Sul "caso Aldrovandi" mi sembra molto utile un articolo della Stampa che riscostruisce tutti le fasi della vicenda; segnalo inoltre - "rubandole" dalla pagina FB dell'on.Fiano - alcune dichiarazioni - molto importanti - dei segretari del Siap e del Siulp.
Infine una riflessione più complessiva di Gianni Cuperlo.
Al di là del singolo caso, è necessario tenere sempre presente che la difesa dei diritti di tutti - e quindi anche delle persone "fermate" o "arrestate" - è parte sostanziale della dignità della polizia e delle forze dell'ordine tutte.
Ed è necessario che in questo paese - dove la domanda di sicurezza è giustamente molto alta - si mantenga una attenzione forte da un lato alle esigenze delle forze di polizia, che troppo spesso diventano una sorta di "parafulmine" delle tensioni sociali, dall'altro alle garanzie dei diritti di tutti, anche di chi trasgredisce le regole, o è sospettato in questo senso.
Può sembrare banale, ma l'equilibrio perennemente instabile delle democrazie liberali (occhio all'aggettivo!) sta nel tenere conto - insieme - di queste esigenze.
FMM
La causa della morte
È un tema molto dibattuto nel processo, poiché da esso dipende la responsabilità degli imputati, e ora viene nuovamente sollevato dal Sap. Nelle prime relazioni di servizio, i poliziotti attribuiscono la morte di Aldrovandi alla «assunzione di sostanze stupefacenti». Le sentenze hanno accolto la tesi del professor Gustavo Thiene, anatomopatologo di fama mondiale: morte dovuta ad asfissia da compressione toracica. Secondo i giudici, la pressione esercitata sul tronco di Aldrovandi dagli agenti determinò lo schiacciamento del cuore. I poliziotti obiettano: il consulente era stato nominato dalla famiglia Aldrovandi, dunque è di parte. E propongono una versione alternativa: morte dovuta a «excited delirium sindrome», sindrome da delirio eccitato. Ma secondo la Cassazione la consulenza del professor Thiene è attendibile e adeguatamente motivata (dalle foto risultano due ematomi sul ventricolo sinistro e le dichiarazioni degli operatori del 118 sono convergenti). Inoltre proviene da una riconosciuta autorità scientifica in materia di morti improvvise cardiache. Viceversa, la tesi dei medici nominati dai poliziotti secondo cui Aldrovandi morì da solo perché alterato (excited delirium), è stata smentita nel processo, sia con documenti sia con un confronto tra periti.
Che altro dovevamo fare?
Tutti gli imputati hanno lamentato che i giudici, censurando la loro condotta violenta, non ne hanno specificamente indicato una alternativa. Insomma: che altro avrebbero potuto fare gli agenti di fronte a un ragazzo violento e drogato? La Cassazione ribatte che la «condotta alternativa lecita che l’ordinamento si aspettava da funzionari della Polizia di Stato» è stata abbondantemente illustrata nelle sentenze (in tutto, un migliaio di pagine): dialogo, approccio contenitivo e di controllo (se del caso anche con l’uso di manganelli), prime cure sanitarie (la volante era dotata di defibrillatore e un agente aveva seguito un apposito corso di formazione). Invece i manganelli furono usati per colpire (tanto che due si ruppero); i numerosi colpi proseguirono nonostante le richieste di aiuto di Aldrovandi; la colluttazione non si fermò dopo aver reso il ragazzo «inoffensivo»; il 118 fu chiamato solo quando il ragazzo era morto; «il personale sanitario, una volta sopraggiunto, dovette insistere perché Aldrovandi, ormai esanime, ma ancora compresso a terra con il volto sul selciato, venisse liberato dalle manette e girato sul dorso».
Aldrovandi:Tiani, Siap, polizia non spaccata ma unita e democratica(ANSA) - ROMA, 1 MAG - In merito alle polemiche sulla "polizia spaccata a seguito degli inopportuni applausi ai poliziotti condannati per il caso Aldrovandi riteniamo che la manipolazione politica su un tema cosi' delicato non rende un buon servizio alle istituzioni". Lo afferma in una dichiarazione Giuseppe Tiani, segretario del Siap. "I sindacati su posizioni diverse non vuol dire una polizia spaccata: istituzione e diritto di rappresentanza sono due cose diverse. La polizia e' unita e democratica all'interno della quale le diverse sensibilita' sindacali su temi delicati per i cittadini possono dare l'idea di un corpo lacerato. Ma questo - ha concluso Tiani - e' un errore di valutazione che noi respingiamo con forza e lavoriamo ogni giorno affinche' l'istituzione sia sempre compatta e al servizio del paese" e per questo "abbiamo sempre condannato e preso le distanze dagli eccessi nell'uso della forza che la legge ci concede".
