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giovedì 14 giugno 2012

Pronti a Tutto, per Salvare l'Euro



Si stanno preparando le "armi" per affrontare la guerra dei mercati, nel caso di voto "critico" in Grecia. Si avvicina il momento in cui Mario Draghi dovrà usare il bazooka, garantendo tutto il debito europeo? Se così fosse, dovrebbe essere già attivo il giorno stesso un Ministro delle Finanze europeocon poteri di veto e di indirizzo sui bilanci di tutti i paesi di cui si garantisce il debito

Poi, in tempi rapidi, la fase costituente per creare un vero governo europeo (non siamo così lontani - a ben vedere - dalla logica espressa dalla Merkel, anche se forse non c'è più tempo per un percorso così "ordinato") 

domenica 6 novembre 2011

"Il nostro compito non è quello di rimediare agli errori della politica" (laStampa)


(...)Cosa pensa dell’acquisto di bond?
«Dovrebbe essere limitato nella quantità e nel tempo e avere come unico obiettivo quello di garantire il pieno meccanismo di trasmissione della politica monetaria. Ma se osserviamo che i nostri interventi vengono minati dai mancati sforzi dei governi nazionali, dobbiamo porci il problema degli incentivi».
Vuol dire che smetterete di comprare titoli se l’Italia non riuscirà a fare le riforme che ha promesso alla Ue? «Se il board della Bce arriva alla conclusione che le condizioni che lo hanno spinto a prendere una decisione non esistono più, è libero di cambiare questa decisione in qualsiasi momento. È il contenuto perenne delle nostre discussioni». (...)
Cosa pensa della situazione italiana?
«Ogni Paese ha una responsabilità. Finché molte decisioni economiche vengono prese esclusivamente a livello nazionale, si arriva regolarmente a effetti di contagio. Questa consapevolezza non è ancora abbastanza diffusa. Si continuano a prendere decisioni guardando solo all’elettorato, anche se gli effetti riguardano anche i non elettori, dentro e fuori il Paese». (...)
La Bce può diventare un “prestatore di ultima istanza”? «Non siamo affamati di potere e non vogliamo mandati ulteriori. Siamo molto soddisfatti con il compito che ci è stato attribuito dal Trattati. E siamo orgogliosi, come dice Trichet, di soddisfarlo. La nostra preoccupazione, tuttavia, è che il nostro compito venga aggravato se altri settori della politica, sui quali non abbiamo il controllo, non si attengono alle loro responsabilità. Il nostro compito non è quello di rimediare agli errori della politica». (...)
In Italia si parla molto del caso Bini Smaghi. Lei cosa ne pensa?
«Ha un mandato di otto anni. Non c'è scritto nel Trattato che se uno viene da uno specifico ministero del Tesoro ha il diritto a un posto nel direttorio Bce. Lo spirito dei Trattati è che ognuno di noi dovrebbe lasciare il passaporto nel guardaroba, quando partecipa alle riunioni». (...)

lunedì 31 ottobre 2011

Le mosse di Draghi, le responsabilità dell'Italia


Con le notizie di questi giorni, si deve dire, innanzitutto, che per noi italiani è ora di cambiare governo. E' ora di un governo tecnico di unità nazionaleLo si è già detto da queste parti, lo si ripete: inutili nuove elezioni, soprattutto perché si rischia di perdere tempo, con l'aggravante di ritrovarci con Camere ancora immobili.

Sarà però anche l'ora di mosse straordinarie e poco ortodosse a livello europeo, come quelle che ha suggerito pochi giorni fa Martin Wolf a Mario Draghi nell'articolo che segnalo più sotto? Forse sì, ma allora i governi d'Europa dovrebbero cedere parte della loro sovranità fiscale in maniera tangibile, evidente, irrevocabile: come minimo, un Ministro delle Finanze europeo, come da tempo viene proposto

E una mossa come quella qui suggerita non può diventare la scusa per evitare di ridurre il nostro debito; e non può diventare LA regola del comportamento BCE, a meno che non si strutturi una politica europea complessiva, che non sia solo la guida di un Direttorio Franco-Tedesco, che rischia alla lunga di creare un rigetto nazionalista nella cittadinanza di altri paesi.


Francesco Maria 

Caro Mario, congratulazioni e condoglianze: la prossima settimana Lei assumerà uno degli incarichi più importanti delle Banche centrali nel mondo, ma dovrà anche accollarsi una responsabilità pesantissima. Solo la Bce ha il potere di spegnere l'incendio che divampa nella zona euro.(...) Qualsiasi sforzo da parte della Bce per trasformarsi in quel prestatore di ultima istanza di cui gli Stati membri hanno bisogno scatenerà un fuoco di fila di proteste. Diranno che la Banca centrale potrebbe rimetterci, che si rischia di aggravare l'azzardo morale e di scatenare l'inflazione.(...) L'espansione della base monetaria non determina automaticamente un'espansione dell'offerta complessiva di moneta, come lei sa bene. Anzi, nel corso della crisi che stiamo vivendo, base monetaria e offerta di moneta hanno seguito strade differenti in tutte le grandi economie. È questo che significa una crisi finanziaria. (...) Se l'Eurozona vuole avere qualche speranza di aggiustamento con crescita, le cose devono cambiare, e subito. L'Eurozona rischia un'ondata di crisi bancarie e dei conti pubblici. Il Fondo europeo per la stabilità finanziaria non è in grado di fare da argine, solo la Bce può farlo. È l'unica istituzione comune a tutta l'Eurozona, e in quanto tale ne ha il dovere. Ne ha anche il potere. Mi dispiace, Mario, ma Lei dovrà scegliere fra accontentare i falchi della moneta e salvare l'Eurozona. Scelga la seconda opzione, spieghi perché fa questa scelta e si ricordi: la fortuna aiuta gli audaci.
Suo Martin
  

mercoledì 7 settembre 2011

Trichet Presidente d'Europa per una fase Costituente


Con l'attentato in India a pochi giorni dall'anniversario dell'11 settembre il terrorismo dimostra di avere l'occhio lungo, colpendo una delle nazioni protagoniste del futuro. 
Come scrive Gordon Brown, anche l'India deve essere coinvolta nella "grande contrattazione globale" che dovrebbe spingere le potenze emergenti a coordinarsi con Europa e USA per portare a soluzione la crisi globale. 

