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sabato 26 febbraio 2022

Putin ha preteso troppo?

Guido Olimpio su Fb:

"Putin è salito sull'albero, puntando al ramo più alto. Può restarci, può cadere. Magari sarebbe utile anche pensare di trovare una scala per "aiutarlo" a scendere. Una via d'uscita che però deve pagare. Nulla è gratis dopo quello che ha fatto. Ammesso che capisca. 
ps: il volume di informazioni divulgato da intelligence Usa in queste settimane e confermato dai fatti è la prova che hanno buone fonti nel potere russo. E probabilmente aldilà dei numeri di tank o divisioni hanno ben di più.
La mia è una semplice ipotesi."

https://www.facebook.com/100000597164309/posts/5479721495391035/

Leggi anche:
"(...) In un simile quadro, la guerra in Ucraina potrebbe trasformarsi in un boomerang per la Russia e colpire il Cremlino due volte. Dal basso, con l’insoddisfazione di un popolo costretto ad altri e più gravi sacrifici e, magari, anche ad accogliere le bare di tanti giovani soldati. Ma anche dall’alto.(...)"

https://www.osservatoriorussia.com/2022/02/25/la-guerra-e-realta-ma-a-mosca-son-tutti-daccordo/

"(...) Arrivati a questo punto, però, la sua eredità geopolitica (anche tralasciando i giudizi morali) potrebbe essere ben peggiore di quella paventata: l’isolamento totale della Russia, il tracollo di una semi-ideologia e un impoverimento che annulla i successi economici del primo decennio putiniano. E la NATO che forse esce dalla porta (Ucraina) ma rientra dalla finestra baltica (Svezia e Finlandia sempre più tentate di entrare). Ne valeva la pena? Ai posteri l’ardua sentenza, ma scommettiamo che non sarà clemente. (...)"

https://www.osservatoriorussia.com/2022/02/25/una-guerra-che-la-russia-non-puo-davvero-vincere/



 

mercoledì 23 febbraio 2022

A Margine Ma Non Troppo

A margine, ma non troppo, della discussione su Russia e Ucraina.

Lo stato di guerra non è necessariamente legato a carri armati, bombe e simili. Si è in stato di guerra quando la sfida è "esistenziale", e l'avversario si dà come "nemico totale". Spesso la situazione è ambigua, e si può tentare di non trasformare in guerra ciò che è solo "conflitto territoriale" (o economico, o comunque "settoriale"); il problema è che se il "nemico" è tale, non ci sarà mossa dilatoria che tenga, prima o poi il conflitto si farà "esistenziale". 

Detto ciò, "prima" o "poi" può fare la differenza, e non da poco, e anche qui non è semplice stabilirlo. Combattere prima può servire a bloccare la minaccia nascente, ma al tempo stesso i prezzi richiesti da una guerra fatta troppo presto possono apparire ingiustificati all'opinione pubblica. Combattere troppo tardi può "servire", perché si rende più evidente la necessità del sacrificio, ma appunto può essere molto più oneroso, e naturalmente maggiormente rischioso. 

Ogni "tensione" fa storia a sé, e per questo non valgono i richiami storici troppo facili: non sempre vale la troppo facile dicotomia Chamberlain contro Churchill, sia perché ci sono tanti modi di cercare un accordo, e tanti modi di fare una guerra, ma anche perché, per quanto detto prima, Churchill (e la sua durezza) forse fu accettato anche perché si tentò fino in fondo di trovare un accordo, e poi di fronte all'ineluttabile si accettò il conflitto. 

Ultima nota, nel caso specifico è essenziale tenere conto che c'è una sfida anche "interna" alle democrazie occidentali: Putin (se è solo lui a decidere, se è in grado di decidere, se è "compos sui", ma comunque: "lui e la sua cerchia") probabilmente aspira anche a essere punto di riferimento per forze occidentali, e vuole sconfiggere un'idea di democrazia liberale, che è innervata - pur con forti contraddizioni - nella storia dell'Unione Europea e della NATO. Su questo appare capace di "influenzare" pesantemente anche parti dell'opinione pubblica occidentale, mettendo a rischio la stabilità delle democrazie.

