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giovedì 29 maggio 2014

La Golden Rule dei sogni (da Phastidio.net)

Pare che il premier Matteo Renzi proverà nuovamente, in sede europea, a chiedere l’esclusione degli investimenti pubblici dal computo del rapporto deficit-Pil. Si tratta di una antica aspirazione dei politici italiani, sinora sistematicamente frustrata perché più che altro rimasta nel libro dei sogni, essendo stata sempre ignorata a livello comunutario. Cambierà qualcosa, oggi?
L’idea di Renzi sarebbe quella di escludere dal calcolo gli investimenti pubblici, inclusi quelli per scuola e ricerca. Inoltre, il premier italiano vorrebbe escludere dal calcolo del deficit-Pil anche il cofinanziamento nazionale ai fondi strutturali europei. Questi ultimi si svolgono in regime di matching funds, cioè per ogni euro erogato dalla Ue vi è un euro di spesa pubblica da parte del paese destinatario. All’Italia arriveranno, tra il 2014 ed il 2020, fondi comunitari pari a 43 miliardi di euro, ed altrettanti dovranno essere messi dal nostro governo. Metterli a deficit potrebbe dare un aiutino, ma solo se tali fondi avranno impatto elevato in termini di efficacia di sistema sulla crescita.
Il problema di queste iniziative politiche è sempre quello: la definizione di ciò che è “investimento”, ed i relativi margini per giochetti contabili nazionali. L’occasione fa il governo ladro (letteralmente), e ci vuole davvero poco per camuffare spesa corrente in spesa per investimenti. Quindi, ammesso e non concesso che il paese sia in grado di spendere in modo efficace ed efficiente i fondi comunitari (la vera rivoluzione di cui avremmo bisogno), servirebbe comunque una supervisione molto stretta da parte della Ue, ad evitare abusi e frodi contabili. Per ottenere ciò si potrebbe pensare quindi a mettere in campo lo strumento degli accordi di partnership bilaterale, già vagheggiato dalla Merkel.
Solo che la declinazione tedesca di questi accordi era quella di una camicia di forza e di una sorta di “nuovo memorandum”, per niente light, per paesi che non sono in assistenza della Troika, mentre Renzi non si spinge a dettagliare le modalità di controllo ma vuole solo ottenere “flessibilità contro riforme”. (...)

venerdì 7 febbraio 2014

La Pistola Greca Alla Tempia Della Troika (da Phastidio.net)


"(...) Ma che è accaduto, nell’ultimo anno? Per la Grecia, essenzialmente due cose: la prima, che il paese ha di fatto solo debiti verso creditori istituzionali internazionali (Eurozona, Bce e Fmi). In secondo luogo, Atene ha praticamente raggiunto un avanzo primario di bilancio pubblico, cioè incassa ogni anno più di quanto spende, se non si prende in considerazione il servizio del debito.

Il problema resta la sostenibilità del rapporto debito-Pil, che è in continua ascesa a causa della persistenza di deficit pubblico e di una crescita del Pil nominale che continua ad essere inferiore al costo del debito. E questo malgrado l’ultima rinegoziazione di debito con la Troika sia avvenuta a condizioni realmente di favore (leggere qui per credere), con enormi riduzioni del tasso di interesse ed un allungamento delle scadenze di debito. Quella rinegoziazione ha segnato la suprema decisione politica tedesca che nessuno deve uscire dall’Eurozona, perché le conseguenze rischierebbero di essere catastrofiche per l’intera area. Alla fine, vedete che anche i tedeschi ci arrivano, serve solo pazienza.(...)