CASO ALDROVANDI: ROMANO (SIULP), RISPETTO VITA IRRINUNCIABILE ='CONDIVIDO PAROLE ALFANO E PANSA, NOI PROFESSIONISTI DELLA GARANZIA DELLA LEGALITA''
Roma, 30 apr. (Adnkronos) - "Condivido le dichiarazioni del ministro Alfano e del capo della polizia, per i poliziotti il rispetto e la sacralita' della vita sono un elemento irrinunciabile per lo svolgimento del nostro lavoro". Felice Romano, segretario generale del Siulp (Sindacato italiano unitario lavoratori polizia), commenta cosi' gli applausi durante l'assemblea del Sap agli agenti condannati per l'omicidio Aldrovandi.
"Per noi la vita e' sacra anche quando ci troviamo di fronte a criminali efferati e persino quelli che hanno procurato stragi nel nostro Paese - spiega all'Adnkronos - Noi non siamo giudici ma poliziotti, professionisti della garanzia della legalita'. E ogni volta che si perde una vita umana vuol dire che tutta la collettivita' ha perso, che abbiamo fallito sia nella missione di educazione alla legalita' sia nel sistema di prevenzione e repressione che ogni democrazia deve avere".
"Per chi ha scelto di essere uomo dello Stato - rimarca il sindacalista - come me e come tutti i poliziotti e' una cosa devastante quando si perde una vita umana perche' c'e' oltre al lutto e al dolore dei familiari che hanno perso quella vita c'e' anche la devastazione di chi deve rispondere, prima ancora che ai familiari della vittima e alla giustizia, alla propria coscienza, ai propri figli e alla propria famiglia". Ecco perche' io voglio tranquillizzare i cittadini e i familiari delle vittime che per noi la sacralita' e il rispetto della vita e' irrinunciabile - prosegue Felice Romano - Cosi' come sono convinto che nei cittadini e' radicato e diffuso il rispetto dei tanti onesti servitori dello Stato che hanno sacrificato la propria vita a garanzia della democrazia, a difesa delle istituzioni e dei diritti umani".
Per noi le sentenze non si discutono, per noi che siamo uomini dello Stato le sentenze si rispettano e basta, anche quando non ci piacciono e nonostante sappiano che non sempre la verita' giudiziaria e' la verita' assoluta alla quale tutti ci dobbiamo attenere. Questo e' il limite - conclude il segretario del Siulp - che distingue lo Stato e i suoi rappresentanti dall'anti Stato e i suoi accoliti".
Bentrovati.
Pensavo di scrivere qualche riga sulla bozza di riforma della pubblica amministrazione presentata ieri dal governo. Magari lo farò più avanti, ma non mi riesce questa mattina (augurando prima di ogni cosa un buon Primo Maggio a tutti voi) di tacere sull'applauso di Rimini.
Credo abbia ragione Luigi Manconi: una parte della Polizia italiana è malata. Poi lo so benissimo anch'io che i tagli alla sicurezza hanno creato fino dentro gli apparati dello Stato sacche di disagio e difficoltà che bisogna affrontare con politiche e risorse. Ma questo non toglie che l'episodio dell'altro ieri parla di un problema diverso e di un potenziale fallimento dello Stato.
Il Sap radunato a Rimini non rappresenta la maggioranza dei lavoratori della polizia. Esistono di fatto due campi sindacali. Da una parte il Siulp, il Siap, il Silp-Cgil e l'Associazione nazionale dei funzionari di Polizia. Come ricorda oggi Carlo Bonini, queste sigle sono le interpreti della tradizione sindacale che prese corpo con la riforma della Polizia nel 1981 e la scelta di smilitarizzare il corpo. Dall'altra parte ci sono il Sap, il Consap e il Coisp: la rappresentanza sindacale di una destra che ha trovato nella politica, a partire dalla tragedia di Genova, una solida sponda.
Dietro c'è la cronaca di questi mesi e di questi anni. La ferita mai rimarginata tra l'attuale ministro degli Interni e gli apparati del Viminale dopo la gestione della vicenda Shalabayeva. Tutto vero.
Altrettanto vero, però, è che quell'applauso non ha solo calpestato il rispetto e la memoria di un ragazzo di diciott'anni, ma ancora una volta è stato il riflesso di una concezione distorta dello Stato di diritto che disprezza le sentenze e ne calpesta la legittimità.
Pensare che un lavoro difficile, faticoso e prezioso per la comunità, un lavoro malpagato e pericoloso possa tradursi in un aggiramento delle leggi e dei principi stessi di assolvimento del compito sociale a cui poliziotti sono chiamati è un modo di ragionare incompatibile con la democrazia.
E d'altra parte proprio la smilitarizzazione della polizia e la possibilità di dare vita, anche in quel contesto, a sindacati di rappresentanza dei lavoratori è stato un modo per "riconciliare" (lo spiega bene Stefano Rodotà) le forze dell'ordine con i diritti della persona e le regole civili della convivenza.
Siamo davanti a una grande questione di principio, non allo sciagurato comportamento di un gruppo di estremisti. Conviene saperlo.
Buone cose e viva il Primo Maggio.
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