Anche e forse soprattutto per questo la sfida rischia di diventare - al di là delle mosse diplomatiche e tattiche - "esistenziale".

#Ucraina #Russia #USA #UE #NATO

(post originariamente pubblicato su Fb) 

giovedì 30 agosto 2012

Chiedere l'assistenza senza chiederla veramente

Segnalo due riflessioni apparse sul sole24ore. Sottolineo in particolare in grassetto alcuni passaggi che mi sembrano andare nella direzione di quanto ipotizzavo in un precedente post, soprattutto Bastasin nel passaggio in cui parla di "chiedere l'assistenza senza chiederla".

FMM

Della dotazione di una licenza bancaria al fondo di stabilità Esm se ne potrà anche fare a meno, in futuro, ora che la Banca centrale europea ha deciso di reintrodurre, tra le misure non convenzionali, l'acquisto dei titoli di Stato sul secondario. Quello di cui invece proprio non si potrà fare a meno, in prospettiva, è il format del nuovo Memorandum of Understanding contenente le condizionalità "leggere" per gli Stati che non hanno bisogno di finanziamenti esterni per far quadrare i conti pubblici, che non sono oggetto di salvataggi o bail-out firmati da Ue-Fmi ma che, per contrastare la speculazione, si trovano costretti ad attivare lo scudo anti-spread dei fondi di stabilità Efsf/Esm. Questi due nodi, la licenza bancaria e la condizionalità, non sono stati sciolti ieri, nel corso dell'incontro Monti-Merkel. di Isabella Bufacchi - Il Sole 24 Ore - leggi su Ma il "bazooka" non serve più

Se non basterà a contenere gli spread che stanno lacerando l'area euro, bisognerà compiere l'ultima operazione nell'ombra: far sì che un paese, in buona parte in linea con le raccomandazioni europee, chieda l'assistenza senza chiederla veramente. Sul tavolo c'è l'ipotesi di una sorta di «auto-impegno» dei paesi in cerca di assistenza. Sarebbero loro a scrivere il proprio memorandum pluriennale di riforme da presentare alla Commissione europea, sulla base delle analisi della Commissione stessa, per poi affidare la decisione di assistenza ai Fondi europei di stabilità e alla stessa Bce come se fosse una loro iniziativa autonoma. Può sembrare un artificio stravagante, ma a ben vedere sarebbe un passo in una dimensione federale in cui verrebbero tutelate sia alcune prerogative nazionali, sia i margini di decisione autonoma delle istituzioni comuni europee. Una complicata e non appariscente coerenza, per un sistema in cui purtroppo l'unica politica di Carlo Bastasin - Il Sole 24 Ore - leggi su Il vero "scudo" è fare sul serio 

giovedì 23 agosto 2012

Se Berlino torna alla realpolitik (dal Sole24Ore)

Però il dibattito tedesco si sta facendo più articolato. Soprattutto Angela Merkel pare essersi convinta che, per lei e la sua riconferma alla Cancelleria, sarà meglio presentarsi alle elezioni del settembre 2013 con in tasca l'euro piuttosto che senza. Il collasso della moneta unica provocherebbe infatti uno shock dai costi enormi e, soprattutto, dalle conseguenze imprevedibili in Europa e fuori. di Adriana Cerretelli - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/ZKTEm 

