(...) Per i Paesi dell’area dell’euro, la Bce può effettuare interventi, temporanei ma massicci, diretti soprattutto ad attenuare il disordine arrecato dalla violenza della speculazione. Ad essa devono però subentrare presto meccanismi basati sulla solidarietà fiscale fra i Paesi dell’eurozona. Il coinvolgimento del Fmi, con un’ulteriore rete di protezione, nel caso le altre risultassero insufficienti, può essere prezioso. Volendo scoraggiare la speculazione più miope è bene assicurare la disponibilità di somme anche molto superiori a quanto è ragionevolmente necessario per aiutare un Paese che sta provvedendo a rimediare ai suoi guai. Anche perché l’eccesso di drammatizzazione è una caratteristica di certe fasi delle crisi finanziarie, soprattutto quando le misure di aggiustamento e riforma esitano ad arrivare e incontrano inizialmente ostacoli politico-sociali, prima che, insieme ai loro costi, vengano capiti bene i loro benefici.
Eccesso di drammatizzazione è anche il continuo parlare di fine dell’euro, senza saper bene di che cosa si parla e senza capire che non risolverebbe nulla e danneggerebbe tutti. E’ vero che l’euro è incompleto senza una maggiore integrazione politico-economica dell’area dove circola. Ma essere incompleto non significa essere dannoso: aver adottato l’euro significa aver rinunciato a pasticciare con le monete per affrontare problemi reali, di inefficienza, squilibrio e carenza di competitività. L’euro ha nascosto per qualche tempo questi problemi, ma ora li rende più evidenti proprio perché impedisce di curarli con la droga della moneta. E rendendoli più evidenti ci stimola a curarli con serietà. Infatti l’Europa, nel correggere i guai che hanno condotto alla crisi mondiale, è più impegnata degli Usa, dove l’uso della droga monetaria non trova limiti.
Nel caso italiano è importante non rassegnarci troppo alla drammatizzazione. (...)
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