotti

(post pubblicato su Fb) 

venerdì 13 settembre 2019

Tommaso Padoa-Schioppa, Ciascuno nel mondo (Corriere della sera, 23 settembre 2001)

Tommaso Padoa-Schioppa, Corriere della sera, 23 settembre 2001

"Ciascuno nel mondo

Parte della risposta ai tragici fatti dell’ 11 settembre dev’ essere un intrepido e assorto ritorno al quotidiano operare, alla fiducia a scuola e in Borsa, alle normali conversazioni in casa e in ufficio. La capacità di liberarsi dalla minaccia del terrore che ha improvvisamente colpito il mondo dipenderà anche da come ciascuno, nel mondo, vivrà questo ritorno. Ciascuno nel mondo, perché miliardi di persone di tutte le età hanno visto le immagini del disastro, centinaia di milioni conoscono New York e ne hanno visitato le torri.

In quello stesso martedì di settembre, nei minuti e nelle ore che seguirono l’ attacco, in innumerevoli sedi pubbliche e private, dentro e fuori gli Stati Uniti, ci si riunì sgomenti, non sapendo che fare. Si decise che «il lavoro continua», business as usual. Per i più non era insensibilità, ma bisogno di una norma sicura, dunque di normalità.

Lavoro, abitudini, normalità hanno subìto l’ urto di eventi orridi e discriminanti che ognuno ricorderà per sempre. Sappiamo, stiamo poco per volta capendo, che quegli eventi porteranno cambiamenti anche nel vivere quotidiano. Né il prevalere del terrore né la sua sconfitta lascerebbero immutate le nostre abitudini. Tanto meno le lascerà immutate la lotta contro il terrore, di cui ora non conosciamo né i tempi né l’ esito.

Del vivere quotidiano, della normalità, l’ attacco terroristico è stato ferita e tradimento. Normale era la giornata di lavoro cui si accingevano le migliaia di persone che sono morte. Normale era la vita in cui i terroristi si erano mimetizzati per anni in attesa del giorno dell’ attacco. «Normali», si disse mesi fa, erano Omar ed Erika prima e dopo l’ uccisione di mamma e fratello.

Il quotidiano è fatto di abitudini lente a cambiare. In ciò sta il suo valore, perché in-corpora saggezza e civiltà sedimentate a lungo, entrate nelle fibre di ciascuno. Le abitudini sono e danno forza. Ai bambini danno fiducia; agli adulti libertà. Il lavoro è necessità e fatica; ma è anche sicurezza e riflessione. Nel ritorno al quotidiano vi sono consolazione e sostegno, ma anche difesa e riaffermazione della saggezza e della civiltà.

Il ritorno al quotidiano diventerà una risposta intrepida se sapremo evitare l’ insidia di due tentazioni, due forme di evasione dalla realtà, ugualmente pericolose: l’ indifferenza nel quotidiano e lo sconvolgimento del quotidiano. Dovremo invece fare il possibile perché il pensiero di ciò che è avvenuto, la ricerca delle cause, la volontà di fare fronte impregnino il nostro quotidiano, facendone riconoscere insieme il valore e le mancanze, dunque le correzioni necessarie.

Quando, durante un gioco, Ignazio di Loyola e alcuni suoi compagni si chiesero come avrebbero speso quell’ ora se avessero appreso che era l’ ultima della loro vita, chi disse che si sarebbe ritirato a pregare, chi che sarebbe corso dai suoi cari o avrebbe donato ogni suo bene ai poveri. Ignazio disse: continuerei questo gioco. (...)"

http://www.tommasopadoaschioppa.eu/mondo/ciascuno-nel-mondo.html

(link verificato in data 13 settembre 2001)

sabato 7 settembre 2019

Sul Governo cosiddetto "Conte-bis"

[Scritto il 5 settembre come post su Fb]

Commento del tutto personale, e "a prima vista", da approfondire e magari da rivedere: ottima scelta per ministero dell'Interno, vista la situazione. Brutte, molto, su Giustizia e Esteri.
Su Economia vedremo, potrebbe essere scelta interessante, se Commissione europea "apre" e se saremo capaci di muoverci come sistema-Paese.

In breve: forse questo governo era un tentativo da fare. Magari riuscirà. Ma.

Ma molta parte del paese, come ho già scritto, non capisce, temo; e forse ha anche "perso" dei passaggi, magari più seguiti e conosciuti dagli appassionati che seguono la politica anche in vacanza. E questa gestione "tutta estiva" della crisi può creare grandissime difficoltà.

Un monito, già scritto: la gestione della questione migratoria e della sicurezza non può "ribaltarsi" in brevissimo tempo; un nuovo stile (non "cattivista", diciamo) deve comunque essere contrassegnato da rigore, lucidità, e capacità di dialogo con tutti i cittadini, soprattutto con chi è più esasperato e abbandonato. Altrimenti si rischia di fare un regalo a chi fomenta odio e divisione.

Un ulteriore monito che riguarda anche situazione in UK e Europa in genere. Le questioni che il "sovranismo" - "nazionalismo" pone (in modi inaccettabili) alle nostre democrazie rimangono tutte in piedi.

Attenzione a non perdere di vista la necessità di risposte di lungo periodo, che non passano attaverso "vittorie politico-parlamentari".

(Su Giustizia magari ci tornerò su più avanti)

https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10220698566955445&id=1274444055

lunedì 26 agosto 2019

Un percorso europeo per le riforme italiane (Maurizio Ferrera, Corriere della Sera)


"(...) La nuova Commissione avrà infatti il sostegno dei partiti tradizionalmente europeisti: popolari, socialisti e democratici, liberali. Sarebbe sbagliato però dire che la Ue è rimasta quella di sempre. La nuova legislatura sarà sicuramente meno «austera» delle due precedenti (Juncker e Barroso), meno orientata alla stabilità fiscale in quanto tale e più aperta verso i temi della crescita, dell’occupazione, della sostenibilità ambientale e sociale. Lo testimoniano innanzitutto i programmi dei partiti che ora formano la maggioranza a Strasburgo. Rispetto alle elezioni del 2014, essi hanno formulato proposte precise su tutti questi fronti (si vedano le analisi su www.euvisions.eu). Il segnale più forte viene tuttavia dall’«Agenda per l’Europa» preparata dalla neopresidente Ursula von der Leyen per il prossimo quinquennio. Una lettura attenta di questo documento sarebbe molto utile a chi sta lavorando per risolvere la crisi di governo. Vi si trovano infatti idee e proposte molto calzanti per l’Italia. In primo luogo, von der Leyen richiama l’attenzione sui temi ambientali e sulla necessità di un vero e proprio «Patto verde» europeo. Non solo per affrontare la sfida oggi più dirompente per l’intero pianeta — il cambiamento climatico — ma anche per stimolare la crescita. Economia circolare, risanamento ambientale, rilancio delle aree e delle attività rurali, investimenti massicci in sostenibilità: preso seriamente, il perseguimento di questi obiettivi avrebbe enormi ricadute in termini di Pil e occupazione. Sul versante del lavoro, la neopresidente propone un salario minimo Ue e la regolazione della cosiddetta gig economy (i lavori tramite piattaforma, che interessano un numero crescente di giovani europei). In tema di welfare, l’obiettivo prioritario è il rafforzamento della garanzia giovani, nonché di una nuova «garanzia minori» (reddito, asili, formazione primaria, salute per tutti i bambini/ragazzi in condizioni disagiate). Dato il suo successo come ministra per gli affari sociali e la famiglia in Germania, von der Leyen propone poi un piano ambizioso per le donne (conciliazione, pari opportunità, protezione contro violenze e femminicidi) e la piena realizzazione del nuovo Pilastro europeo dei diritti sociali. Inoltre, la sua Agenda insiste moltissimo sugli investimenti digitali e in capitale umano: istruzione, ricerca e sviluppo. Nel documento c’è molto altro (compresa la revisione del Regolamento di Dublino sull’immigrazione). Ma i punti menzionati sono tutti rilevantissimi anche per l’Agenda Italia. Se un nuovo governo li includesse nel programma, si tratterebbe (questa volta sì) di un cambiamento epocale rispetto agli approcci del passato, prevalentemente basati sulla difesa a oltranza dell’esistente (settori economici tradizionali, previdenza pensionistica) piuttosto che investimenti per il futuro e per l’inclusione attiva delle persone più svantaggiate. Oltre che per i contenuti, la svolta di von der Leyen merita attenzione anche per altri motivi. In vari Paesi membri non vi sono oggi i margini fiscali per muovere nelle direzioni indicate dalla neopresidente. Certo, con incisive riqualificazioni della spesa pubblica e una lotta a tutto campo contro l’evasione, un po’ di margini si potrebbero (e dovrebbero) trovare. Ma difficilmente basterebbero, almeno nel breve periodo. In Italia abbiamo una complicazione in più. Le clausole sull’Iva introdotte dal governo giallo-verde ci obbligano a trovare 23 miliardi per il 2020 e 29 per il 2021. Se non le disinneschiamo, si rischia di tarpare ancor di più le ali a una crescita già intorno allo zero. E senza crescita il debito non scende. C’è un modo per uscire da questo circolo vizioso? Immaginiamo il seguente scenario. Il nuovo governo elabora (preferibilmente con l’assistenza tecnica della Commissione) un ambizioso piano di riforme in linea con l’Agenda Ursula, indicandone anche i costi. Poi lo presenta come Nota aggiuntiva al programma di Stabilità che tutti i Paesi devono sottoporre a Bruxelles nel mese di ottobre. Come reagirebbe la Commissione? È difficile che ci risponda con un no secco. Vorrà sicuramente essere sicura che non si tratti di una richiesta opportunistica, come è già avvenuto in passato. Chiederà assicurazioni su contenuti e tempi delle riforme, forse vorrà essere coinvolta nel monitoraggio e nella valutazione in corso d’opera. Inoltre si aspetterà che la legge di Stabilità per il 2020 si allinei alle raccomandazioni di politica economica e sociale ricevute dall’Italia lo scorso giugno (ad esempio rivedere quota 100 e il reddito di cittadinanza, per renderlo più efficace). (...)"

