venerdì 9 maggio 2014

Le mille leggende sul rigorismo europeo (Linkiesta)

"(...) ​1) Non è lo stock del debito in valore assoluto che deve necessariamente ridursi (cosa che imporrebbe la necessità di accumulare corposi avanzi di bilancio), bensì il rapporto debito/Pil, che è una frazione. Come probabilmente noto ai più, una frazione diminuisce anche se il numeratore (il debito) sta fermo, e il denominatore (il Pil) aumenta, o anche se il numeratore (sempre il debito) aumenta, ma il denominatore (sempre il Pil) aumenta in misura superiore. Il valore di riferimento del 60% è lo stesso che fu scelto a Maastricht nel 1992, nel momento della definizione dei criteri di convergenza macroeconomica per la costituzione dell’unione monetaria.

Va detto che tale valore fu scelto in quanto era, all’inizio degli anni Novanta, il valore medio del rapporto debito/Pil tra tutti gli Stati candidati all’ingresso nell’euro; oggi la media è circa il 90%, come conseguenza soprattutto degli shock macroeconomici - senza precedenti in tempo di pace - che in occasione della Grande Crisi hanno colpito sia il numeratore che il denominatore del rapporto tra debito e Pil. Va però anche detto che - proprio in virtù di tale percorso storico - la convergenza verso il 60% non è una novità, né un’invenzione del Fiscal Compact: è un obbligo presente da più di vent’anni, e che per più di vent’anni abbiamo in pratica bellamente ignorato: a differenza di quanto accaduto ad esempio in Belgio - che entrò nell’euro con un valore simile al nostro - il rapporto debito/Pil italiano non è mai sceso sotto il 100% ed è anzi in continua crescita da quasi quindici anni, ben prima quindi dell’inizio della crisi. (...)"

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