L'Europa deve comunque parlare con una voce sola: Barroso è espressione del concerto degli Stati, Draghi prenderà il ruolo "tecnocratico" (in realtà fortemente politico, ma comunque svincolato dalla ricerca di consenso, come è bene che sia) di Presidente della BCE. Si deve però cercare di "far vedere" al mondo una voce europea politicamente autonoma, che sia eletta dal Parlamento europeo con un mandato limitato per guidare il continente verso una nuova fase costituente

Trichet potrebbe essere il candidato migliore, dopo che avrà passato il testimone a Draghi: è stato lui il primo a fare una delle proposte più interessanti per l'Europa del futuro, un Ministro europeo delle Finanze.
 
Ma al di là dei nomi: oggi è ancora fondamentale che le figure di riferimento dell'Europa siano "tecnici - politici" capaci di "resistere" alle tentazioni della popolarità, e soprattutto del populismo; un giorno forse - superata questa tempesta - potremo votare direttamente il vertice europeo, confrontando proposte politiche alternative. 

Ma è un giorno ancora lontano.

Francesco Maria Mariotti

(...) Dobbiamo innanzitutto rilanciare la visione di cooperazione globale contenuta nel patto sulla crescita del G-20. Serve però un programma più ampio: la Cina dovrebbe concordare di aumentare la spesa delle famiglie e le importazioni dei consumi; l'India dovrebbe aprire i propri mercati in modo tale da garantire ai propri poveri l'accesso alle importazioni a basso costo; e l'Europa e l'America devono rilanciare la competitività con l'obiettivo di aumentare le importazioni. Nel 2009 il G-20 è stato inflessibile sulla necessità di un nuovo regime finanziario globale per la futura stabilità. Il problema è già sotto gli occhi di tutti. Le passività del settore bancario dell'Europa sono quasi cinque volte superiori a quelle degli Usa. Le banche tedesche hanno una leva finanziaria che è 32 volte superiore al patrimonio netto. Ai fini della stabilità finanziaria non serve quindi solo la ricapitalizzazione delle banche, ma anche una riforma dell'euro, fondata sul coordinamento delle politiche fiscali e monetarie e su un maggiore ruolo della Bce, in veste di prestatore di ultima istanza, nel sostenere i singoli Governi (non le singole banche). Il G-20 non raggiungerà crescita e stabilità senza concentrarsi su una riduzione del debito a lungo termine. Ma esiste anche un imperativo nel breve periodo, ossia evitare una spirale negativa. (...) L'accordo sulla crescita del G-20 deve essere anche un accordo sull'occupazione.(...)

Alla fine del 1930, il presidente Hoover aveva capito che la posizione debitoria della Germania stava per diventare insostenibile per la perdita di fiducia dei mercati nella capacità dei creditori (privati) tedeschi di ripagare l'enorme debito estero. Al presidente era perfettamente chiaro che, per salvare non solo la Germania ma l'intera Europa e gli stessi Stati Uniti da una crisi senza precedenti, erano necessari prestiti pubblici (in sostituzione del credito privato) e la sospensione delle riparazioni di guerra imposte ai tedeschi dal Trattato di Versailles. Ai collaboratori che gli chiedevano perché non prendesse subito l'iniziativa, Hoover rispondeva che era necessario che la situazione si deteriorasse ulteriormente perché si creassero le "condizioni politiche" per un intervento a favore della Germania. Sappiamo come andò. Nell'estate 1931, alla caduta dei redditi e dell'occupazione si aggiunse una crisi bancaria senza precedenti catalizzata dal ritiro dei capitali stranieri dalle banche tedesche. Solo allora l'opinione pubblica e le cancellerie compresero che la crisi avrebbe travolto non solo la Germania, ma l'intera economia mondiale e si crearono le "condizioni politiche" che resero possibile l'iniziativa di Hoover per una moratoria delle rate del debito di guerra tedesco. Questa giusta iniziativa arrivò fuori tempo massimo. (...) 

Speciale

(...) La conclusione è semplice: la Cina ha visto nell’11 settembre una finestra di opportunità strategica. Di cui cogliere i vantaggi. A sei mesi dall’attacco di al Qaeda, la Cina entrava senza problemi nel WTO: la globalizzazione “made in China” era cominciata. Sul piano interno, Pechino ha utilizzato la minaccia qaedista per combattere con durezza il proprio “terrorismo”, il separatismo uiguro nello Xinjiang. (...) per la leadership comunista capitalista cinese un’America indebolita poteva essere un vantaggio; un’America troppo debole non lo è. Questa è tutta la differenza, in effetti, fra il settembre 2001 e il settembre 2008: quando, con la crisi finanziaria e le sue conseguenze, la Cina si è trovata esposta ai guai dei suoi vecchi “maestri” occidentali.
Il rischio, visto da Pechino, è che l’era post-americana arrivi troppo in fretta, costringendo una leadership ancora riluttante ad assumersi una quota di oneri globali, con i costi e le responsabilità che ne derivano.(...)