lunedì 31 ottobre 2011

Le mosse di Draghi, le responsabilità dell'Italia


Con le notizie di questi giorni, si deve dire, innanzitutto, che per noi italiani è ora di cambiare governo. E' ora di un governo tecnico di unità nazionaleLo si è già detto da queste parti, lo si ripete: inutili nuove elezioni, soprattutto perché si rischia di perdere tempo, con l'aggravante di ritrovarci con Camere ancora immobili.

Sarà però anche l'ora di mosse straordinarie e poco ortodosse a livello europeo, come quelle che ha suggerito pochi giorni fa Martin Wolf a Mario Draghi nell'articolo che segnalo più sotto? Forse sì, ma allora i governi d'Europa dovrebbero cedere parte della loro sovranità fiscale in maniera tangibile, evidente, irrevocabile: come minimo, un Ministro delle Finanze europeo, come da tempo viene proposto

E una mossa come quella qui suggerita non può diventare la scusa per evitare di ridurre il nostro debito; e non può diventare LA regola del comportamento BCE, a meno che non si strutturi una politica europea complessiva, che non sia solo la guida di un Direttorio Franco-Tedesco, che rischia alla lunga di creare un rigetto nazionalista nella cittadinanza di altri paesi.


Francesco Maria 

Caro Mario, congratulazioni e condoglianze: la prossima settimana Lei assumerà uno degli incarichi più importanti delle Banche centrali nel mondo, ma dovrà anche accollarsi una responsabilità pesantissima. Solo la Bce ha il potere di spegnere l'incendio che divampa nella zona euro.(...) Qualsiasi sforzo da parte della Bce per trasformarsi in quel prestatore di ultima istanza di cui gli Stati membri hanno bisogno scatenerà un fuoco di fila di proteste. Diranno che la Banca centrale potrebbe rimetterci, che si rischia di aggravare l'azzardo morale e di scatenare l'inflazione.(...) L'espansione della base monetaria non determina automaticamente un'espansione dell'offerta complessiva di moneta, come lei sa bene. Anzi, nel corso della crisi che stiamo vivendo, base monetaria e offerta di moneta hanno seguito strade differenti in tutte le grandi economie. È questo che significa una crisi finanziaria. (...) Se l'Eurozona vuole avere qualche speranza di aggiustamento con crescita, le cose devono cambiare, e subito. L'Eurozona rischia un'ondata di crisi bancarie e dei conti pubblici. Il Fondo europeo per la stabilità finanziaria non è in grado di fare da argine, solo la Bce può farlo. È l'unica istituzione comune a tutta l'Eurozona, e in quanto tale ne ha il dovere. Ne ha anche il potere. Mi dispiace, Mario, ma Lei dovrà scegliere fra accontentare i falchi della moneta e salvare l'Eurozona. Scelga la seconda opzione, spieghi perché fa questa scelta e si ricordi: la fortuna aiuta gli audaci.
Suo Martin
  

venerdì 28 ottobre 2011

Donne In Guerra


(...) «Dobbiamo perquisire le donne sotto i burqa, entrare nelle case e nelle camere dove si trovano per cercare nascondigli di armi, e interrogarle per ottenere informazioni sui taleban». Poiché in Afghanistan il 71 per cento della popolazione è composto da donne e bambini, ciò significa che le due donne commando assegnate a ogni unità delle truppe speciali partecipano a pieno titolo ad azioni e perquisizioni, affrontandone i rischi conseguenti. Ashley White faceva parte del secondo gruppo di donne combattenti ed era stata assegnata a un «Support Team» di due donne aggregato a un’unità di 12 Rangers. Sabato notte era appena entrata in un villaggio nei pressi di Kandahar quando l’esplosione di un ordigno-trappola lasciato dai taleban l’ha uccisa, assieme a due compagni. (...) Maurizio Molinari racconta della prima donna soldato Usa morta in combattimento, in Afghanistan


Per quanto si possa declinare pienamente la parità uomo - donna, il limite della guerra risulta in qualche modo insuperabile, difficile da accettare in tutto e per tutto. Anche se forse è sbagliato, poiché è forte - e violenta - la donna come l'uomo, e non dobbiamo rimuovere questo aspetto, anche se può andare in conflitto con le nostre visioni. 