sabato 3 agosto 2019

Allarghiamo Il Castello

Impressione mia, magari i sondaggi e simulazioni varie sono fatte meglio di quanto io pensi: si continua a fare calcoli di voti e proiezioni di consenso "rassegnandosi" a una base elettorale sempre più stretta.

Forse c'è un'Italia né "buonista" né "cattivista" (per semplificare al massimo) che attende di essere rappresentata.

Forse c'è un'Italia che sarebbe capace di affrontare le sfide del futuro senza paura (o governando gli inevitabili timori che sorgono di fronte alle incognite della vita), se trovasse interlocutori politici che siano capaci di coinvolgerla, senza cercare "rottamazioni", "ruspe", illusioni varie.

L'attuale "principe" sembra re perché il castello si è fatto piccolo. Allarghiamo i confini, ridisegniamo le mura e il fossato, e il trono vacillerà: le bande rumorose dei prepotenti, forse, torneranno al silenzio.

FMM

Testo originariamente pubblicato qui:

Alcune Riflessioni

Riflessioni su cose successe in questi giorni.


1. Lasciamo le indagini a chi deve fare le indagini.


2. Grave bendare un arrestato e far girare le immagini, ma se - sottolineo se - la cosa è stata limitata a pochi minuti e se non ci sono state ulteriori forme di pressione, forse parlare di "gravissime lesioni dei diritti" o addirittura di "tortura" non appare totalmente congruo, anche se è inevitabile che appaiano timori in questo senso.
2.1. Comunque ottima cosa che l'Arma abbia immediatamente reagito a livello istituzionale per stigmatizzare un comportamento comunque sbagliato. Pessima cosa che il ministro e la forza politica di riferimento abbiano invece sottovalutato apertamente il fatto, e denigrato gli scrupoli garantisti; se da un lato è esagerato forse parlare di tortura, dall'altro è appunto necessario che le istituzioni reagiscano in maniera equilibrata e capace di rassicurare tutti i cittadini.

3. Benvenute tutte le visite dei parlamentari in carcere, nei confronti di chiunque; sarebbe bene che fossero fatte anche più di frequente e non solo nei casi più "eclatanti", con il rischio che appaiano gesti troppo legati a dinamiche politiche contingenti. Sono sicuro che ci sono già parlamentari che operano nel silenzio.
3.1. Tentiamo di parlare con più serenità e rigore delle pene detentive, del modo in cui vengono trattenute le persone anche quando non ancora condannate, e via così dicendo. Tentiamo di farlo tenendo conto dei diritti sacrosanti dei detenuti - in realtà di ognuno di noi -, ma facciamolo sapendo che l'argomento è difficilmente gestibile a livello di opinione pubblica, e per questo va presentato non in modo "spot" e senza soluzioni facili (come amnistie, indulti, etc)

4.Attendiamo esito indagini e processi

5. (a latere) W la prescrizione, che è clausola forse imperfetta, ma che appunto ci tutela anche da una giustizia più che imperfetta e troppo lunga, e che rende evidente anche dal punto di vista simbolico che la nostra giustizia è giustizia umana, non divina.

6. Non amo il giornalismo che sta al seguito dei potenti anche nei momenti quotidiani, credo ci debba essere un momento di "stacco" anche per queste figure (che forse se lo vogliono possono anche trovare luoghi più appartati, per evitare di essere seguiti)
6.1. Sono però inaccettabili le reazioni di ministro e di alcuni uomini al suo seguito (non mi è chiaro se facenti parte delle forze dell'ordine) atte a "bloccare" un giornalista, o a denigrare o addirittura intimidire la stampa.

7. Inaccettabile il linguaggio volgare e razzista in bocca a persone che rappresentano le istituzioni di uno Stato. C'è il gravissimo rischio di legittimare atteggiamenti violenti da parte delle persone, e comunque si crea un clima non sereno e pesante nel Paese. Il "principe" non può provocare disordine, altrimenti viene meno al suo primo dovere, e autodistrugge la sua stessa legittimità.

8. Speriamo di non dover di nuovo vedere "guerra" e "guerriglia" fra noi. Abbiamo già visto momenti terribili in questo paese, è necessario evitare a qualsiasi costo la degenerazione dei rapporti civili e politici.

FMM

martedì 23 luglio 2019

Il flirt iraniano di Trump (Daniele Raineri, ilFoglio)

Molto interessante, e non sorprendente. E forse non a caso ieri da UK una proposta di pattugliamento dello stretto di Hormuz che sia UE e autonomo dagli Usa.

FMM

"(...) Per arrivare a negoziare di persona con il dittatore nordcoreano Kim Jong Un, il presidente americano usò nella fase iniziale un approccio durissimo, promise che avrebbe risposto ai test di Kim con “fire and fury”, irrise Kim e lo chiamò “l’uomo razzo”. Poi quando la tensione divenne molto alta accennò alla possibilità di un incontro personale e ci fu una svolta diplomatica. Da allora i contatti sono diventati frenetici. Trump ha incontrato Kim già tre volte ormai – e in ogni occasione i media sono impazziti. Durante l’ultimo incontro il presidente americano ha varcato la linea di confine nella zona demilitarizzata tra Corea del nord e Corea del sud per stringere la mano a Kim e non era mai successo prima. Che importa se risultati concreti per ora non ce ne sono e la Corea del nord non ha alcuna intenzione di rinunciare alle armi nucleari, l’attenzione attorno a Trump è stata altissima e quindi i negoziati dal suo punto di vista sono senz’altro una cosa eccellente. Kim nel frattempo si gode una legittimità internazionale che non aveva mai avuto perché era sempre stato considerato un mattoide.

È possibile che Trump desideri la stessa cosa con l’Iran. Durante la campagna elettorale definì l’accordo firmato dal predecessore Obama con l’Iran per congelare il programma atomico “il peggiore accordo di sempre”, e queste parole sono famose, ma si tende a dimenticare quello che disse dopo: “Io ne farò uno migliore”. Se dopo essere stato il primo presidente americano a varcare il confine sul trentottesimo parallelo in Corea Trump diventasse anche il primo presidente a essere invitato in Iran dopo la rivoluzione del 1979, sarebbe un evento storico. È probabile che l’eccitazione che abbiamo visto quando è successo in Corea del nord in confronto all’Iran sarebbe poca cosa, come una prova generale dello spettacolo vero.

Per ora tutto questo resta sullo sfondo, ma ci sono segnali molto chiari. Quando a giugno Trump ha annullato all’ultimo momento un raid aereo contro obiettivi militari in Iran, ha fatto arrivare agli iraniani la richiesta di negoziati. L’Amministrazione americana per due anni ha applicato all’Iran la linea della “massima pressione possibile”, quindi sanzioni molto dure e annullamento dell’accordo del 2015, ma ora ha fatto sapere che non impone condizioni per i negoziati: basta che avvengano. E negli ultimi giorni dall’Iran sono arrivate dichiarazioni di disponibilità dalle due correnti interne al regime, quella del presidente pragmatico Hassan Rohani e quella del falco populista Mahmoud Ahmadinejad. Quest’ultimo, che non ha più incarichi di governo ma ha molto seguito, ha detto al New York Times che “Trump è un uomo d’affari, sa come calcolare costi e benefici a lungo termine”. In Iran si comincia a pensare che, in cambio di una bella foto con Trump, ci si potrebbe liberare di molte sanzioni. Ieri il segretario di stato americano, Mike Pompeo, ha detto al governo britannico “dovete prendervi cura voi delle vostre navi” – si riferiva alla petroliera catturata – e così ha escluso qualsiasi iniziativa americana di aiuto."