lunedì 26 marzo 2012

Concertazione mondiale


(...) Fra i tre blocchi che ruotano attorno a Usa, Ue e Cina crescono, insieme a temibili attriti geo-strategici e militari, tensioni commerciali e finanziarie. Siamo al punto che gli aerei europei rischiano di vedersi limitare i permessi di sorvolo in Asia, come ritorsione contro le tasse ecologiche che l’Ue vuole far pagare agli aerei di chi non è stata ancora capace di convincere ad adottare le stesse regole a protezione dell’ambiente. È una china che non va scesa ulteriormente: occorre al più presto tornare ad ambiziosi progetti di cooperazione globale da perseguire con atteggiamenti diplomatici coerenti, lungimiranti, innovativi. Credo non sia scorretto leggere nel viaggio di Monti, che include anche la conferenza sulla sicurezza di Seul, con i massimi leader mondiali, qualcosa che va oltre gli affari italiani. Cioè un piccolo contributo nella direzione del rilancio urgentissimo della concertazione mondiale, da parte di un personaggio rappresentativo dell’Europa più convinta dei suoi valori e, insieme, più aperta e attenta alla costruzione di regole globali, capo del governo di un Paese che da un mondo più unito e cooperativo ha solo da guadagnare.

Leggi tutto l'articolo di Franco Bruni sulla Stampa: Doppia sfida per il viaggio di Monti 



venerdì 2 marzo 2012

La Verità, Vi Prego, Sui Conti (Grecia, Spagna... Europa)

Pensando al caso greco e alla situazione della Spagna (pare che i dati economici vengano rivisti in peggio rispetto a quanto detto da Zapatero prima delle elezioni), credo che sia oramai necessario pensare, costruire e programmare strumenti e procedure che mettano in grado i cittadini di conoscere i veri dati di bilancio prima delle campagne elettorali. 

Un organismo terzo, magari Dirigenti non politici della UE e della BCE che controllino lo stato dei conti pubblici un mese prima del voto, costringendo chi esce a spiegazioni sullo stato delle  cose e forzando i contendenti del futuro a fare promesse che sia possibile mantenere. 

Sarebbe una sorta di "educazione finanziaria e politica" per tutti noi, e avremmo così una procedura comune per rendere credibili le politiche dei governanti. 

Si dovrebbe in questo senso pensare anche a momenti "istituzionali" di "campagna elettorale regolata" in cui le proposte dei contendenti vengano discusse in pubblico, con trasparenza, e con l'ausilio di pareri anche di parte, ma fondati e verificabili, ovvero discutibili e falsificabili. 

La democrazia europea è sotto stress e non può continuare nel giochetto delle stime riviste, o smentite; non possiamo più tollerare campagne elettorali in cui si promettono cose che poi non possono essere mantenute perché la precedente gestione non ha fatto bene i conti. 


In Italia questa cura andrebbe fatta fin da subito, per gli Enti Locali.

E' commissariare la democrazia? O è difenderla dai suoi mali interni?

Francesco Maria Mariotti

In Spagna il disastro della gestione Zapatero si fa sempre più evidente. Dopo il dato sul deficit del 2011, molto più alto delle attese, oggi il governo di Mariano Rajoy ha tagliato la previsione della crescita per il 2012 dal +2,3% al -1,7% mentre ll target per il deficit è stato elevato al 5,8%, molto di più rispetto al precedente vincolo concordato con l’Ue, fissato al 4,4 per cento. «Il premier Zapatero ci aveva garantito che i margini operativi per un veloce rientro del deficit c’erano. È evidente che non è così», spiega un alto funzionario della Commissione europea a Linkiesta. E ora per Madrid potrebbe scattare la procedura d’infrazione.



giovedì 23 febbraio 2012

Se uno Stato non è più sovrano (dal Sole 24 Ore)

Per ottenere tali garanzie, l'Europa entra nel cuore della somma potestà dello Stato, dimostrando che moneta e fisco si sono oramai distaccate dalla sfera delle prerogative esclusive della nazione. È davvero ironico che il capo del partito di estrema destra greca abbia invocato la possibilità per il suo Paese di avere di nuovo accesso ai mercati per finanziarsi, preferendo la durezza impersonale degli investitori stranieri, alla condivisione di sovranità con l'Europa. Il 77% dei cittadini greci non sembra condividere un nazionalismo estraneo alla realtà e chiede di rimanere nell'euro. di Carlo Bastasin - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/PdJ9c

mercoledì 15 febbraio 2012

Riconciliare gli Europei con l'Europa (Monti - Goulard)