Eppure, diciamo così, fa effetto, scusate l'espressione semplice. 
Come può essere bello vedere la donna in divisa, tenere insieme forza, eleganza, anche sensualità, tanto può essere orribile pensarla distrutta da una bomba, violentata da un nemico, sfregiata nella sua femminilità. La differenza con l'uomo c'è, mi pare impossibile negarlo.


Nessuna nostalgia di separazioni, ma quasi un monito, un segnale, un po' imperscrutabile. 
O forse nettissimo: ormai non c'è più limite. Forse non c'è mai stato, e semplicemente oggi lo si vede in maniera dannatamente più chiara, e non possiamo più nasconderci nelle forme della separatezza per poter custodire la grazia femminile. 


Che c'è, però, ed è distinta, è cosa "altra" dallo stile maschile, ed è cosa "altra" forse anche dalla donna che la incarna. 
E' segno del divino, da sempre.


Onore al soldato Ashley White, morta combattendo.

giovedì 20 ottobre 2011

“CRESCITA, CAPITALE UMANO, ISTRUZIONE”, Un intervento di Ignazio Visco dal sito di Banca d'Italia


INTERVENTO DEL VICE DIRETTORE GENERALE DOTT. IGNAZIO VISCO A GENOVA ALLA CERIMONIA DI INAUGURAZIONE DELL’ANNO ACCADEMICO 2007/2008 DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI (16-02-2008)

Quando si considerano, però, non tanto le fluttuazioni cicliche intorno al potenziale di reddito che un'economia può generare ma piuttosto la crescita economica e i livelli di benessere ad essa associati, occorre guardare alle tendenze di fondo, in ultima analisi alla crescita della produttività del lavoro. E nel nostro Paese da troppo tempo essa è particolarmente bassa, il progresso tecnologico è modesto, e l'utilizzo nei processi di produzione dell'innovazione altrove prodotta è insufficiente. Poiché non vi sono ricette magiche che consentano di innalzare in poco tempo e in misura significativa il tasso di crescita potenziale della nostra economia, occorre procedere su molti fronti, con fatica, con pazienza, con perseveranza, rimuovendo inefficienze e vincoli dovuti a regolamentazioni obsolete, ad amministrazioni arretrate o alla difesa di interessi particolari. Soprattutto, occorre fare uno sforzo massiccio sul fronte dell'istruzione, nella scuola secondaria come nelle università. Occorre renderla moderna, adeguata al nostro tempo, con maggiore attenzione alle discipline scientifiche e tecniche, eppure non tralasciando la nostra grande tradizione culturale ma trasmettendola con originalità alle nuove generazioni. Ci vorrà tempo e impegno. Ma da qui si deve partire.
Testo integrale in pdf: 
http://www.bancaditalia.it/interventi/intaltri_mdir/visco_1602/visco_16_2_08.pdf

Lezioni dalla Crisi (da: AspenInstitute)

(...) C'è però anche un'altra lezione che la crisi ci ha insegnato, e che stiamo forse imparando. Una volta stabiliti in questo modo i principi, i parametri e le regole dell'azione comune (in questo caso, il sempre più stretto coordinamento delle politiche fiscali), la sua implementazione – che comprende monitoraggio e sorveglianza, early warning e, se necessario, imposizione di misure correttive o addirittura punitive – non può e non deve essere lasciata al livello intergovernativo.
L'inizio del non rispetto delle regole dell'Unione monetaria risale, come ci ricorda spesso Mario Monti, al Consiglio ECOFIN del 2003 che decise di accantonare le raccomandazioni della Commissione sul deficit eccessivo di Germania e Francia, creando un precedente che avrebbe poi fatto scuola. Il vincolo dell'unanimità, che pone problemi già a livello di presa delle decisioni (come nel caso della Slovacchia nei giorni scorsi), ne crea ancora di più a livello di enforcement. E i tempi di maturazione delle crisi sono comunque tali da richiedere una rapidità di (re)azione che i meccanismi politici e le disposizioni legali attuali rendono quasi impossibile: non è un caso che l'istituzione rivelatasi più efficace nella gestione della crisi - anche a costo di forzare il proprio mandato e svolgere funzioni di supplenza - sia stata la BCE, cioè la più tecnocratica e "a-politica" delle istituzioni UE.
Non è insomma un caso che, dopo la fase di politicizzazione intergovernativa dell'ultimo anno e mezzo, si stiano moltiplicando le richieste di un rilancio delle istanze 'neutrali' e dei poteri sovranazionali. (...)

giovedì 13 ottobre 2011

"Salvando noi stessi contribuiremo in modo decisivo alla salvezza dell’Europa." (Mario Draghi)