Pubblicato sul Foglio di martedì 23 luglio: https://www.ilfoglio.it/esteri/2019/07/23/news/il-flirt-iraniano-di-trump-266528/?fbclid=IwAR0Lhr6qZQ232S31TBJQckO5tErz2RJv8r8Qz4TTCtfrEprzlV5JmN5CGPU&paywall_canRead=true

Tratto da Facebook https://www.facebook.com/172477746626388/posts/507921573082002/

lunedì 22 luglio 2019

L’India è in viaggio verso la Luna (ilPost)

"L’agenzia spaziale indiana (ISRO) ha lanciato con successo Chandrayaan-2, la sua seconda missione per l’esplorazione della Luna. Il lancio è avvenuto alle 14:43 (le 11:13 in Italia) di lunedì 22 luglio dalla base di Sriharikota, nell’Andhra Pradesh. La missione, che ha un costo intorno ai 130 milioni di euro, era stata rinviata la settimana scorsa a causa di alcuni problemi tecnici. Dopo la partenza, il razzo ha trasportato Chandrayaan-2 in orbita terrestre, dove resterà per 23 ore prima di intraprendere il suo viaggio verso l’orbita della Luna.
L’India aveva già realizzato una missione lunare nel 2008 con Chandrayaan-1, una sonda che era stata collocata intorno alla Luna per studiarne le caratteristiche e cercare tracce d’acqua. Anche Chandrayaan-2 è dotata di una sonda, che resterà in orbita, ma porta con sé un lander che proverà a raggiungere la superficie lunare, nei pressi del polo sud del nostro satellite naturale. (...)"

Scorta UE per Hormuz?

Dal profilo Facebook di Guido Olimpio; sarebbe interessante se dalla crisi USA - Iran potesse nascere una "opportunità" per l'UE, e sarebbe ironico che questo avvenisse attraverso una proposta di un Regno Unito che dalla UE vorrebbe uscire. Ma forse è il caso di approfittare di qualsiasi spiraglio.

FMM

Il ministro degli Esteri britannico Jeremy Hunt, dopo aver accusato i guardiani della rivoluzione di un atto di pirateria, ha lanciato l’idea di un piano europeo per proteggere il traffico marittimo attraverso Hormuz con una scorta a guida UE. Consultazioni in questo senso sono state avviate durante il fine settimana. Dunque il progetto è di rispondere, in qualche modo, alla proposta della Casa Bianca per una coalizione internazionale – la cosiddetta Operazione Sentinel -, ma senza essere legati a tutte le scelte degli Usa verso l’Iran, in particolare sulla questione nucleare.

domenica 21 luglio 2019

Libia: battaglia finale?

Dal profilo Facebook di Guido Olimpio

"(AGI) - Tripoli, 20 lug. - Le forze del maresciallo Khalifa Haftar hanno dichiarato «l'ora zero» della propria offensiva volta alla conquista della capitale libica, Tripoli. Come riferisce Arab News, lo scrive lo stesso Esercito nazionale libico (Lna) sulla propria pagina Facebook, nella quale si lancia un appello ai giovani «unirsi alle nostre forze». Sull'altro fronte, già ieri il Governo di accordo nazionale libico di Fayez al Serraj aveva annunciato di aver raccolto informazioni che dimostrerebbero che Francia, Egitto ed Emirati Arabi Uniti si preparano a potenziare le forze fedeli ad Haftar. Alcune informazioni pervenute all'esecutivo di Tripoli - l'unico riconosciuto dalla comunità internazionale - indicano che il nuovo attacco sarà effettuato con aeromobili e armi di alta qualità. Non solo: stando alle stesse fonti, l'offensiva sarebbe imminente."


venerdì 19 luglio 2019

Von der Leyen: “L'Europa dialoghi con la Russia ma da una posizione di forza” (laStampa)

Mi sembra intervista interessante, da molti punti di vista.

FMM

"(...) Dalla necessità di un “nuovo inizio” sul tema delle migrazioni alla volontà di «sfruttare meglio i margini offerti dalla flessibilità» per ciò che riguarda i criteri del patto di stabilità e di crescita, la presidente von der Leyen si annuncia come un’interlocutrice attenta alle preoccupazioni italiane. Non solo si oppone a qualsiasi forma di Ital-Exit, ma riconosce che «le differenze tra Sud e Nord dell’Europa, così come quelle tra Est e Ovest, vanno ricomposte evitando un’eccessiva emotività nel dibattito, che possa far sentire esclusi o respinti alcuni degli Stati membri».  Anche sul caso che ha contrapposto il vicepremier italiano Matteo Salvini a Carola Rackete si è mostrata attenta a pesare le parole: «In tutto il mondo il dovere è salvare le persone dall’angoscia di trovarsi in alto mare, ma questo non significa che tutti debbano venire in Europa».

Pur riconoscendo che su alcuni dossier non è ancora in grado di offrire soluzioni e proposte – prima su tutte la questione catalana, che «intende approfondire in tutti i suoi dettagli» – von der Leyen ha assicurato che ascolterà molto e cercherà un approccio comprensivo nella soluzione dei problemi. Vale anche per Brexit: «L’accordo non è morto, se ci sono buone ragioni che il governo britannico vuole offrire all’Ue per un’estensione dei suoi termini, sono pronta ad ascoltarle». Le maggiori cautele le ha espresse a proposito della Russia di Vladimir Putin: «La Russia è nostra vicina e resterà la nostra vicina – ha detto - ma l’esperienza degli ultimi anni ci dice che il Cremlino non perdona alcuna debolezza, quindi l’Europa deve essere disponibile al dialogo da una posizione di forza». Trasparenza e contrasto alle fake-news: «Questa è la forza dei paesi liberi con la stampa libera».

La versione integrale dell’intervista concessa dalla Presidente Ursula von der Leyen alla Stampa e ad altri quotidiani europei (The Guardian, Le Monde, Sueddeutsche Zeitung e La Vanguardia) sarà disponibile nell’edizione di domani, 20 luglio."

https://www.lastampa.it/esteri/2019/07/18/news/von-der-leyen-l-europa-dialoghi-con-la-russia-ma-da-una-posizione-di-forza-1.37105568

martedì 16 luglio 2019

Chi è Ursula von der Leyen (ISPIOnLine)

"(...)"Il mio obiettivo sono gli Stati Uniti d’Europa” ha dichiarato Von der Leyen in un’intervista del 2011, citando come esempi Stati federali come la Svizzera, gli Stati Uniti o la Germania. “Immagino l’Europa dei miei figli e nipoti come un’unione che non sia debole e in preda agli interessi nazionali”. Coerente con tale visione di una UE forte e integrata, Von der Leyen nel suo discorso di candidatura al Parlamento europeo ha proposto varie riforme ambiziose: ha proposto un “Green Deal” per l’Unione europea, ha rinnovato l’appello a concludere l’integrazione del mercato dei capitali e ha promesso di lavorare per l’introduzione di un salario minimo e un programma europeo di lotta alla disoccupazione; inoltre, la candidata si è detta a favore di una riforma del regolamento di Dublino e più in generale della governance europea nel campo dell’immigrazione, così come di un nuovo meccanismo per la salvaguardia dello stato di diritto nell’UE e della costruzione di una capacità militare congiunta tra gli Stati membri."

https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/chi-e-ursula-von-der-leyen-23507

domenica 14 luglio 2019

Sovranisti fra Trump e Putin

Segnalo un articolo di Alberto Negri. Al di là del ragionamento complessivo (su alcuni punti sarebbe da approfondire) mi pare sia importante notare la sottolineatura che Trump e Putin in qualche modo possono "simpatizzare" fra loro.

Forse è su questa possibile linea di sintonia (che mi pare sia presente nell'amministrazione americana come ipotesi di lavoro in versione anti-cinese, quasi a "rovescio" della tattica kissingeriana usata contro l'URSS a suo tempo) che i sovranisti si illudono di poter giocare su più tavoli tranquillamente.

Non capendo che in realtà senza una politica estera definita e un solido ancoraggio alle alleanze, si diventa vittime delle spinte e controspinte dei due (o più) attori principali.
Rendendo in realtà l'Italia più insicura, al di là della retorica "prima noi".

FMM

L'articolo di Negri è leggibile sul post del profilo Facebook del giornalista:

Morrete come gli altri uomini

E comunque I Grandi Capi - dittatori o meno che siano - non sono mai immortali. Non lo è Putin, non lo è Xi Jinping, per dire i primi che mi vengono in mente. D'altronde non lo è nessuno di noi, potente o meno.
Non lo sono umanamente, e tanto meno politicamente. I piedi d'argilla sono di tutte le statue del potere, oggi ancor più di un tempo forse.
Per questo alcune analisi mi sembrano fragili. La storia dei "personaggi" è friabile, bisogna ascoltare l'acqua che scorre sotto terra, voce quasi silenziosa. Ma in realtà tante cose ci vengono già dette. Già oggi.