Solo che, nel frattempo, la Grecia è giunta all’agognato avanzo di bilancio primario, ed è quindi nella condizione teorica di alzarsi una mattina e di andare dalla Troika dicendo di essersi stancata di essere eviscerata. E qui entrano in scena Tsipras ed il suo manifesto. L’idea è quella di chiedere ai creditori (in primo luogo la Ue, o meglio ancora la Germania) una ristrutturazione del debito greco, che ormai non è più posseduto dai privati ma solo da istituzioni internazionali. In caso di diniego la Grecia, che ora ha un avanzo primario, potrebbe agire unilateralmente, a patto di essersi sincerata di avere un sistema bancario che non necessiti di ulteriori ricapitalizzazioni. Perché quella è la chiave di volta. Insomma, pare che gli astri stiano allineandosi a favore della Grecia, almeno in linea maledettamente teorica, perché sarebbe una mano di poker da far tremare le vene ai polsi.

La condotta di Tsipras spingerà a forme di imitazione da parte di Samaras. Anzi, l’imitazione è già iniziata, per molti aspetti, visto che il premier greco ormai non lascia più passare giorno senza ammonire la Troika contro la austerity fatigue che ha colpito la Grecia ed il suo popolo. Ma tra le argomentazioni di Tsipras ce n’è una molto specifica, ed è rivolta alla Germania, che il leader di Syriza considera praticamente l’unico interlocutore (problema per noi italiani, per i motivi che vedremo tra poco).

Tsipras sostiene quello che tutti pensano, in Europa e fuori: l’Eurozona è sinora stata un enorme bonus per la Germania. Bonus miope(...)

Alcune considerazioni a margine: in primo luogo questo è un gambling enorme, ma potrebbe avere le gambe. In secondo luogo, Tsipras “dimentica” che i fondi alla Grecia non sono stati erogati solo dalla Germania: anche il nostro paese è uno dei grandi creditori dell’Eurozona. Alla fine, da un writeoff del debito greco noi italiani usciremmo cornuti e mazziati, non avendo avuto i benefici dei tedeschi ma essendo stati sinora solo pagatori e “fideiussori”, visto che non siamo in assistenza finanziaria ma paghiamo la nostra quota della cordata con cui impiccarci. Terzo punto: come direbbero gli avvertimenti in sovraimpressione in alcune trasmissioni televisive, “non cercate di farlo a casa vostra”. La Grecia potrebbe fare una mossa del genere perché ha solo creditori internazionali. Anche i meno perspicaci tra voi avranno intuito che questo scenario è del tutto differente da quello tafazziano di un default sui nostri Btp. Lo hanno capito anche quelli meno svegli ma non Grillo, ovviamente. Che vuole tagliarsi le gonadi per dispiacere alla moglie (in senso metaforico, s’intende).(...)"

http://phastidio.net/2013/12/04/la-pistola-greca-alla-tempia-della-troika/

domenica 12 gennaio 2014

Dublino, Madrid, Lisbona, Atene: le 4 facce della crisi (F.Goria su Linkiesta)

Segnalo un bell'articolo di Fabrizio Goria sui risultati dell'azione della troika in quattro paesi europei. C'è da riflettere su un fattore: forse gli sforzi "maledetti" della troika funzionano - se e quando funzionano (Goria dettaglia bene le ambiguità e le contraddizioni degli interventi) - anche perché - soprattutto perché - la forza della troika è anche quella di un'entità "esterna" ai compromessi dei paesi "in cura". 

Proprio questo però alimenta la percezione di una "non autonomia" dei paesi, e di una lontananza dei processi decisionali nei momenti di crisi, che però sono i momenti in cui sarebbe necessario far percepire maggiormente che "nessuno rimarrà indietro". 

Nella tensione fra queste due facce della "soluzione" della crisi, vediamo lo spazio che potrebbe esserci per una politica comunitaria europea non di "facile spesa risolvi-tutto", ma di coordinamento e di indirizzo per far capire a tutti i cittadini europei che stiamo diventando una comunità. 

Se ci fosse una comunità politica coesa, forse gli sforzi comuni sarebbero stati diversi, e le sofferenze - e la percezione di solitudine, se non anche di diperazione, dei cittadini - avrebbero potuto essere minori.