(...) L’Italia, che in età giolittiana si era inserita nella prima globalizzazione, restò al margine anche del tenue sviluppo di un’Europa soffocata dal protezionismo. Le velleità, purtroppo ricorrenti, del poter fare da soli furono negli anni Trenta duramente smentite dai fatti, soprattutto nel nostro paese, preda della demagogia autarchica.
Le classi dirigenti postbelliche appresero questa lezione. In condizioni economiche e sociali tra le più difficili mai affrontate dal paese, impegnarono con decisione l’Italia nel processo di integrazione internazionale ed europea. La loro lungimiranza e il loro coraggio politico rappresentano, insieme alla riconquistata democrazia, uno dei pilastri su cui si è fondata la mirabile crescita economica e civile della nazione.
Restare oggi fedeli alla scelta dei nostri padri, rafforzare la nostra posizione in Europa, significa imprimere un forte impulso alla crescita, ridurre drasticamente il debito pubblico.
Gli interventi realizzati nella scorsa estate avviano la finanza pubblica italiana lungo un sentiero di maggiore sostenibilità. Ma ciò non basta. Senza aggredire alla radice il problema della crescita lo stesso risanamento della finanza pubblica è a repentaglio. Abbiamo più volte indicato gli interventi necessari in ambiti essenziali per la crescita come la giustizia civile, il sistema formativo, la concorrenza, soprattutto nel settore dei servizi e delle professioni, le infrastrutture, la spesa pubblica, il mercato del lavoro, il sistema di protezione sociale.(...)
Possiamo pensare che un sistema sociale, un’imprenditoria, una manodopera che furono i protagonisti della lunga fase di crescita impetuosa e poi ancora attraverso i difficilissimi anni Settanta e i cambiamenti del contesto esterno nel decennio successivo abbiano consumata tutta la loro forza ?
Il paese è ancora ricco di imprese di successo, anche in comparti chiave come la robotica e la meccanica; non mancano nella società indicazioni di una vitalità tutt’altro che spenta.(...)
Perché è tanto difficile realizzare interventi in grado di invertire il trend negativo degli ultimi anni?
La storia ci può soccorrere nelle risposte.
Nella Venezia del Seicento o nell’Amsterdam del Settecento, società ancora ricche, a una lunga stagione di grande dinamismo era seguito l’affievolirsi dell’impegno a competere, a innovare. Gli sforzi prima diretti al perseguimento della crescita furono indirizzati alla difesa dei piccoli o grandi privilegi acquisiti da gruppi sociali organizzati. In un’economia che ristagna, si rafforzano sempre i meccanismi di difesa e di promozione degli interessi particolaristici. Si formano robuste coalizioni distributive, più dotate di poteri di veto che di capacità realizzativa. Il rafforzamento di tali coalizioni rende a sua volta sempre più difficile realizzare misure innovative a
favore della crescita. E’ compito insostituibile della politica trovare il modo di rompere questo circolo vizioso prima che questo renda impossibili, per veti incrociati e cristallizzati, le misure necessarie per la crescita.
E’ importante che tutti ci convinciamo che la salvezza e il rilancio dell’economia italiana possono venire solo dagli italiani. Una nostra tentazione atavica, ricordata da Alessandro Manzoni, è di attendere che un esercito d’oltralpe risolva i nostri problemi.("Quante volte sull'Alpe spiasti l'apparir d'un amico stendardo! "A. Manzoni, “Marzo 1821”)
Come in altri momenti della nostra storia, oggi non è così. E’ importante che tutti i cittadini ne siano consapevoli. Sarebbe una tragica illusione pensare che interventi risolutori possano giungere da fuori. Spettano a noi. Per due ragioni. La prima è che il risanamento della finanza pubblica e il rilancio della crescita non sono una imposizione esterna, sono problemi che vanno risolti
soprattutto a beneficio dell’Italia. E’ un dovere verso i giovani e verso noi stessi. La seconda ragione è che la cooperazione europea, mai come oggi indispensabile, si basa giustamente sull’assunto che ciascun membro faccia la propria parte. Solo i paesi che
si assumono le proprie responsabilità – quelle dell’Italia sono oggi particolarmente rilevanti – e che mantengono con rigore gli impegni presi sono partner credibili, a maggior ragione nella fase di ulteriore integrazione e condivisione di doveri che si
prospetta per l’Unione Europea.(...)
L’Italia deve oggi saper ritrovare quella condivisione di valori comuni che, messi in sordina gli interessi di fazione, è essenziale per mobilitare le energie capaci di realizzare in anni non lontani, una rigogliosa crescita economica e di offrire credibili speranze alle nuove generazioni.
Nell’anno in cui celebriamo i 150 anni dell’Italia ricordiamo il Risorgimento dei nostri bisnonni nell’Ottocento e l’unità di intenti che nel dopoguerra ci consentì di assicurare il progresso del paese con la Costituzione repubblicana, con la promulgazione delle leggi volte a garantire i fondamentali diritti sociali e civili dei cittadini, con la sconfitta del terrorismo. In quei momenti cruciali si manifestò la concordia di fondo del paese, al di là del necessario e duro confronto politico.
Abbiamo oggi bisogno della stessa ispirazione, della stessa intelligenza.
Salvando noi stessi contribuiremo in modo decisivo alla salvezza dell’Europa.