"(...) 5 Essi non conoscono né comprendono nulla;

camminano nelle tenebre;
tutte le fondamenta della terra sono smosse.
6 Io ho detto: "Voi siete dèi,
siete figli dell'Altissimo".
7 Eppure morrete come gli altri uomini
e cadrete come ogni altro potente».
8 Sorgi, o Dio, giudica la terra,
poiché tutte le nazioni ti appartengono"

(Salmo 82, o 81 a seconda della numerazione)

FMM

[nota pubblicata anche sul profilo personale FB; la versione del salmo è tratta dalla Nuova Riveduta http://www.laparola.net/testo.php?riferimento=salmo+82 ]

Se il sovranismo ci lascia indifesi (ilGiornale, A.Sallusti)

Non seguo molto Sallusti e ilGiornale, e quel poco che ho letto di suo - se ben ricordo - non mi è mai piaciuto. Finora. Mi sembra un interessante "segno dei tempi" che oggi mi trovi a condividere un suo articolo; perché il pericolo che corriamo in questo periodo è qui ben detto, in modo chiaro e sintetico. E non è una questione di corruzione (tutta da dimostrare, ed è questione che va lasciata alla magistratura e alle indagini), ma di una più evidente debolezza politica, a cui di fatto il cosddetto "sovranismo" rischia di condannarci. 

Indipendentemente da cosa si pensi di altre questioni politiche e dai diversi posizionamenti partitico-ideali, questa debolezza deve preoccuparci. 

Tutti.

FMM

"(...) Penso che stiamo sperimentando - ma è solo l'inizio - quanto sia pericoloso e stupido il sovranismo, per di più all'amatriciana come non può che essere quello italiano. Un Paese che non appartiene a nessuna alleanza, che non ha amici e avversari chiari, è destinato inevitabilmente a essere in balia degli interessi di tutti. Un gioco sporco e senza scrupoli, fatto di ricatti, misteri e intrighi che alla lunga non potranno che logorarci e tenerci costantemente in una sorta di limbo a tutto vantaggio dei vicini di casa. Con Putin ma anche con il suo rivale Trump; con Trump ma anche con la sua acerrima nemica Cina, alla quale abbiamo aperto la Via della seta; contro l'Europa ma anche con l'Europa quando si tratta di spartire le poltrone. (...)"

giovedì 4 luglio 2019

Haftar ha fallito? L'Italia può sfruttare la situazione?

"(...) L’offensiva di aprile di Haftar è insomma fallita?

Dire di sì, come dimostra il fatto che in questo momento Haftar sta persino perdendo la fiducia del suo stesso esercito. Bisogna ricordare che le sue forze, che all’inizio erano quelle meglio organizzate, sono composte prevalentemente da mercenari, i quali ora stanno defezionando in gran numero. Il generale ha perso anche il sostegno della popolazione: non dimentichiamo che in tutta la Libia, a Est come ad Ovest, la gente vuole la pace. Non può quindi che avversare chi sta mettendo in crisi una situazione già molto complessa. Haftar, infine, sta perdendo anche il sostegno internazionale, specialmente se verrà confermata la sua responsabilità nell’attacco di stanotte. A rimanergli fedele, probabilmente, resterà solo l’Egitto.

Anche la Casa Bianca, che dopo la partenza dell’offensiva fece una significativa apertura di credito ad Haftar, pare si sia molto raffreddata nei suoi confronti. Una conferma dell’isolamento del generale?

Tutti, almeno a parole, stanno marginalizzando Haftar. Ma siccome questo è accaduto tante altre volte, ciò non ci garantisce che i vari attori internazionali, pur condannando Haftar, vorranno davvero sostenere il governo di Tripoli in un possibile processo di stabilizzazione post-conflitto. Per quanto riguarda gli americani, c’è da dire che Trump non ha mai avuto le idee molto chiare sulla Libia. In questo momento, nonostante l’endorsement del presidente, il governo Usa è di fatto più vicino a Sarraj.  Credo dunque che sia possibile, in prospettiva, un appoggio americano alla linea italiana di sostegno a Sarraj.

Linea che aveva però visto il nostro Paese in difficoltà, tanto che il nostro premier Conte ad aprile dichiarò che l’Italia non stava né con Sarraj né con Haftar.

In tutto questo bailamme, l’Italia è stata fermamente dalla parte di Sarraj, pur avendo dialogato con gli attori regionali che sostengono Haftar. Credo dunque che la nostra posizione potrà essere premiata in sede di trattative. Perché noi abbiamo avuto il coraggio di tenere aperta, nonostante tutto, la nostra ambasciata a Tripoli. Questo credo sia il nostro vantaggio competitivo."

https://www.startmag.it/mondo/haftar-sta-perdendo-la-testa-in-libia-ed-e-isolato-lanalisi-di-mercuri/

domenica 23 giugno 2019

"Andrà tutto bene"? (Le elezioni a Istanbul)

"A Istanbul l’opposizione vola: è iniziata la lunga notte che porterà alla proclamazione del nuovo sindaco della megalopoli sul Bosforo dopo che le elezioni dello scorso 31 marzo sono state annullate per presunte irregolarità. Particolarmente alta l’affluenza alle urne, che ha superato l’80%.
Secondo le prime proiezioni diffuse dall’agenzia di stato, Anadolu Haber Ajansi, con il 95% delle urne aperte, il candidato dell’opposizione, Ekrem Imamoglu è in testa con il 53,6% dei voti rispetto al 45,4% di Binali Yildirim, ex primo ministro e uomo di fiducia del Presidente della Repubblica, Recep Tayyip Erdogan. L’ex premier ha ammesso la sconfitta ancora prima che uscissero i risultati. Poco dopo il nuovo sindaco ha esultato: «Oggi ha vinto la democrazia. Hanno vinto i 16 milioni di abitanti di Istanbul» (...)"


"Imamoglu, 49enne candidato del Partito repubblicano del popolo (CHP), fino a pochi mesi fa era un politico semisconosciuto:  era infatti sindaco di Beylikduzu, una circoscrizione di Istanbul abitata da classi medio-borghesi. Originario di Trabzon, città sulla costa turca del Mar Nero, caratterizzato da componenti nazionaliste e religiose, Imamoglu, fin dall'inizio della sua campagna ha tracciato un profilo di uomo moderato, deciso a dialogare con tutti i settori della composita società turca. l risultato delle amministrative del 31 marzo scorso, che aveva consegnato la poltrona di primo cittadino a Imamoglu, era  stato annullato lo scorso 6 maggio dal Consiglio elettorale superiore (Ysk) per presunte irregolarità. Yildirim, candidato dell'Akp, il partito di governo, e del nazionalista Mhp, alleato di Erdogan, era stato sconfitto da Imamoglu, che aveva ottenuto il 48,80% dei voti a fronte del 48,55% raccolto dal suo oppositore. Imamoglu aveva ricevuto il suo mandato di sindaco lo scorso 17 aprile, ma l'incarico era durato appena due settimane perché l'Akp aveva presentato ricorso al Consiglio, chiedendo di annullare il risultato. Il Consiglio ha quindi ritirato il mandato di Imamoglu, stabilendo che i residenti di Istanbul sarebbero tornati a votare per eleggere - una seconda volta - il sindaco della metropoli. Imamoglu: "Si apra una nuova pagina" "E' il momento di aprire una nuova pagina". Sono queste le prime parole di Ekrem Imamoglu, rieletto con il 54% dei voti sindaco di Istanbul. Un'affermazione senza discussioni, dopo la risicata, contestata e poi annullata elezione dello scorso 31 marzo. "E' finito il tempo delle divisioni, di questo risultato voglio che siano tutti felici", ha dichiarato un esausto Imamoglu, dopo aver snocciolato una lista chilometrica di ringraziamenti, in primis ai volontari che hanno prestato servizio ai seggi, controllando le operazioni di scrutinio."Questa non è la mia vittoria, ma la vittoria della democrazia. Voi siete stati protagonisti di un momento di una delle pagine più belle della storia di questo Paese", ha detto Imamoglu, che ha prevalso con 4.698.782 voti sullo sfidante Binali Yildirim, che di voti 777.581 in meno. "Sarò il sindaco di 16 milioni di persone, nessuno sarà escluso, è finito il tempo di pregiudizi, divisioni, conflitti, voglio una città in cui tutti, nelle loro diversità, si abbraccino", ha aggiunto Imamoglu.Il neo sindaco repubblicano, riporta al Chp il governo della più grande città della Turchia dopo 25 anni, quando a sottrarla ai repubblicani fu l'attuale presidente, Recep Tayyip Erdogan, cui Imamoglu lancia anche messaggio."Chiedo al presidente di lavorare insieme a noi. Questo e' il nostro desiderio. C'e' tanto da fare e siamo stanchi delle faide politiche". Appena prima del neo sindaco aveva parlato Binali Yilieim, che si e' limitato a riconoscere la sconfitta."Ekrem Imamoglu e' nettamente avanti, gli auguro di lavorare con successo per il bene della citta'. Noi siamo sempre pronti a collaborare", ha dichiarato Yildirim. (...)"