(...) Sono le disfunzioni delle democrazie nazionali a contribuire ampiamente ai disordini attuali: in virtù del trattato di Maastricht, i governi dell`eurozona continuano ad assumersi il carico delle politiche economiche _e sociali e devono sorvegliarsi a vicenda. Abbiamo visto il risultato. Violando le promesse di rigore di bilancio o rinviando le riforme indispensabili, parecchi responsabili nazionali non solo hanno ingannato ì propri partner, ma hanno anche leso i propri popoli, in particolare i giovani e le generazioni future. 


La tirannia del breve termine, l`eccesso di indebitamento, pubblico o privato, il clientelismo hanno portato a un disastro che le popolazioni pagano caro. Nessuno può più sostenere che la democrazia nazionale funzioni in modo soddisfacente e che invece «l`Europa» non funzioni.


AI tempo stesso, la crisi ha accentuato il bisogno di legittimazione delle decisioni europee. La disoccupazione crea enormi danni, la precarietà e le ineguaglianze aumentano.


Troppi europei hanno la sensazione di trovarsi in un tunnel. Sono pronti a fare sforzi, se questi sono equamente ripartiti. Vogliono soprattutto capire chi decide e vogliono avere un peso sulle scelte per ritrovare dignità e speranza.


Siamo convinti che, per uscire durevolmente dalla crisi, dobbiamo ripensare la democrazia a tutti i livelli, europeo e nazionale, senza contrapporli. E giunto il momento di abbandonare le dispute istituzionali e le recriminazioni incrociate che nuocciono al bene comune. Un disarmo generale si impone al fine di riconciliare gli europei con l`Europa.(...)

Anche su certe carenze dell`azione europea, che minacciano di diventare veri e propri «buchi neri», non c`è un dibattito sufficiente: sulla necessità, per esempio, di riattivare la crescita senza nuocere alla disciplina, o ancora sulle possibilità di preservare l`equità fiscale quando, nel mercato unico, il capitale è mobile e il lavoro lo è molto meno.

La mancanza di una discussione aperta accredita anche l`impressione di un «diktat» degli Stati più potenti: Ciò è pericoloso.- Una delle virtù della costruzione europea, dal 1950, e la ragione profonda del suo successo nel preservare la pace, è quella di unire su base volontaria, nel mutuo rispetto. La stabilità non può essere imposta con la forza.(...)

L`esigenza di democrazia, di partecipazione, di trasparenza è irresistibile. A termine, riforme di grande ampiezza saranno necessarie per fortificare la dimensione parlamentare dell`Unione Europea. Come a livello nazionale, la posta in gioco è delicata, poiché consiste nell`inventare una democrazia più esigente, che eviti la demagogia e la veduta corta. Il processo sarà lento, ma un contributo può già darlo un dialogo intenso e fiducioso fra istituzioni, al di là delle frontiere.

Il testo integrale apparso sul Corriere della Seraanche in pdf

lunedì 13 febbraio 2012

Cosa ci dice la rabbia dei greci (da laStampa)


Osserviamo con attenzione la Grecia, perché può insegnarci molto. I leader dei due principali partiti politici sono coscienti, d’accordo con il primo ministro tecnico, che altri sacrifici sono inevitabili. Ma la gente non ne può più, perché i sacrifici finora sono stati distribuiti male, e segni di speranza non se ne vedono. Nei nostri tempi, nessuna democrazia era mai stata sottoposta a uno stress simile a quelli da cui nacquero le dittature degli Anni 30.


