Probabilmente ho già utilizzato questa citazione, tanto mi piace la scena del film. Ne "Le Invasioni barbariche", fortunato film di qualche anno fa, uno dei figli del protagonista tenta di procurarsi della droga per aiutare il padre morente a sopportare il dolore; viene raggiunto in macchina dal poliziotto che aveva contattato per avere informazioni e hanno un interessante colloquio sul mondo che si dipana davanti a loro. Cito un paio di battute a memoria, sicuramente sbagliando qualche dettaglio, ma spero mantenendo il senso.
Dopo aver visto una persona in cerca di droga, Il figlio dice al poliziotto: "Ma non li arrestate", e il poliziotto: "Ma la sua è una mania"... segue descrizione da parte del poliziotto dei "passaggi" di ruolo fra le varie etnie nel traffico di droga. E a questo punto il figlio: "Ma scusi, lei cosa fa in tutto questo?" E il poliziotto: "Faccio il mio mestiere, il guardiano della pace".
In questo scambio sembra ben tratteggiato la tensione fra una visione - passatemi l'aggettivo - "ingenua" della funzione degli operatori della sicurezza, e una che può apparire disincantata, forse addirittura cinica.
Eppure, a ben vedere, la visione del poliziotto risponde - come deve - a una logica di sicurezza, che - e qui forse è il nodo da osservare con più attenzione - non è la logica della giustizia.
Nell'idea di giustizia vogliamo vedere il "dare a ognuno il suo", il premio per chi fa bene, la punizione contro chi fa il male. Per la giustizia abbiamo i tribunali, abbiamo i giudici, abbiamo le sentenze. Qualcosa che inevitabilmente "astrae" anche dal contesto (almeno in parte), perché deve assicurare il diritto, in un certo senso - almeno idealmente - al di là di qualsiasi altra considerazione.
Non è possibile tutto ciò, nella logica della sicurezza e in particolare della sicurezza vista con la lente dell'ordine pubblico.
La logica della sicurezza e dell'ordine pubblico inevitabilmente è logica "politica", deve gestire alcune dinamiche collettive e deve quindi sempre fare un bilanciamento di costi e benefici; e non deve - appunto - ottenere il "giusto", ma un più banale "utile immediato", la tutela della tranquillità sociale.
Appunto, come si diceva nel film, gli operatori della sicurezza devono essere "guardiani della pace". Devono quindi arrestare tutti i criminali? ma questa è una mania, potremmo dire con il poliziotto del film...
E dunque, per andare alle cose di cui si discute in questi giorni, ammesso e non concesso che ci sia stata una qualche "trattativa" (io personalmente non credo ci sia stata, almeno intesa in un senso di deliberato accordo volontario, quando invece molto probabilmente c'è stato un "tira e molla" molto più banale, "improvvisato", legato a una situazione di tensione...); bene, ammesso e non concesso che ci sia stata questa "trattativa", cosa altro si doveva fare in quel momento?
Sottolineo "in quel momento", proprio perché prima ho specificato che oggetto della sicurezza è un "utile immediato" (i poliziotti in questo senso, in questo contesto di ordine pubblico, non sono come agenti dei servizi segreti che magari possono decidere di sacrificare un bene immediato per un bene superiore, o agenti che indagano su qualche reato, e che possono decidere di rinviare un arresto - o scelte simili - per motivi inerenti l'indagine, magari per arrivare a obiettivi più importanti; tutte queste sono situazioni che prevedono un lasso temporale disteso, situazioni che permettono - e richiedono - un ragionamento di medio o addirittura lungo periodo).
In quello stadio c'erano famiglie con bambini: era possibile non tenere in considerazione le richieste della tifoseria più accanita? Forse; ma con quali conseguenze immediate? era gestibile un'evacuazione dello stadio senza creare tensioni e coinvolgere i cittadini in una possibile guerriglia?
Lasciamo stare considerazioni sulle politiche che si potevano o si potrebbero adottare, o confronti con altri paesi. Questi sono discorsi "dall'alto". Stiamo "sul campo" (letteralmente, quasi, in questo caso), stiamo nella situazione concreta di quel momento.
Oppure, se vogliamo fare un esperimento mentale per una situazione analoga, fate finta di essere a guida della polizia in una manifestazione in cui una parte del corteo comincia a rovesciare cassonetti e a danneggiare auto: è sempre consigliabile reagire? o non è inevitabile tener conto delle dinamiche del corteo, accettare qualche cassonetto rovesciato o bruciato, ma evitare scontri che possano coinvolgere più pesantemente anche altre persone nella "battaglia"?
Non so voi; io non ho una risposta secca e facile: se provate a darla, scommetto che non troverete la "risposta giusta", ma forse la "meno sbagliata possibile".
La sicurezza e l'ordine pubblico vivono di una perenne instabilità, di una totale "provvisorietà"; la scelta di un momento può essere sbagliata il momento successivo. Sorvegliare e garantire la pace non è un esercizio che possa accettare l'astrazione.
Prima di lasciarsi andare a retorica e vesti stracciate contro "la resa dello stato", perciò, pensiamo che molte famiglie sono tornate a casa incolumi, l'altra sera, nonostante l'aria grave che pesava sullo stadio. L'esito della serata poteva essere drammaticamente diverso.
E' andata bene, forse, così. O almeno: è andata molto meno male di come si stava profilando all'inizio. Questa è la sicurezza, inevitabilmente cosa ingiusta e amara. Ma buona.
Francesco Maria Mariotti
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