"(...) Imamoglu, politico semisconosciuto fino a qualche mese prima, è stato capace di strappare la metropoli turca ai conservatori-islamisti che la amministrano da 25 anni. Una sorpresa per molti, incluso lo stesso Akp. Quarantanove anni, laureato in Economia, il candidato del Partito repubblicano del popolo (Chp) era infatti noto solo come sindaco di Beylikduzu, una circoscrizione di Istanbul abitata da classi medio-borghesi. Originario di Trabzon, città sulla costa turca del Mar Nero, caratterizzata da componenti nazionaliste e fondamentaliste, Imamoglu, fin dall`inizio della sua candidatura a sindaco di Istanbul, si è presentato come moderato, deciso a dialogare con tutti i settori della composita società turca, anche con le minoranze religiose non musulmane.

In tanti già lo indicano come futuro candidato al governo della Turchia in funzione anti-Erdogan. Il presidente turco aveva iniziato la sua ascesa politica proprio come sindaco di Istanbul, nel lontano 1994. Il motto del candidato Chp "Andrà tutto bene", è diventato virale sui social media (hashtag #HerSeyCokGuzelOlacak)."

venerdì 21 giugno 2019

Trump non vuole la guerra?

*Iran, Trump diposto a parlare con Rohani o Khamenei Intervista alla Nbc: nessuna precondizione al dialogo Roma, 21 giu. (askanews) - Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump si è detto pronto a parlare con l'omologo iraniano Hassan Rohani o con la Guida suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, senza alcuna precondizione. In un'intervista concessa alla rete televisiva statunitense Nbc Trump ha inoltre ribadito di aver revocato l'ordine per delle incursioni aeree mirate in territorio iraniano come rappresaglia per l'abbattimento di un drone, a causa delle possibili perdite umane. Mgi 20190621T201802Z

Dal profilo Fb di Germano Dottori

https://www.facebook.com/100009991966741/posts/911018339241223/

Iran: Trump chiama erede saudita

*Iran: Trump chiama erede saudita, vostro ruolo cruciale per stabilita'*  9010E1314  (POL) Iran: Trump chiama erede saudita, vostro ruolo cruciale per stabilita'
(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) - New York, 21 giu - Il 
presidente americano, Donald Trump, oggi ha parlato con il 
principe erede al trono saudita Mohammad bin Salman Al Saud. 
Lo ha annunciato la Casa Bianca, sostenendo che "i due leader 
hanno discusso del ruolo cruciale dell'Arabia Saudita nel 
garantire la stabilita' nel Medio Oriente e nel mercato 
petrolifero globale (in quanto leader di fatto dell'Opec, 
ndr). Hanno anche discusso della minaccia posta dal 
comportamento sempre piu' grave del regime iraniano". La nota 
partita dal civico 1600 di Pennsylvania Avenue a Washington 
e' giunta all'indomani dell'abbattimento di un drone 
americano da parte dell'Iran vicino allo stretto di Hormuz, 
nel Golfo Persico. Oggi Trump ha detto di aver bloccato, 10 
minuti che avvenisse, il lancio di missili che avrebbero 
colpito tre target iraniani, sostenendo che sarebbero morte 
150 persone, bilancio "sproporzionata" rispetto 
all'abbattimento di un drone senza pilota. L'Arabia Saudita 
e' storico rivale dell'Iran negli equilibri geopolitici della 
regione.
    A24-Spa 
(RADIOCOR) 21-06-19 19:17:42 (0533) 5 NNNN

Tratto da profilo Fb di Germano Dottori
https://www.facebook.com/100009991966741/posts/911000472576343/

Il non-attacco di Trump

"(...) Non è chiaro ancora a cosa sia legato effettivamente il dietrofront: se il presidente ha cambiato decisione ascoltando tutte le reticenze che dimostra da settimane (o meglio, da sempre rispetto agli impegni militari, che considera un costoso impegno economico), oppure la scelta è stata legata a necessità logistiche, tattiche o strategiche. Ancora non è comunque esclusa una risposta militare. Secondo quanto riportano i media americani, che hanno seguito gli sviluppi delle riunioni alla Casa Bianca tramite i corrispondenti (e sono gli unici realmente informati dei fatti), durante una riunione serrata iniziata alle nove di sera è andata avanti per più di un’ora e mezzo, s’è creata una spaccatura tra gli apparati statunitensi. Da una parte il segretario di Stato, Mike Pompeo, il consigliere per la Sicurezza nazionale, John Bolton, e la direttrice della Cia, Gina Haspel, che consigliavano l’attacco per punizione e deterrenza nei confronti di Teheran, che da settimane reagisce aggressivamente all’altrettanto politica aggressiva della “massima pressione” scelta da Washington contro la Repubblica islamica: e un conto sono operazioni asimmetriche plausibilmente negabili come i sabotaggi alle petroliere, un conto è l’abbattimento di un velivolo senza pilota della marina statunitense; questo va punito severamente, dicono i falchi.

FALCHI E COLOMBE

Dalla parte di chi non voleva colpire c’era Trump e i vertici del Pentagono (che è senza un segretario di fatto ed è in fase di transizione tra due facenti funzione): i militari temono un’escalation incontrollabile se dovessero essere colpiti obiettivi in Iran. Il presidente è a un anno dalle elezioni di riconferma e sa che ai suoi elettori e ai suoi finanziatori sarebbe complicato giustificare come America First un attacco contro l’Iran. In mezzo, per così dire, il Congresso: a quanto sembra i leader di Democratici e Repubblicani avrebbero chiesto al presidente di partecipare alle decisioni, ossia di approvare in aula eventuali operazioni militari contro Teheran che comunque dovevano essere “misurate” (secondo una dichiarazione fatta dai congressisti repubblicani). (...)"

https://formiche.net/2019/06/trump-iran-attacco-drone/

"L'Iran ha fatto un errore molto grosso!"

"Oggi le Guardie della rivoluzione islamica dell’Iran hanno annunciato l’abbattimento di un drone americano avvenuto alle quattro del mattino nello Stretto di Hormuz – poco lontano dalla zona dove quattro petroliere erano state attaccate giovedì scorso – e poche ore dopo il Pentagono ha confermato. L’attacco potrebbe avere conseguenze molto serie perché martedì il generale americano Paul Selva aveva avvertito con parole specifiche che l’America non sarebbe intervenuta da sola per proteggere le navi in transito nello Stretto – quindi l’attacco alle petroliere straniere non è considerato un motivo sufficiente per un intervento militare – ma “se gli iraniani prendono di mira cittadini americani, proprietà americane o le Forze armate americane, allora ci riserviamo il diritto di rispondere con un’azione militare”. Il presidente americano, Donald Trump, oggi ha scritto su Twitter: “L’Iran ha fatto un errore molto grosso!”. Potrebbe ordinare un bombardamento di rappresaglia su obiettivi militari dell’Iran, in particolare sulla costa che affaccia sullo Stretto. (...)

Gli iraniani dicono che il drone aveva violato il loro spazio aereo, gli americani dicono che invece si trovava in acque internazionali. È un punto cruciale della vicenda perché potrebbe portare a un’azione di rappresaglia, ma le due versioni sono contrastanti. Gli esperti dicono che fare entrare il Global Hawk nello spazio aereo dell’Iran non avrebbe senso: è un drone che resta in altissima quota per raccogliere informazioni, quindi non è costretto ad avvicinarsi a quello che deve vedere, ed è un bersaglio lento e goffo, quindi incapace di sfuggire alla reazione eventuale dei nemici. La sua protezione era rimanere al di fuori dello spazio aereo dell’Iran. Un singolo esemplare di Global Hawk costa 123 milioni di dollari – più dei costosissimi caccia F-35 che costano circa 89 milioni di dollari – e fin da subito è partita la caccia ai rottami, che contengono tecnologia all’avanguardia e sono molto desiderati dagli iraniani, dai russi e dai cinesi.

È possibile che il drone americano stesse volando sopra quella zona del Golfo per sorvegliare eventuali manovre attorno alle petroliere, dopo gli attacchi avvenuti il 12 maggio e il 13 giugno. Proprio il 13 giugno i Guardiani della rivoluzione islamica a bordo di una barca veloce avevano tentato di abbattere con un missile portatile un drone americano – un più modesto Reaper da quindici milioni di dollari – che li stava seguendo poco prima degli attacchi alle petroliere, ma non ci sono riusciti. Il 6 giugno le milizie houthi che combattono in Yemen con l’appoggio dell’Iran sono riuscite ad abbattere un altro drone Reaper con un missile terra aria e la notizia è stata confermata da entrambe le parti. Il capo dei Guardiani della rivoluzione islamica, Hossein Salami, ha detto che l’abbattimento di oggi è un messaggio: “Non vogliamo una guerra, ma siamo pronti, e questo è quello che succede a chi vìola i nostri confini”."

Pubblicato sul Foglio di venerdì 21 giugno: https://www.ilfoglio.it/esteri/2019/06/20/news/liran-abbatte-il-drone-gioiello-degli-americani-nello-stretto-di-hormuz-261520/?paywall_canRead=true

Riprodotto su Fb al link https://www.facebook.com/172477746626388/posts/490314891509337/

domenica 16 giugno 2019

Libia: Conferenza nazionale?