Vediamo un sistema politico e amministrativo corrotto avvitarsi su sé stesso. Il medico-sindacalista ateniese intervistato ieri da questo giornale sosteneva che i tagli di spesa fanno mancare le medicine negli ospedali. Fino a ieri, peraltro, risultava come prassi corrente rivendere all’estero, dove i prezzi sono più alti, i medicinali acquistati dal sistema sanitario pubblico greco. Non a caso la spesa pro capite per farmaci l’anno scorso è stata oltre il 15% superiore rispetto all’Italia, benché il reddito sia alquanto più basso.

In questo caso come in altri, la corruzione che pervade il sistema scarica tutto il peso dei sacrifici sui più deboli, ovvero su chi non fa parte di una clientela o di una categoria protetta.

Peggio ancora, l’incapacità di toccare i privilegi blocca ogni tentativo di rivitalizzare l’economia. Ai deputati risulta più facile aumentare le tasse a tutti che pestare i piedi a gruppi di interesse compatti. Dopodiché una amministrazione corrotta riesce a riscuotere le maggiori tasse solo dai soliti noti, mentre i furbi se la cavano (portare l’aliquota Iva dal 19 al 23% non ne ha accresciuto il gettito).

Il sindacato dei poliziotti ellenici vorrebbe mettere in galera gli inviati della «troika» (Commissione europea, Bce, Fondo monetario). Eppure a tormentare la «troika» è assai più la mancanza di riforme strutturali. Ad esempio, poco o nulla si è fatto in materia di privatizzazioni, perché i politici non volevano rinunciare a strumenti di potere. E perché mai un Paese in queste condizioni è pronto a tagliare le spese militari solo se «non pregiudicano le capacità difensive»?

Dall’altro lato dello Ionio arrivano a punte estreme fenomeni che ben conosciamo. (...)


Cosa ci dice la rabbia dei greci (di Stefano Lepri, da laStampa)


Leggi anche Boldrin su Linkiesta:

(...) Un paese dove, sino all’altro giorno, le figlie nubili dei dipendenti pubblici ottenevano uno stipendio dal governo e i barbieri vanno in pensione, pubblica e sussidiata, a 50 anni perché maneggiano sostanze pericolose! Impressiona la continua falsificazione della situazione greca sulla stampa italiana “indipendente” mentre persino Claudi Perez, uno dei giornalisti economici spagnoli più quotati ma anche più dichiaratamente schierati a sinistra e vicino al movimento de los indignados, riporta su El Pais che i partners europei si sono stancati oramai delle continue bugie e dei subdoli trucchi dei politici greci e che «Hasta ahora, la métrica del rescate griego ha sido crédito a cambio de promesas».
Perché qui sta il punto: per qualche ragione misteriosa gli italiani sono convinti che in Grecia siano lacrime e sangue, in termini di tagli ed austerità, da decine di mesi, mentre son quasi tutte chiacchere. Come lo stesso Claudi riporta, delle sbandierate multe per evasione fiscale pari a 8,6 miliardi di euro emesse durante gli ultimi due anni, il governo greco è riuscito a farsi pagare sino ad ora ... 80 milioni circa!
L’Italia è di fatto l’unico paese europeo in cui l’opinione pubblica vive nella credenza che la Grecia sia una innocente vittima dei caimani finanziari internazionali per i quali i Merkelzy lavorano (un certo, malinteso, nazionalismo suggerisce ai più di non nominare il nome di Mario Draghi invano ...) e che la Grecia risolverebbe i propri problemi facendo default ed andandosene dall’euro. Vogliano gli dei dell’Olimpo che questo mai succeda e ringrazino Merkel per averglielo impedito.(...)