FMM

La narrativa delle crisi dell’eurozona è mutata. La sua storia pure. Una lieve ripresa economica, seppur disomogenea e assai fragile, è arrivata e sul fronte finanziario le tempeste vissute fra 2010 e 2012 sono un ricordo. Il 2014 inizia con le quattro storie: due di sostanziale successo, due chiaroscurali ma comunque più positive delle aspettative. Irlanda, Spagna, Portogallo e Grecia sono i Paesi che hanno richiesto un programma di salvataggio alla troika composta da Commissione Ue, Banca centrale europea (Bce) e Fondo monetario internazionale (Fmi). I primi due ne sono usciti, il terzo lo sta per fare e il quarto, nonostante le enormi difficoltà, potrebbe farlo prima del previsto. Quattro nazioni che hanno avuto crisi diverse l’una dall’altra, quattro nazioni per le quali il tunnel della peggiore crisi dal Secondo dopoguerra sta terminando, quattro esempi di come la troika ha agito - ora bene, ora male - per fronteggiare l’emergenza.(...)

Il maggior difetto procedurale della troika in questi anni è stato forse il suo dogmatismo. O meglio la credenza, poi mutata in corsa non senza diversi ritardi sulla tabella di marcia, che si potesse applicare lo stesso modello a tutti i Paesi che hanno chiesto un sostegno finanziario. Le autorità europee, nonostante le pungolature del Fmi, hanno compreso tardi l’entità delle singole crisi sovrane, cercando poi di porre una pezza che molto spesso, vedasi il Psi sulla Grecia effettuato senza un Osi, ha fatto più danni che benefici. Il vento però ha cambiato direzione. L’uscita dai piani di salvataggio da parte di Irlanda e Spagna, e i segnali positivi che arrivano da Lisbona, possono aiutare l’intera eurozona a creare, con il supporto della Bce, una nuova normalità. A patto che non ci si dimentichi che il percorso è ancora lungo e che senza riforme (e sforzi) da parte di tutti i membri dell’area euro il rischio di un collasso potrà tornare a galla. Capito, Italia?

giovedì 8 novembre 2012

L'Europa che non vogliamo


La maggior parte degli ottantamila venuti a protestare contro l’ennesima stangata è arrivata nel primo pomeriggio, ha srotolato gli striscioni e si è unita alle canzoni partigiane cretesi sparate da qualche altoparlante o ha intonato slogan contro il governo. Molti sono al di là della rabbia, sono disperati. Nico Drakotos, 33 anni, non sa come andare avanti. Regge assieme ad altri uno striscione che dice “basta con l’austerità” - ha moglie e un figlio ma non percepisce lo stipendio da settembre. “Mi sono rimasti 15 euro sul conto in banca, come faccio a dare da mangiare a mio figlio?”. Accanto a lui, Caterina Terina, 34 anni e una laurea in ingegneria. Fa parte di quel 25% di greci disoccupati e sta pensando di emigrare in un paese arabo: “Lì c’è tanta richiesta di ingegneri”. È “molto arrabbiata con il governo” ma una delle cose che la preoccupano di più è il successo crescente dei neonazisti di Alba dorata. Lei abita vicino a Agios Pandaleimonas, il quartiere dove il partito di Michaliolakos ha un grande seguito. “I miei vicini di casa - racconta - pensano che siano innocui, anzi, che facciano del bene al popolo. È questo il pericolo: che crescano i movimenti antidemocratici. Sta già succedendo.” 


lunedì 13 febbraio 2012

Cosa ci dice la rabbia dei greci (da laStampa)


Osserviamo con attenzione la Grecia, perché può insegnarci molto. I leader dei due principali partiti politici sono coscienti, d’accordo con il primo ministro tecnico, che altri sacrifici sono inevitabili. Ma la gente non ne può più, perché i sacrifici finora sono stati distribuiti male, e segni di speranza non se ne vedono. Nei nostri tempi, nessuna democrazia era mai stata sottoposta a uno stress simile a quelli da cui nacquero le dittature degli Anni 30.