"«Una grande conferenza nazionale aperta a tutti coloro che si riconoscono in maniera inequivocabile nello stato di diritto». È questo l’annuncio che il presidente libico Fayez al-Sarraj, è atteso fare tra poche ore nel corso di una conferenza stampa internazionale che si terrà a Tripoli. E’ quanto riferiscono fonti informate a La Stampa, secondo cui Sarraj punta a rafforzare il ruolo del Governo di accordo nazionale. L’iniziativa, tuttavia, parte su iniziativa individuale del presidente e non dell’esecutivo libico appoggiato dalla comunità internazionale. Un tentativo da parte del presidente di rilanciare la sua immagine appannata da due mesi e mezzi di conflitto, iniziato il 4 aprile con la marcia su Tripoli delle forze fedeli a Khalifa Haftar.


La situazione militare in Libia è di fatto stazionaria sebbene riveli un vantaggio delle forze del governo. Il Gna è ottimista nel dire che costringerà il generale alla resa, questa però non è l’opinione degli osservatori secondo cui alla fine potrebbero essere così ma ci vorrà ancora del tempo, settimane se non mesi. Ecco allora il tentativo del numero uno del Consiglio presidenziale di rilanciare il dialogo politico all’interno della Libia laddove si era interrotto all’inizio di aprile a pochi giorni dalla Conferenza nazionale che si sarebbe dovuta tenere a Ghadames. Rimane l’interrogativo di Haftar: «in teoria l’iniziativa è aperta allo stesso generale se accettasse in maniera inequivocabile i principi dello stato di diritto e la soluzione pacifica delle controversie, questo vuol dire che dovrebbe accettare il ritiro incondizionato».(...)"

https://www.lastampa.it/2019/06/16/esteri/libia-sarraj-convoca-una-conferenza-nazionale-per-uscire-dalle-sabbie-mobili-della-guerra-hCzeKopD80KwMX0URQ5YKL/pagina.html

sabato 15 giugno 2019

Le strategie parallele intorno al Golfo dell'Oman

"(...)  “Primo, stanno succedendo certi eventi in maniera continua, succedono a poca distanza di tempo gli uni dagli altri, e sono tutte situazioni di conflitto asimmetrico. C’è questo elemento di ambiguità strategica, che è effettivamente tipico delle Guardie rivoluzionarie (le forze armate teocratiche iraniane note anche come IRGC, ndr) che va sotto il nome tecnico di Plausible deniability, che però non possiamo considerarlo appannaggio esclusivo delle IRGC”, spiega l’analista della Gulf State Analytics (che si occupa di fare consulenza strategica per grandi aziende che vogliono muoversi nel Golfo) e Phd Candidate all’Università di Exeter.

E poi? “La seconda cosa che possiamo dire con certezza è che chi sta compiendo questi atti va identificato tra coloro che a tutti i costi vogliono un’escalation della situazione. E di questo genere di posizioni ce ne sono da entrambe le parti del Golfo. Dobbiamo considerare che questo genere di operazioni potrebbe essere anche condotto in modo parallelo all’autorità centrale, perché parliamo di paesi, come l’Iran stesso, dove vivono diversi attori che hanno agende quasi indipendenti, gli hardliner per esempio sono in netto contrasto con i riformisti. Una struttura interna dicotomica che ritroviamo anche in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi”, che sono i due Paesi nemici della Repubblica islamica iraniana nel Golfo Persico.

“Sia ad Abu Dhabi che a Riad – continua Bianco – ci sono diversi elementi che vedrebbero crescere la propria influenza in caso di scontro, ma tanti altri che vorrebbero utilizzare il clima di pressione/tensione soltanto per costringere gli iraniani a sedersi a un tavolo negoziale da una posizione di debolezza. Cosa che Teheran non vuole assolutamente, come è chiaro”.

Un altro aspetto che l’analista italiana sottolinea riguarda una previsione fatta da diversi esperti di Iran: “In tanti prevedevano che si sarebbe rafforzata la parte dei falchi dopo il ritiro americano dal Jcpoa (l’accordo sul nucleare stretto nel 2015, ndr) e che sarebbe stato possibile che coloro che pensavano che la diplomazia non fosse la strada giusta per Teheran avrebbero spinto verso lo scontro”. E sembra quello che sta succedendo. Ma a Riad e ad Abu Dhabi qual è l’interpretazione della situazione? “Dall’altra parte del Golfo sia emiratini che sauditi pensano che in Iran il punto di vista predominante sia che l’escalation non conviene, perché provocare gli Stati Uniti, una grande potenza globale, non viene vista come un’opzione possibile per Teheran, e per questo credono che prima o poi gli iraniani si siederanno di nuovo, indeboliti, al tavolo dei negoziati”.(...)"

https://formiche.net/2019/06/golfo-iran-arabia-saudita-azioni-asimmetriche/

venerdì 14 giugno 2019

Attacco al largo dell'Oman: cosa succede nel Golfo? (ISPIOnLine)

"(...) Il ruolo del Giappone
Nelle ore in cui è avvenuto l’attacco era in corso la visita di Stato a Teheran del premier giapponese Shinzo Abe, la prima da parte di un primo ministro del Giappone dalla rivoluzione iraniana del 1979. Non si trattava però della prima volta di Abe a Teheran: suo padre Shintaro Abe compì una missione analoga nel 1983 nelle vesti di ministro degli Esteri, cercando di mediare tra Iran e Iraq nella guerra che per otto anni ha opposto i due paesi, e il giovane Shinzo, allora segretario del padre, viaggiò al suo seguito.

Il Giappone, del resto, è uno dei paesi che più importa(va) petrolio da Teheran, tanto da essere stato tra gli otto paesi che lo scorso anno avevano ricevuto le esenzioni per poter continuare ad acquistare greggio iraniano. Da questo maggio, però, per volontà dell’amministrazione Trump, anche Tokyo ha dovuto cessare le importazioni da Teheran e aumentare così i rifornimenti da altri paesi della regione, in particolar modo da Arabia Saudita e Emirati. Se Abe è intervenuto a mediare è proprio perché il Giappone ha un interesse fondamentale nella sicurezza e nella stabilità della regione mediorientale, e perché gode di buoni rapporti tanto con Washington (Abe è uno dei leader che più ha saputo dialogare con Trump) quanto con Teheran. Significativo poi che questo tentativo di mediazione sia portato avanti da una potenza occidentale, alleata degli USA, ma che non ha preso parte al negoziato sul nucleare iraniano che ha portato alla firma del JCPOA. L’Unione Europea, del resto, ha visto fallire tutti i tentativi fatti finora a questo scopo, e sembra concentrata oltre che sull’imminente passaggio di consegne presso il Servizio di azione esterna, sul tentativo di rendere operativo INSTEX, lo strumento per il commercio con Teheran, che però potrebbe non essere sufficiente a stabilizzare una situazione che nell’ultimo mese è precipitata. La missione di Abe di queste ore sembra dunque essere stata quella di mediare un accordo di “congelamento” della situazione. Trump dovrebbe quindi permettere all’Iran di riprendere in parte le proprie esportazioni di petrolio, e in cambio l’Iran non riprenderebbe le proprie attività nucleari, come ha invece minacciato di fare a partire da luglio. Solamente una volta contenuta l’emergenza si potrà cercare una mediazione più ampia su altri aspetti del contenzioso tra Washington e Teheran.

Quali scenari?
Se non è possibile stabilire con certezza le responsabilità dell’accaduto, altrettanto difficile è tratteggiare degli scenari certi. Molto dipenderà da come la crisi evolverà nelle prossime ore, ovvero se le parti in causa cercheranno di abbassare la tensione, oppure se al contrario si alzeranno i toni e si formalizzeranno accuse ufficiali. Analizzando il precedente dell’attacco dello scorso mese, a un repentino innalzamento della tensione hanno fatto seguito dichiarazioni  di apertura – sia da parte dell’Iran che da parte degli Stati Uniti – che hanno scongiurato il rischio di un’escalation, ma che non hanno risolto la situazione. Il livello di tensione attuale nella regione è infatti talmente elevato da rendere estremamente difficile la de-escalation, quantomeno perché qualsiasi strategia trovata dovrà permettere a entrambi i paesi di “salvare la faccia”: se è chiaro che nessuno dei due vuole un conflitto, e che entrambi hanno l’interesse a dialogare, è vero anche che per entrambi è difficile tornare sui propri passi. Trump dovrebbe ammettere che la sua strategia della “massima pressione” non solo non ha funzionato, ma ha prodotto conseguenze che hanno ulteriormente destabilizzato la regione, rivelandosi negative per gli stessi Stati Uniti. Dal canto suo, l’Iran dovrebbe giustificare che ha bisogno di riprendere il negoziato nonostante gli USA non abbiano tolto le sanzioni. La possibile via di uscita dall’impasse rimane però quella della diplomazia. Non è un caso che il Giappone abbia dichiarato che la situazione verrà discussa nel corso del G20 di Osaka, il 28 e 29 giugno prossimo, quando Paesi molto diversi tra loro – ma uniti dalla volontà di preservare la sicurezza e la stabilità di una delle aree più strategiche del globo – potranno discutere con gli USA e cercare una possibile mediazione. Qualunque sarà il risultato di questa mediazione, però, è difficile immaginare che Washington possa uscire dall’impasse, se non tornando sui propri passi sul tema delle sanzioni, in particolare quelle sul petrolio. Questo però equivarrebbe a ridefinire l’attuale strategia statunitense verso il Medio Oriente: una decisione difficile, ma sono sempre più numerosi i segnali che questa possa presto rivelarsi necessaria."

