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lunedì 27 maggio 2019

Considerazioni sul voto europeo

Poche considerazioni volanti:

1.Europa più confusa e meno coerente, visti alcuni risultati (Italia e Francia).
1a. Possibile riapertura di distanze interne all'Europa stessa, con tensione che può portare a integrazione a più velocità (ma senza Francia sarebbe possibile?)
1b. Europa che - attenzione: forse con ok Washington in funzione anticinese - dialoga più apertamente con Russia? Più Eurasia e in senso non necessariamente alternativo al legame atlantico?

2. In Italia voto che non sorprende. Sul lato PD, non illudersi che il modello milanese funzioni sul resto del territorio nazionale; anzi, rischio che PD sia già percepito come partito da supermetropoli, che funziona solo "qui"
2a. Non è detto che il consenso in un momento così e su queste elezioni si riproduca a livello locale o comunque in altri livelli.

3. Le ragioni dell'europeismo non sono ben rappresentate se manca un riferimento all'economia sociale di mercato: con tutti i limiti di una formula vaga, Europa è e deve essere luogo liberale e sociale, non solo libero mercato e antitrust
3a. Europa non alternativa a nazioni, federalismo spinto non funziona con la nostra storia. Mix difficile da pensare, ma da produrre sul campo, con inevitabili  contraddizioni.

Francesco Maria Mariotti

(pubblicato stamani su Fb https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10219792887714030&id=1274444055)

venerdì 30 maggio 2014

Dopo Il Voto, In Europa


Dal 22 al 25 maggio i 28 stati membri dell’UE, compresa l’Italia, hanno votato per il rinnovo del Parlamento europeo, l’unica istituzione europea a essere eletta direttamente dai cittadini.
Dopo il voto sono iniziate anche le trattative per decidere diverse nomine, a partire da quella del presidente della Commissione, e le trattative per la formazione dei nuovi equilibri (cioè dei gruppi politici) all’interno del Parlamento. Ma chi andrà dove e a fare cosa?

Prima cosa importante da sapere: le principali istituzioni dell’UE sono il Parlamento, il Consiglio europeo, il Consiglio, la Commissione europea, la Corte di giustizia dell’UE, la Banca centrale europea e la Corte dei conti. Ci sono poi vari organismi e comitati.
 
Si è detto che la Germania ha esercitato un dominio non una leadership e che la sua politica si è ri-nazionalizzata. Vero, ma non perché l’attuale classe dirigente voglia andarsene per la propria strada, ma perché è convinta che il suo modello di successo possa essere esportato e replicato. I risultati elettorali non sono tali da modificare questa linea politica, ma certo indurranno a cambiar tattica. Lo si vedrà subito, con i primi incontri a Bruxelles, e ancor meglio la settimana prossima, il 5 giugno, quando la Banca centrale europea è chiamata ad adottare la nuova politica monetaria per fermare la deflazione e rilanciare la crescita. A quel punto, Kaiser Draghi prenderà di nuovo in mano le redini delleconomia. La Bundesbank continuerà ad avere il mal di pancia, ma dovrà prendersi un imodium.
Il risultato clamoroso di Renzi mette l’Italia sugli scudi e rende importante il semestre di presidenza (normalmente mera routine), tanto più in questa Europa senza assi preferenziali. Berlino, rimasta orfana di Parigi, ascolterà Roma? La risposta più gettonata è sì a condizione che il governo italiano si presenti al tavolo con le riforme ben avviate (mercato del lavoro, amministrazione pubblica, giustizia civile, sistema elettorale, tutte le slide illustrate anche agli uomini della Merkel). È vero, ma non basta. L’Italia dovrà essere in grado di avanzare proposte concrete per sbloccare il doppio impasse nel quale si dibatte l’Unione e che ha favorito le convulsioni anti-europeiste: la moneta senza sovrano e la tecnocrazia senza politica.
 
Per la Francia invece è in questione quella sintesi fra vocazione europea e fierezza nazionale che ha dettato il suo ruolo nel processo di unificazione e nell’intero contesto internazionale. Quello che era l'asse Parigi- Bonn, poi Berlino-Parigi, è ora ulteriormente sbilanciato, come già sottolineava Affarinternazionali. Vi subentra una stella, di cui la capitale tedesca occupa il centro e quella francese è certo una delle punte, ma non la sola. La gestione della stella è la sfida che si pone oggi alla Cancelliera tedesca e ai suoi partner socialdemocratici. Una storia lunga e spesso tragica è prodiga di ammaestramenti. Un primo è che la Germania è stata sempre più capace di costruire (e ricostruire) potenza nazionale che di formare coalizioni internazionali forti e solidali. Il rischio inerente alla centralità è l’isolamento. Un secondo, più recente ammaestramento è che la sovranità non è condizione necessaria alla potenza. Qui il rischio che discende dalla centralità è la tentazione del recupero sovranista, di cui abbiamo già avuto alcune avvisaglie. L’espansione dell’economia e un minimo di politica estera comune sono i prossimi banchi di prova. -

venerdì 9 maggio 2014

"Voto Schulz" o "Voto Junker": Dichiarazioni Imprecise Perché...