Vediamo un sistema politico e amministrativo corrotto avvitarsi su sé stesso. Il medico-sindacalista ateniese intervistato ieri da questo giornale sosteneva che i tagli di spesa fanno mancare le medicine negli ospedali. Fino a ieri, peraltro, risultava come prassi corrente rivendere all’estero, dove i prezzi sono più alti, i medicinali acquistati dal sistema sanitario pubblico greco. Non a caso la spesa pro capite per farmaci l’anno scorso è stata oltre il 15% superiore rispetto all’Italia, benché il reddito sia alquanto più basso.

In questo caso come in altri, la corruzione che pervade il sistema scarica tutto il peso dei sacrifici sui più deboli, ovvero su chi non fa parte di una clientela o di una categoria protetta.

Peggio ancora, l’incapacità di toccare i privilegi blocca ogni tentativo di rivitalizzare l’economia. Ai deputati risulta più facile aumentare le tasse a tutti che pestare i piedi a gruppi di interesse compatti. Dopodiché una amministrazione corrotta riesce a riscuotere le maggiori tasse solo dai soliti noti, mentre i furbi se la cavano (portare l’aliquota Iva dal 19 al 23% non ne ha accresciuto il gettito).

Il sindacato dei poliziotti ellenici vorrebbe mettere in galera gli inviati della «troika» (Commissione europea, Bce, Fondo monetario). Eppure a tormentare la «troika» è assai più la mancanza di riforme strutturali. Ad esempio, poco o nulla si è fatto in materia di privatizzazioni, perché i politici non volevano rinunciare a strumenti di potere. E perché mai un Paese in queste condizioni è pronto a tagliare le spese militari solo se «non pregiudicano le capacità difensive»?

Dall’altro lato dello Ionio arrivano a punte estreme fenomeni che ben conosciamo. (...)


Cosa ci dice la rabbia dei greci (di Stefano Lepri, da laStampa)


Leggi anche Boldrin su Linkiesta:

(...) Un paese dove, sino all’altro giorno, le figlie nubili dei dipendenti pubblici ottenevano uno stipendio dal governo e i barbieri vanno in pensione, pubblica e sussidiata, a 50 anni perché maneggiano sostanze pericolose! Impressiona la continua falsificazione della situazione greca sulla stampa italiana “indipendente” mentre persino Claudi Perez, uno dei giornalisti economici spagnoli più quotati ma anche più dichiaratamente schierati a sinistra e vicino al movimento de los indignados, riporta su El Pais che i partners europei si sono stancati oramai delle continue bugie e dei subdoli trucchi dei politici greci e che «Hasta ahora, la métrica del rescate griego ha sido crédito a cambio de promesas».
Perché qui sta il punto: per qualche ragione misteriosa gli italiani sono convinti che in Grecia siano lacrime e sangue, in termini di tagli ed austerità, da decine di mesi, mentre son quasi tutte chiacchere. Come lo stesso Claudi riporta, delle sbandierate multe per evasione fiscale pari a 8,6 miliardi di euro emesse durante gli ultimi due anni, il governo greco è riuscito a farsi pagare sino ad ora ... 80 milioni circa!
L’Italia è di fatto l’unico paese europeo in cui l’opinione pubblica vive nella credenza che la Grecia sia una innocente vittima dei caimani finanziari internazionali per i quali i Merkelzy lavorano (un certo, malinteso, nazionalismo suggerisce ai più di non nominare il nome di Mario Draghi invano ...) e che la Grecia risolverebbe i propri problemi facendo default ed andandosene dall’euro. Vogliano gli dei dell’Olimpo che questo mai succeda e ringrazino Merkel per averglielo impedito.(...)