https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/attacco-al-largo-delloman-cosa-succede-nel-golfo-23312

Nove risposte sull'incidente nel Golfo dell'Oman (il Post)

"(...) 5. Perché è pericoloso quello che è successo?
L’attacco di giovedì non è il primo di questo tipo nel Golfo dell’Oman. Il 12 maggio scorso c’era stato un attacco simile contro quattro petroliere al largo degli Emirati Arabi Uniti, anche questo secondo gli Stati Uniti compiuto dall’Iran, storico rivale regionale degli Emirati e dell’Arabia Saudita. Un mese prima il governo iraniano aveva detto che se gli Stati Uniti avessero bloccato tutte le esportazioni iraniane, l’Iran avrebbe interrotto il flusso di petrolio nello stretto di Hormuz: aveva minacciato insomma di fare quello proprio quello che è successo giovedì, ha detto il segretario di Stato americano Mike Pompeo.

Il rischio ora è che si alzi ulteriormente la tensione, che potrebbe avere diverse conseguenze: un aumento significativo del prezzo del petrolio a livello mondiale, per esempio, o l’inizio di un conflitto tra potenze nemiche evitato di un soffio per mesi.

6. Chi è contro chi?
Semplificando un po’, gli schieramenti sono due: da una parte ci sono gli Stati Uniti e la maggior parte delle monarchie del Golfo Persico ricche di petrolio, soprattutto Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti; dall’altra c’è l’Iran appoggiato da alcuni alleati, tra cui i ribelli houthi dello Yemen e in parte il Qatar, che si trova in una posizione un po’ complicata. Lo scontro principale – e che va avanti da decenni, con momenti migliori e altri peggiori – è quello tra Iran e Arabia Saudita, che però non si è ancora combattuto direttamente e ha ramificazioni in molti altri paesi: per esempio in Yemen, dove i ribelli houthi appoggiati dagli iraniani combattono contro il governo dell’ex presidente yemenita appoggiato dai sauditi; o in Qatar, dove da due anni sauditi e alleati impongono un embargo quasi totale per punire il regime qatariota del suo semi appoggio a Teheran.

La rivalità Arabia Saudita-Iran è pericolosa anche perché si estende molto al di fuori dei rispettivi confini nazionali: se le tensioni diventano guerra in un posto, nessuno sa dire con certezza cosa accadrà negli altri posti.(...)"

https://www.ilpost.it/2019/06/14/faq-attacco-petroliere-golfo-oman-iran/

mercoledì 12 giugno 2019

Salario minimo europeo? La proposta di Merkel

"Nel corso di una conferenza dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) a Ginevra, Angela Merkel ha invitato l’Unione Europea a studiare un modo per garantire che tutti i paesi abbiano un salario minimo “comparabile”, sostenendo che dovrebbero esistere condizioni di lavoro uguali in tutto il blocco. Secondo Merkel, mentre la Germania e altri membri dell’UE hanno già un salario minimo nazionale, è necessario esaminare “come possiamo avere retribuzioni minime comparabili”, prendendo in considerazione lo standard di vita in luoghi diversi. La Cancelliera, il cui governo ha approvato misure volte a colmare il divario retributivo di genere, si è anche lamentata del fatto che molte aziende mancano ancora di alte dirigenti femminili. “Persino nei paesi industrializzati, l’uguaglianza tra donne e uomini nell’economia lascia molto a desiderare”, ha affermato.

Non è la prima volta che la Cancelliera si pone in prima linea sui temi dell’equità del salario. In particolare, nel 2014, Angela Merkel riuscì, per la prima volta, a imporre un salario minimo comune a tutte le categorie per i lavoratori tedeschi che, fino a quel momento, ne erano stati sprovvisti. A quell’epoca, Angela Merkel andò contro il volere del suo stesso partito, i conservatori della CDU, e in accordo con i Socialisti di SPD avviò un dialogo con le parti sociali per fare sì che finisse il regime retributivo in vigore fino a quel momento. Pose fine al sistema per cui ogni categoria aveva un suo contratto e una sua retribuzione (simile a quello in vigore in Italia), e ne fece partire un altro con una retribuzione minima per tutti di  8,50 euro l’ora (oggi è salito a 9,19 euro e dal 2020 sarà di 9,35 l’ora).(...)"

https://larep.it/2R96ay5

lunedì 10 giugno 2019

Hong Kong contro la legge sull'estradizione (ilPost)

Gli oppositori della legge, tra cui molte organizzazioni per la difesa dei diritti umani, temono che le nuove regole sull’estradizione espongano ancora di più Hong Kong al problematico e illiberale sistema giudiziario cinese, e ridurranno la sua indipendenza. In particolare temono che la legge possa legittimare i rapimenti in città da parte delle autorità cinesi (ci sono stati vari casi negli anni), oppure rendere il governo di Hong Kong più vulnerabile alle richieste di quello di Pechino, anche se dovute a motivi politici. Inoltre un maggior potere della Cina sul sistema giudiziario di Hong Kong potrebbe spingere molte persone a non manifestare le proprie critiche al governo.

https://www.ilpost.it/2019/06/10/proteste-hong-kong-estradizione/

BCE: Draghi oltre Draghi (ilSole24Ore)

"(...) C’è dunque molto Draghi, e molto a lungo, nel dopo-Draghi. La transizione tra il vecchio e il nuovo presidente si preannuncia morbida, per non aumentare le incertezze già tante e «prolungate». Il condizionale resta però d’obbligo: i mercati sanno bene che molto, tutto, dipenderà dalla voglia del nuovo presidente di aprirla, quella cassetta degli attrezzi molto fornita, e del suo gradimento verso questo o quello strumento. (...)"

https://mobile.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2019-06-09/bce-draghi-oltre-draghi-cosa-restera-di-questi-8-anni-a-francoforte/AC5QC6O#Echobox=1560113697

domenica 9 giugno 2019

Riprendere in mano il dossier libico

"(...) Di Libia occorre tornare ad occuparsene, a rendere l’argomento nuovamente tra le priorità dell’agenda italiana. “Sono tanti i motivi per farlo – sottolinea Michela Mercuri – Il momento attuale impone un’iniziativa da parte nostra in grado di poter dare un impulso decisivo alla risoluzione della vicenda. In primo luogo c’è un’impasse da parte di tutti i principali attori internazionali, a partire dall’inviato Onu Ghassan Salamé, che nei mesi scorsi punta tutto sulla conferenza nazionale poi saltata per via della guerra”.

“L’Italia dovrebbe riprendere i contatti con le varie diplomazie – prosegue poi la docente – dalla Russia con cui abbiamo un buon rapporto e che sostiene Haftar, fino agli stessi Stati Uniti i quali formalmente appoggiano il governo di Al Sarraj ma dialogano con Haftar e sono partner dei sostenitori del generale. Noi, mancando un’azione comune di Nazioni Unite ed Europa, potremmo tornare ad essere promotori di un’iniziativa internazionale anche con il coinvolgimento francese. O si fa così oppure continuiamo ad aspettare alla finestra, ma questo non possiamo permettercelo”.

E poi c’è anche la questione, anche questa finita nel dimenticatoio, del consolato di Bengasi: “Lo chiedono gli stessi cittadini della Cirenaica – prosegue Michela Mercuri – Dovremmo aprire una sede diplomatica anche nell’est del paese, il consolato doveva essere operativo già ad aprile ma poi è saltato tutto ed ora non si sa molto sulle iniziative future. L’Italia è già presente nell’ovest della Libia, con una sede diretta dal bravo ambasciatore Giuseppe Buccino Grimaldi ed è l’unica occidentale a Tripoli. Adesso dobbiamo fare la stessa iniziativa anche a Bengasi, è fondamentale per il nostro ruolo in Libia”.(...)"

https://it.insideover.com/politica/litalia-riprenda-in-mano-il-dossier-libico-il-nostro-paese-rischia-grosso.html

domenica 2 giugno 2019

Festa della Repubblica: il discorso di Mattarella

Buona festa della Repubblica, di seguito un estratto del discorso di ieri del Presidente Mattarella.