"(...) Secondo un sondaggio diffuso dalla Reuters oltre il 60 per cento dei cittadini europei non è al corrente di cosa sta succedendo esattamente in vista delle elezioni europee, ed in particolare non ha ben idea di cosa sia questa sfida fra il socialista Schulz e il popolare Juncker per la presidenza della Commissione europea.
In senso assoluto, non è affatto una buona cosa. A ben vedere, però, ha almeno un vantaggio. Ed è che una metà abbondante dei cittadini non sarà delusa nel caso probabile in cui i due candidati ufficiali non arrivino a destinazione.
Possibile? Certo. Anzi, a Bruxelles non si trova un’anima disposta a scommettere sul fatto che il Martin il Tedesco o Jean-Claude il Lussemburghese prenderanno il posto di Barroso.
Ci sono molti motivi. Ma uno è potenzialmente dirimente. E conclusivo.
Posto che i conservatori inglesi non vogliono Juncker (non fanno parte del Ppe dunque, dicono, i britannici non lo hanno votato) e i laburisti non accettano Schulz (gli hanno impedito di far campagna sull’isola), è possibile ritenere che i leader Ue decidano a maggioranza qualificata (come i Trattati consentono loro) il nome del nuovo presidente della Commissione sfidando Londra e mettendola in un angolo nella simbolica Ypres e nel centenario della prima guerra mondiale? (...)"

giovedì 21 novembre 2013

Bilancio Europeo: Luci e Ombre

L'Aula di Strasburgo ha dato il via libera al maxi bilancio europeo che finanzierà le politiche dell'Unione per i prossimi sette anni.
Un accordo segnato da luci e ombre che, ancora una volta, riflettono la crisi e l'incertezza di questi anni.
L'ombra più lunga sono i numeri assoluti: le risorse messe in gioco per finanziare l'ambizioso programma Europa2020, per un`Europa della crescita intelligente sostenibile e inclusiva, si fermano a 959 miliardi di euro, contro i 1045 che chiedevano Commissione e Parlamento.
Il problema non è solo la riduzione: è soprattutto il fatto che, per la prima volta, i finanziamenti complessivi per la coesione, l`agricoltura, la ricerca, sono ridotte anziché aumentate. 
La ragione è semplice: gli Stati membri hanno bilanci in sofferenza e stentano a finanziare il bilancio europeo che, a oggi, dipende ancora integralmente da quelli dei singoli Paesi membri.
Gli aspetti positivi del maxi bilancio pero, sono molti.
Prima di tutto saranno subito disponibili quasi due miliardi e mezzo di euro per sostenere l`occupazione, dei giovani e la ricerca e per rafforzare il nuovo programma Erasmus per tutti.
Risorse importantissime in questo momento, soprattutto per i Paesi più in difficoltà.
Altri aspetti positivi riguardano i meccanismi di spesa dei finanziamenti: se le risorse non aumentano, sarà comunque decisamente ridotto il rischio di "perderle".
Le somme non utilizzate, infatti, costituiranno una sorta di "salvadanaio" che potrà essere usato negli anni futuri.
Suona, infine, un campanello di allarme per i Paesi, come il nostro, sotto sforzo per rimanere nei parametri europei: si chiama "condizionalità macroeconomica".
In pratica, i finanziamenti europei sono collegati alla corretta gestione economica di un Paese e, in caso di mancato rispetto degli impegni, possono essere sospesi.
E' chiaro che questa regola mira a rafforzare una buona gestione dei conti ma, nei fatti, rischia di penalizzare uno Stato membro già in difficoltà, svuotando di significato il senso della politica di coesione.
Tagliare i finanziamenti ai Paesi che sono in crisi, produce solo una crisi peggiore.
Purtroppo nonostante la posizione contraria di una parte consistente del Parlamento questo principio apre un capitolo di incertezza su una parte importante del bilancio europeo per molti Paesi.