giovedì 9 febbraio 2012

Passi Impressionanti


(...) Partiamo dalla crisi dell’Eurozona. In più occasioni lei ha espresso la necessità di un’espansione dei «firewall finanziari per l’Europa». Ritiene che l’attuale cooperazione fra i governi di Germania, Francia e Italia vada nella direzione giusta? 
«La situazione finanziaria in Europa sarà al centro dell’agenda con il primo ministro Monti nell’Ufficio Ovale. Come ho detto durante la crisi, credo che l’Europa abbia la capacità economica e finanziaria per superare questa sfida. Durante gli ultimi due anni, l’Europa ha compiuto un certo numero di passi difficili e cruciali per affrontare la crisi che cresceva. In Italia e in Europa i cittadini stanno compiendo sacrifici dolorosi.
Sotto la leadership del primo ministro Monti, l’Italia sta ora adottando passi impressionanti per modernizzare la sua economia, ridurre il proprio deficit attraverso una combinazione di misure su entrate e spese, riposizionando la nazione sul cammino verso la crescita. Più in generale i governi europei si sono uniti nel riformare l’architettura dell’Unione europea. Una delle lezioni che gli Stati Uniti hanno appreso durante la nostra recente crisi finanziaria è stata l’importanza di dimostrare ai nostri cittadini, alle nostre imprese, e ai mercati finanziari che eravamo impegnati a fare ciò che serviva per risolverla. Questo è il motivo perché abbiamo chiesto con urgenza ai nostri partner europei di erigere abbastanza firewall finanziari per evitare che la crisi si diffondesse. Sono d’accordo con quanto il primo ministro Monti ha detto: se l’Europa mette in atto firewall sufficientemente grandi si riduce la possibilità di doverli usare. Ciò che serve adesso è che tutti i governi europei dimostrino il loro impegno totale per il futuro dell’integrazione economica in Europa».(...)

martedì 6 dicembre 2011

"Le proteste sono giustificate, ma i cittadini italiani capiranno" (Mario Monti)

«Ho invitato tutti a considerare che questa operazione di rigore, equità e crescita chiedeva sacrifici. Ma l'alternativa non era quella di andare avanti come niente fosse ma quella di correre il rischio che lo Stato non potesse pagare stipendi e pensioni. Le proteste sono giustificate, ma i cittadini italiani capiranno»(...) «I mercati sono una bestia feroce e oggi sono imbizzarriti: noi li dobbiamo domare. Lavoriamo per i cittadini e non per i mercati, ma dobbiamo tenerne conto perchè il loro funzionamento è essenziale senza però doversi inginocchiare». Dopo una manovra che ha permesso al paese di «non deragliare dai binari» occorre che anche «le politiche economiche europee facciano i loro progressi. L'area dell'euro, insomma, deve essere ripensata rapidamente. La Ue spalanchi gli occhi, i mercati spalanchino gli occhi per guardare a quello che ha fatto l'Italia. E lo ha fatto per se stessa oltre che per le esigenze europee» ridando al paese «titolo per partecipare da protagonista e non da osservatore ai vertici internazionali» (...) «Il mio Governo è in una situazione in cui deve fare, rispetto al mondo politico parlamentare, un equilibrismo. Ma lo faccio molto volentieri e credo ci riusciremo. Metà del parlamento vuole una continuità rispetto al governo Berlusconi, l'altra metà una discontinuità». Sul fronte della continuità, Monti assicura il rispetto degli «impegni che il presidente Berlusconi ha preso, molto responsabilmente, nei confronti dell'Ue; la discontinuità cerchiamo di metterla nel dare più accento sociale e nel tirare fuori l'Italia da questo guaio».(...) http://www.corriere.it/politica/11_dicembre_06/monti-porta-porta_d88181a2-2042-11e1-9592-9a10bb86870a.shtml

lunedì 12 settembre 2011

SUBITO UN NUOVO GOVERNO: MARIO MONTI PREMIER



Dopo la giornata di oggi, il tempo che ci separa dal default del nostro paese sembra essersi ristretto in maniera drammatica: in questi momenti rischia di aggredirci un senso di impotenza, al quale non dobbiamo arrenderci.



