(...) C'è però anche un'altra lezione che la crisi ci ha insegnato, e che stiamo forse imparando. Una volta stabiliti in questo modo i principi, i parametri e le regole dell'azione comune (in questo caso, il sempre più stretto coordinamento delle politiche fiscali), la sua implementazione – che comprende monitoraggio e sorveglianza, early warning e, se necessario, imposizione di misure correttive o addirittura punitive – non può e non deve essere lasciata al livello intergovernativo.
L'inizio del non rispetto delle regole dell'Unione monetaria risale, come ci ricorda spesso Mario Monti, al Consiglio ECOFIN del 2003 che decise di accantonare le raccomandazioni della Commissione sul deficit eccessivo di Germania e Francia, creando un precedente che avrebbe poi fatto scuola. Il vincolo dell'unanimità, che pone problemi già a livello di presa delle decisioni (come nel caso della Slovacchia nei giorni scorsi), ne crea ancora di più a livello di enforcement. E i tempi di maturazione delle crisi sono comunque tali da richiedere una rapidità di (re)azione che i meccanismi politici e le disposizioni legali attuali rendono quasi impossibile: non è un caso che l'istituzione rivelatasi più efficace nella gestione della crisi - anche a costo di forzare il proprio mandato e svolgere funzioni di supplenza - sia stata la BCE, cioè la più tecnocratica e "a-politica" delle istituzioni UE.
Non è insomma un caso che, dopo la fase di politicizzazione intergovernativa dell'ultimo anno e mezzo, si stiano moltiplicando le richieste di un rilancio delle istanze 'neutrali' e dei poteri sovranazionali. (...)
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