Non è ancora stato possibile dotare l'Unione di risorse proprie, gli eurobond (e qualsiasi delle diverse ipotesi e opzioni di messa in comune dei debiti sovrani) sono duramente osteggiati, di tassa sulle transazioni finanziarie come risorsa propria dell´Unione non si parla più e le risorse ordinarie sono state robustamente ridotte. Le conseguenze sono immediate: ci sono meno fondi per le politiche di coesione proprio quando le rotture sociali tra i territori e nei territori aumentano per effetto dell´indebolimento del welfare; cala la dotazione del fondo sociale in concomitanza con l´aumento della disoccupazione; anche uno strumento come la "garanzia giovani" (che non crea certo nuovi posti di lavoro ma protegge come fanno in genere gli ammortizzatori sociali le fasce giovanili più deboli) ha a disposizione una quantità modestissima di finanziamenti e per questo diviene un simboli sostanzialmente inefficace.
La schizofrenia insita nel definire l´obiettivo ambizioso e non creare poi le condizioni per realizzarlo cade pesantemente sulle condizioni materiali della vita delle persone che finiscono per non credere più agli impegni che la politica e le Istituzioni prendono con loro. Le perplessità nascono dallo scarto crescente tra il dire e il fare, non è determinato da ostilità ideologiche verso l'Europa o da strumentali calcoli politici; per questo scetticismo si consolida è più difficile da rimuovere. Ne deriva un contributo forte alla contrarietà dei cittadini alle Istituzioni europee. Il tema riguarda tutti, progressisti e conservatori, e viene prima delle proposte di merito relative alla politica economica e sociale.
Contrastare questa deriva negativa e pericolosa è possibile, ma richiede una scelta netta di metodo e di coerenza politica. È indispensabile usare sempre il linguaggio della verità e non accreditare mai ipotesi che si sa non realizzabili. Ciò vuol dire non solo rifuggire dalla demagogia, cosa che si dovrebbe sempre fare, ma avere il coraggio di affrontare i temi più difficili anche mettendo in conto di avere difficoltà nel costruire consenso tra i propri rappresentanti.

mercoledì 1 agosto 2012

Una governance ma tante Europe (ilSole24Ore)

Allo stesso tempo, l'Italia dovrebbe accompagnare tale integrazione fiscale e bancaria con un progetto originale e realistico di governo politico dell'Europa dell'euro. Un progetto che tenga presente i cambiamenti radicali intervenuti negli ultimi tre anni nella struttura decisionale dell'Unione, quali l'indiscutibile preminenza decisionale acquisita dal Consiglio Europeo e l'efficace ruolo di controllore di quest'ultimo esercitato dal Parlamento Europeo. di Sergio Fabbrini - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/GQ3UB

mercoledì 15 febbraio 2012

Riconciliare gli Europei con l'Europa (Monti - Goulard)

(...) Sono le disfunzioni delle democrazie nazionali a contribuire ampiamente ai disordini attuali: in virtù del trattato di Maastricht, i governi dell`eurozona continuano ad assumersi il carico delle politiche economiche _e sociali e devono sorvegliarsi a vicenda. Abbiamo visto il risultato. Violando le promesse di rigore di bilancio o rinviando le riforme indispensabili, parecchi responsabili nazionali non solo hanno ingannato ì propri partner, ma hanno anche leso i propri popoli, in particolare i giovani e le generazioni future. 


La tirannia del breve termine, l`eccesso di indebitamento, pubblico o privato, il clientelismo hanno portato a un disastro che le popolazioni pagano caro. Nessuno può più sostenere che la democrazia nazionale funzioni in modo soddisfacente e che invece «l`Europa» non funzioni.


AI tempo stesso, la crisi ha accentuato il bisogno di legittimazione delle decisioni europee. La disoccupazione crea enormi danni, la precarietà e le ineguaglianze aumentano.


Troppi europei hanno la sensazione di trovarsi in un tunnel. Sono pronti a fare sforzi, se questi sono equamente ripartiti. Vogliono soprattutto capire chi decide e vogliono avere un peso sulle scelte per ritrovare dignità e speranza.


Siamo convinti che, per uscire durevolmente dalla crisi, dobbiamo ripensare la democrazia a tutti i livelli, europeo e nazionale, senza contrapporli. E giunto il momento di abbandonare le dispute istituzionali e le recriminazioni incrociate che nuocciono al bene comune. Un disarmo generale si impone al fine di riconciliare gli europei con l`Europa.(...)

Anche su certe carenze dell`azione europea, che minacciano di diventare veri e propri «buchi neri», non c`è un dibattito sufficiente: sulla necessità, per esempio, di riattivare la crescita senza nuocere alla disciplina, o ancora sulle possibilità di preservare l`equità fiscale quando, nel mercato unico, il capitale è mobile e il lavoro lo è molto meno.

La mancanza di una discussione aperta accredita anche l`impressione di un «diktat» degli Stati più potenti: Ciò è pericoloso.- Una delle virtù della costruzione europea, dal 1950, e la ragione profonda del suo successo nel preservare la pace, è quella di unire su base volontaria, nel mutuo rispetto. La stabilità non può essere imposta con la forza.(...)

L`esigenza di democrazia, di partecipazione, di trasparenza è irresistibile. A termine, riforme di grande ampiezza saranno necessarie per fortificare la dimensione parlamentare dell`Unione Europea. Come a livello nazionale, la posta in gioco è delicata, poiché consiste nell`inventare una democrazia più esigente, che eviti la demagogia e la veduta corta. Il processo sarà lento, ma un contributo può già darlo un dialogo intenso e fiducioso fra istituzioni, al di là delle frontiere.

Il testo integrale apparso sul Corriere della Seraanche in pdf