venerdì 30 maggio 2014

Dopo Il Voto, In Europa


Dal 22 al 25 maggio i 28 stati membri dell’UE, compresa l’Italia, hanno votato per il rinnovo del Parlamento europeo, l’unica istituzione europea a essere eletta direttamente dai cittadini.
Dopo il voto sono iniziate anche le trattative per decidere diverse nomine, a partire da quella del presidente della Commissione, e le trattative per la formazione dei nuovi equilibri (cioè dei gruppi politici) all’interno del Parlamento. Ma chi andrà dove e a fare cosa?

Prima cosa importante da sapere: le principali istituzioni dell’UE sono il Parlamento, il Consiglio europeo, il Consiglio, la Commissione europea, la Corte di giustizia dell’UE, la Banca centrale europea e la Corte dei conti. Ci sono poi vari organismi e comitati.
 
Si è detto che la Germania ha esercitato un dominio non una leadership e che la sua politica si è ri-nazionalizzata. Vero, ma non perché l’attuale classe dirigente voglia andarsene per la propria strada, ma perché è convinta che il suo modello di successo possa essere esportato e replicato. I risultati elettorali non sono tali da modificare questa linea politica, ma certo indurranno a cambiar tattica. Lo si vedrà subito, con i primi incontri a Bruxelles, e ancor meglio la settimana prossima, il 5 giugno, quando la Banca centrale europea è chiamata ad adottare la nuova politica monetaria per fermare la deflazione e rilanciare la crescita. A quel punto, Kaiser Draghi prenderà di nuovo in mano le redini delleconomia. La Bundesbank continuerà ad avere il mal di pancia, ma dovrà prendersi un imodium.
Il risultato clamoroso di Renzi mette l’Italia sugli scudi e rende importante il semestre di presidenza (normalmente mera routine), tanto più in questa Europa senza assi preferenziali. Berlino, rimasta orfana di Parigi, ascolterà Roma? La risposta più gettonata è sì a condizione che il governo italiano si presenti al tavolo con le riforme ben avviate (mercato del lavoro, amministrazione pubblica, giustizia civile, sistema elettorale, tutte le slide illustrate anche agli uomini della Merkel). È vero, ma non basta. L’Italia dovrà essere in grado di avanzare proposte concrete per sbloccare il doppio impasse nel quale si dibatte l’Unione e che ha favorito le convulsioni anti-europeiste: la moneta senza sovrano e la tecnocrazia senza politica.
 
Per la Francia invece è in questione quella sintesi fra vocazione europea e fierezza nazionale che ha dettato il suo ruolo nel processo di unificazione e nell’intero contesto internazionale. Quello che era l'asse Parigi- Bonn, poi Berlino-Parigi, è ora ulteriormente sbilanciato, come già sottolineava Affarinternazionali. Vi subentra una stella, di cui la capitale tedesca occupa il centro e quella francese è certo una delle punte, ma non la sola. La gestione della stella è la sfida che si pone oggi alla Cancelliera tedesca e ai suoi partner socialdemocratici. Una storia lunga e spesso tragica è prodiga di ammaestramenti. Un primo è che la Germania è stata sempre più capace di costruire (e ricostruire) potenza nazionale che di formare coalizioni internazionali forti e solidali. Il rischio inerente alla centralità è l’isolamento. Un secondo, più recente ammaestramento è che la sovranità non è condizione necessaria alla potenza. Qui il rischio che discende dalla centralità è la tentazione del recupero sovranista, di cui abbiamo già avuto alcune avvisaglie. L’espansione dell’economia e un minimo di politica estera comune sono i prossimi banchi di prova. -

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