Ho scritto il testo che segue a guisa di appello; se lo ritenete potete farlo girare.
Possiamo e dobbiamo farcela, ma il tempo stringe.
Francesco Maria


SUBITO UN NUOVO GOVERNO: MARIO MONTI PREMIER

Indipendentemente dalla collocazione politica che ognuno di noi può avere, non si può più negare che l'attuale situazione di stallo rischia di aggravare in termini irreversibili la crisi finanziaria del nostro paese.
E' quanto mai necessario che venga dato un segnale inequivocabile di svolta ai mercati e alle pubbliche opinioni del mondo che guardano con ansia all'Italia come punto di non ritorno di un'eventuale crisi dell'Euro: questo perché è evidente a tutti che se cadiamo noi, crolla l'Euro e si compromette irrimediabilmente il progetto di integrazione europea.
Tale segnale può essere dato solo con una crisi di governo pilotata che porti alla nascita di un governo tecnico di solidarietà nazionalesorretto dalle principali forze politiche presenti in Parlamento.
La persona giusta per guidarlo è Mario Monti. Con lui potrà forse collaborare anche Lorenzo Bini-Smaghi, che dovrebbe lasciare la BCE a breve, al momento dell'insediamento di Mario Draghi come Presidente.
In pochissimi giorni, già dopo l'approvazione della manovra finanziaria ed entro lunedì prossimo, il cambiamento va posto in essere senza più indugi: l'Unione Europea e la BCE devono difenderci come possono - anche mettendo in atto una nuova fase costituente che ci porti ad avere una reale governance economica del continente; ma la responsabilità di un cambiamento e della cura dei mali italiani spetta solo a noi.

mercoledì 24 agosto 2011

Africa e MO, Costringere la Cina a Intervenire


In Africa e in Medio Oriente si stanno giocando partite diverse, ma entrambe molto rischiose per la stabilità internazionale.

Questa crisi politica sembra svolgersi in parallelo ma non in contatto con quella finanziaria ed conomica, che oramai richiede una soluzione a livello mondiale: gli eurobond (o la proposta più elaborata Prodi-Quadrio Curzio) possono essere utilissimi per noi, ma non sono la panacea di tutti i mali, e l'uscita dal dramma può avvenire solo con un tavolo che veda Stati Uniti, Ue e Cina darsi una disciplina monetaria comune e decidere come governare insieme il mondo, provando a dare una spinta alla crescita.

Ed è proprio su questo tavolo che andrebbero posti anche i dossier politici, in particolare Libia e Medio Oriente: la Cina sembra a prima vista non essere presente su questi scenari, ma se si pensa alla penetrazione di Pechino nel continente africano, non vi può essere dubbio che la "nuova" superpotenza abbia interesse - e debba riconoscere di averlo - nella soluzione della crisi di Tripoli e nella gestione di tutti i principali capitoli che interessano la stabilità geopolitica globale (debiti sovrani, materie prime, terrorismo, migrazioni, lavoro, etc).

La Cina fino ad oggi ha dato l'impressione di non voler assumere esplicitamente le responsabilità di superpotenza che oramai tutto il mondo le riconosce, preferendo un gioco silenzioso per lo più economico, ma non direttamente politico: questa fase può dirsi ormai conclusa, e Washington e Bruxelles devono costringere Pechino a scendere in campo, a co-governare il mondo, a spendere parola, influenza e moneta - e forse non solo quelle - perché questa crisi globale di governance possa iniziare a risolversi. E noi europei potremmo avere un ruolo fondamentale in questa dialettica fra "potenze riluttanti", per dirla con una espressione di Marta Dassù.

Non abbiamo bisogno solo di una nuova Bretton Woods, come dicono molti: facendo finta che questi paragoni (forse un po' deboli e troppo retorici) abbiano un senso, potremmo forse dire che c'è da organizzare anche una nuova Yalta. 

Speriamo di non dover pagare per questo il prezzo di una nuova guerra globale.

Francesco Maria Mariotti