"(...) Abbiamo appena celebrato in ventotto Paesi d’Europa un grande esercizio di democrazia: la elezione dei deputati al Parlamento Europeo, a conferma delle radici solide di una esperienza che stiamo, gradualmente, costruendo da ormai sessantadue anni. In realtà sessantotto dal momento dell’avvio del primo organismo comunitario, la Comunità del carbone e dell’acciaio.

L’Italia è stata guidata, in questo percorso, dalle indicazioni della sua Costituzione; dalla consapevolezza di una sempre più accentuata interdipendenza tra i popoli; dalla amara lezione dei sanguinosi conflitti del ventesimo secolo. Soltanto la via della collaborazione e del dialogo permette di superare i contrasti e di promuovere il mutuo interesse nella comunità internazionale.

La Repubblica italiana, con l'assunzione di responsabilità nel contesto globale, ha contribuito, per la sua parte, alla definizione di modelli multilaterali e di equilibri diretti a garantire universalmente pace, sviluppo, promozione dei diritti umani.

Anche per questo non possiamo sottovalutare le tensioni che si sono manifestate, e si manifestano, provocando conflitti e mettendo pesantemente a rischio la pace in tanti luoghi del mondo.

Va ricordato che – in ogni ambito - libertà e democrazia non sono compatibili con chi alimenta i conflitti, con chi punta a creare opposizioni dissennate fra le identità, con chi fomenta scontri, con la continua ricerca di un nemico da individuare, con chi limita il pluralismo.

I valori delle civiltà e delle culture di ogni popolo contrastano in modo radicale con quella deriva e fanno, invece, appello a salde fondamenta di umanità, per confidare nel progresso. (...)"

https://www.quirinale.it/elementi/30111

lunedì 27 maggio 2019

Considerazioni sul voto europeo

Poche considerazioni volanti:

1.Europa più confusa e meno coerente, visti alcuni risultati (Italia e Francia).
1a. Possibile riapertura di distanze interne all'Europa stessa, con tensione che può portare a integrazione a più velocità (ma senza Francia sarebbe possibile?)
1b. Europa che - attenzione: forse con ok Washington in funzione anticinese - dialoga più apertamente con Russia? Più Eurasia e in senso non necessariamente alternativo al legame atlantico?

2. In Italia voto che non sorprende. Sul lato PD, non illudersi che il modello milanese funzioni sul resto del territorio nazionale; anzi, rischio che PD sia già percepito come partito da supermetropoli, che funziona solo "qui"
2a. Non è detto che il consenso in un momento così e su queste elezioni si riproduca a livello locale o comunque in altri livelli.

3. Le ragioni dell'europeismo non sono ben rappresentate se manca un riferimento all'economia sociale di mercato: con tutti i limiti di una formula vaga, Europa è e deve essere luogo liberale e sociale, non solo libero mercato e antitrust
3a. Europa non alternativa a nazioni, federalismo spinto non funziona con la nostra storia. Mix difficile da pensare, ma da produrre sul campo, con inevitabili  contraddizioni.

Francesco Maria Mariotti

(pubblicato stamani su Fb https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10219792887714030&id=1274444055)

domenica 26 maggio 2019

L’intelligence deve monitorare il disagio sociale

Interessante, anche per relativizzare (senza cancellare) i timori sulle fake news

"(...) Monitorare il disagio sociale secondo me è fondamentale per l’intelligence e le forze di polizia, perché da questione di ordine pubblico potrebbe presto sfociare in problema di sicurezza nazionale. L’anno scorso un quinto dei nostri connazionali si è indebitato per acquistare le medicine, la stabilità economica viene conseguita in media a 44 anni, pletore di laureati si spostano in altri Paesi definitivamente, centinaia di migliaia di giovani non studiano e non lavorano, la distanza tra Nord e Sud si allarga, la presenza della criminalità nell’economia è alta, sopratutto in alcuni settori come l’edilizia e i lavori pubblici. A questo si aggiunga che il reddito di tante famiglie è integrato dalle pensioni dei nonni. E sullo sfondo, non tanto lontano, l’intelligenza artificiale ridurrà un numero imprecisato di posti di lavoro – sopratutto nella prima fase di transizione – e il potere di acquisto per i cittadini delle società occidentali sarà destinato a diminuire. Pertanto, nella mia opinione, il disagio sociale è inevitabilmente destinato ad aumentare, per cui sarebbe necessario adottare soluzioni strutturali e non a breve termine. Partire da questa consapevolezza significa porre le reali premesse per valorizzare le straordinarie risorse di un grande paese industriale che è anche la prima potenza culturale del pianeta.(...)"

https://formiche.net/2019/05/disagio-sociale-fake-news-elezioni-europee-sfida-politica-intelligence-caligiuri/

venerdì 24 maggio 2019

Manca poco alla conquista di Tripoli da parte di Haftar?

Manca poco alla conquista di Tripoli da parte di Haftar? O sono colpi di "creazione stato di fatto ante-accordi"? Comunque un'eventuale "pace" sarebbe fragilissima. Prepararci al peggio, sperando che l'Europa che viene in qualche modo sia più protagonista (ma dobbiamo esserlo noi, innanzitutto)

FMM

Haftar a Parigi
https://specialelibia.it/2019/05/23/haftar-a-parigi-e-lingresso-delllna-a-tripoli-potrebbe-essere-questione-di-ore/

Il bombardamento di poche ore fa
http://www.ansa.it/amp/sito/notizie/mondo/2019/05/24/libia-raid-aereo-di-haftar-su-parlamento-dellest-_ddcc3598-ea55-4519-9768-d4942a30dddb.html

mercoledì 22 maggio 2019

Haftar a Macron: “In Libia non ci sono le condizioni per un cessate il fuoco”

«Al momento non sussistono le condizioni per un cessate il fuoco in Libia». Lo ha detto il generale libico Khalifa Haftar al presidente francese Emmanuel Macron durante l’incontro avvenuto a Parigi mentre è ancora in corso l’offensiva delle sue truppe sulla capitale Tripoli. Quando la questione del cessate il fuoco è stata messa sul tavolo, pare che il generale libico abbia detto: «Con chi devo negoziare il cessate il fuoco, oggi?» riferendosi al fatto che il governo di concordia nazionale guidato da Serraj sarebbe «completamente fagocitato dalle milizie e che non debba negoziare con i rappresentanti di queste milizie». I fucili non smetteranno di sparare, ma per il generale «è necessaria una ripresa del dialogo politico per uscire dalla crisi». (...)"

https://www.lastampa.it/2019/05/22/esteri/haftar-a-macron-in-libia-non-ci-sono-le-condizioni-per-un-cessate-il-fuoco-eXhT9yKiFh0jdzdJJsmvtN/amphtml/pagina.amp.html

domenica 19 maggio 2019

Haftar a Roma rilancia le opzioni italiane nella crisi libica (AnalisiDifesa)

"(...) “La situazione è complessa, confidiamo nella via politica come unica soluzione” ha detto Conte ai cronisti senza sbilanciarsi su quanto espresso da Haftar. Anche se il generale non ha offerto spazio all’ipotesi di tregua (esclusa il 13 maggio dal ministro degli Esteri di Tobruk, Abdulhadi Ibrahim Iahweej) la sua visita a Roma  conferma che il successo militare non è attualmente un’opzione credibile. Benché il suo Esercito Nazionale Libico abbia aperto un nuovo fronte vicino a Sirte con l’obiettivo di deviare da Tripoli alcune brigate di Misurata oggi schierate a difesa della capitale, è evidente che il blitz contro Tripoli scatenato a inizio aprile è fallito e la guerra di logoramento in atto ora non sembra risolvibile sul piano militare.Sembrano essersene accorti anche gli sponsor principali di Haftar. La Russia, fin da subito scettica circa le possibilità di successo dell’attacco a Tripoli, sostiene con Roma la necessità di cercare soluzioni politiche mentre anche Egitto e soprattutto Emirati Arabi Uniti sembrano voler assumere un profilo più defilato. Proprio gli emirati, con le forniture di armi e munizioni e probabilmente anche con il sospetto impiego dei loro droni di costruzione cinese schierati in Cirenaica e impiegati per colpire di notte a Tripoli le postazioni delle milizie fedeli ad al-Sarraj, hanno offerto un contributo determinante all’attacco alla capitale. Il generale ha dimostrato di tenere inconsiderazione il ruolo dell’Italia, confermatasi partner indispensabile per tutti i protagonisti della crisi libica al punto che secondo alcune fonti Conte avrebbe fatto notare al suo interlocutore che il sostegno di molti Paesi stranieri potrebbe non essere eterno. Non a caso lo stesso giorno in cui Conte ha visto Haftar l’ambasciatore italiano in Libia, Giuseppe Buccino ha incontrato a Tripoli il ministro dell’Interno del GNA, Fathi Bashaga. Buccino, a cui, ha espresso l’appoggio dell’Italia al governo di Accordo nazionale. Il 14 maggio il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, ha dichiarato che il presidente Emmanuel Macron vuole incontrare il maresciallo Khalifa Haftar per premere verso un cessate-il-fuoco e riprendere i colloqui di pace in Libia. (...)"