"Siano rispettati i diritti di tutti"


Città del Vaticano (AsiaNews) – In Egitto siano rispettati i diritti di tutti, in particolare delle minoranze. E’ l’appello lanciato oggi da Benedetto XVI che, al termine dell’udienza genrale si è detto “profondamente rattristato dagli episodi di violenza che sono stati commessi al Cairo domenica scorsa” e ha espresso il proprio sostegno “agli sforzi delle autorità egiziane, civili e religiose, in favore di una società nella quale siano rispettati i diritti umani di tutti, e, in particolare, delle minoranze, a beneficio dell'unità nazionale”. Il Papa si è detto vicino al “dolore delle famiglie delle vittime e dell'intero popolo egiziano, lacerato dai tentativi di minare la coesistenza pacifica fra le sue comunità, che è invece essenziale salvaguardare, soprattutto in questo momento di transizione”. “Esorto i fedeli – ha concluso - a pregare affinché quella società goda di una vera pace, basata sulla giustizia, sul rispetto della libertà e della dignità di ogni cittadino”.

In precedenza, il Papa nel discorso per l’udienza generale aveva evidenziato come la nostra storia anche se segnata da “dolori, incertezze, momenti di crisi” è “una storia di salvezza”, perché nella nostra storia e nella nostra vita “Dio è già presente”. E’ l’insegnamento che Benedetto XVI trae dalla lettura del Salmo 126, del quale ha parlato oggi, continuando nella illustrazione di tali preghiere.

Benedetto XVI ha così parlato di una preghiera “dalle note festose, che nella gioia canta le meraviglie di Dio”: “Grandi cose ha fatto il Signore per noi”. E’ il ricordo della “esperienza esaltante della salvezza”, “quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion”. Si parte da una situazione di sofferenza e di bisogno nella quale Dio opera la salvezza e “riporta” la situazione come era prima, anzi in meglio.

E’ quanto accade al popolo di Israele tornando in patria dall’esilio babilonese. Era la fine della deportazione in terra straniera.(...)

http://www.asianews.it/notizie-it/Papa:-in-Egitto-siano-rispettati-i-diritti-di-tutti,-in-particolare-delle-minoranze-22887.html

Rassegna stampa: l'accordo Israele - Hamas per la liberazione di Gilad Shalit


(...) Dunque, la mera cronaca ci dimostra che nei fatti Israele ha spesso trattato con i terroristi per riportare a casa dei soldati rapiti, vivi o morti. Anche se questo significava rafforzare i suoi nemici e cedere ad accordi sbilanciati. Resta da chiedersi il perché. La spiegazione forse è più semplice di quanto non si potrebbe pensare. In un Paese dove le amministrazioni, il governo e i sindacati godono di una stima bassa, l’esercito non è visto come un’istituzione, ma come il cuore della società, senza distinzione tra destra e sinistra.
Tutti in Israele hanno qualcuno nell’esercito: un figlio, una figlia, un marito riservista, o tutte e tre le cose. Per tutti, dai soldati alle loro famiglie, è fondamentale sapere che il governo farebbe qualsiasi cosa per riportarli a casa, vivi o morti. Il governo non ha scelta: se abbandonasse i propri soldati, anche per una causa teoricamente giusta come non cedere ai ricatti, crollerebbe l’intero sistema.
La determinazione a non abbandonare mai i soldati, vivi o morti, è la forza del sistema-Israele e insieme una debolezza che i suoi nemici sanno sfruttare.