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martedì 7 maggio 2019

Perché il QE non ha prodotto inflazione (laVoce.info)

"(...) Come nasce allora la “moneta”? In due passaggi, nella cui distinzione logica risiede la ragione per cui a un’espansione di base monetaria non necessariamente segue una pari di moneta.

Nel primo passaggio, se la Bce vuole “creare” una nuova banconota da 10 euro, lo fa acquistando da una banca un titolo del valore di 10 euro. Nel bilancio della banca il titolo è quindi sostituito dalla nuova “base monetaria”. Se la banca decide di tenere quei 10 euro in cassa, quella banconota sarà “riserva bancaria in eccesso” e verrà tesaurizzata per il suo ruolo di riserva di valore (come una qualsiasi altra attività finanziaria) e depositata presso la Bce. Quella banconota non è ancora “moneta” spendibile, ma solo un asset.

La “moneta” si crea nel secondo passaggio: se e quando la banca decide che le conviene di più prestare quella banconota a un privato che la voglia spendere, trasformandola in “circolante” (e sostituendola nell’attivo di bilancio con il prestito concesso), o utilizzarla come leva per espandere il credito creando nuovi “depositi” (nei limiti imposti dai requisiti di riserva obbligatoria). Così quella banconota si riproduce e si moltiplica in nuovi mezzi di pagamento, cioè nuova “moneta” (cosiddetto moltiplicatore della base monetaria). (...)


Non è affatto contro-intuitivo quindi che il Qe non abbia generato una fiammata inflazionistica commisurata all’espansione del bilancio della Bce, ma è anzi in linea con l’evidenza che lega l’inflazione alla crescita della “moneta”, e non della “base monetaria”.

Val la pena sottolineare che l’incentivo a tesaurizzare le “riserve” create con il Qe deriva dal fatto che queste ultime sono prive di rischio non solo nominale (per costruzione) ma anche reale, nella misura in cui è credibile l’impegno della Bce di conservare stabile il valore di scambio di ciascun euro, cioè il livello dei prezzi. Alla credibilità contribuisce il fatto che queste espansioni di base monetaria sono esplicitamente temporanee, per quanto persistenti. In assenza di questo impegno, le banche cercherebbero di liberarsi delle riserve come oggi fanno con le attività rischiose, riversandole nel mercato finanziario, creando moneta, e alimentando inflazione."


https://www.lavoce.info/archives/58941/perche-il-qe-non-ha-prodotto-inflazione/

mercoledì 1 agosto 2012

Una governance ma tante Europe (ilSole24Ore)

Allo stesso tempo, l'Italia dovrebbe accompagnare tale integrazione fiscale e bancaria con un progetto originale e realistico di governo politico dell'Europa dell'euro. Un progetto che tenga presente i cambiamenti radicali intervenuti negli ultimi tre anni nella struttura decisionale dell'Unione, quali l'indiscutibile preminenza decisionale acquisita dal Consiglio Europeo e l'efficace ruolo di controllore di quest'ultimo esercitato dal Parlamento Europeo. di Sergio Fabbrini - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/GQ3UB

giovedì 7 giugno 2012

Disciplina e Solidarietà: il Giusto Scambio

Ripropongo un articolo di Marta Dassù, già segnalato in altro momento (era ancora Presidente in Francia Sarkozy), che ben spiega la partita politica in corso in Europa, lo scambio fondamentale su cui comunque - anche con personaggi parzialmente diversi - dobbiamo discutere oggi.

E' fondamentale che il patto con Berlino sia chiaro, ma anche giusto per tutti i contraenti: deve permettere ossigeno alle economie deboli, ma non deve "svendere" la stabilità monetaria ed economica, che è bene essenziale per tutti noi, non solo per la Germania.

Come già scritto, gli Eurobond - ammesso che funzionino ( e possono funzionare solo con una struttura europea nuova) - o un intervento eccezionale della BCE non devono diventare la Grande Scusa per nuove scelte di spesa fuori controllo.

giovedì 23 febbraio 2012

Se uno Stato non è più sovrano (dal Sole 24 Ore)

Per ottenere tali garanzie, l'Europa entra nel cuore della somma potestà dello Stato, dimostrando che moneta e fisco si sono oramai distaccate dalla sfera delle prerogative esclusive della nazione. È davvero ironico che il capo del partito di estrema destra greca abbia invocato la possibilità per il suo Paese di avere di nuovo accesso ai mercati per finanziarsi, preferendo la durezza impersonale degli investitori stranieri, alla condivisione di sovranità con l'Europa. Il 77% dei cittadini greci non sembra condividere un nazionalismo estraneo alla realtà e chiede di rimanere nell'euro. di Carlo Bastasin - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/PdJ9c

mercoledì 7 dicembre 2011

Serve un freno al potere delle agenzie, di Mario Deaglio (laStampa)

(...) Complotto o non complotto, è giunto il momento di finirla. Se vogliono che l’Europa abbia un futuro, i leader di Francia e Germania che stanno preparando il vertice dell’8-9 dicembre, nel quale sarà progettato, forse con apposite nuove istituzioni, il continente di qui a dieci-vent’anni, non possono permettere che qualcuno li faccia danzare come burattini. Eppure, in questo momento, pressoché tutto il continente è costretto a fare manovre di bilancio sicuramente necessarie ma che avrebbero potuto essere più diluite nel tempo, evitando disagi e sofferenze, sostanzialmente perché lo impongono Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch.

Un’Europa essenzialmente fondata sulla moneta e sui mercati - visto che ha rinunciato a basarsi sui valori - non può nascere se non si sottopongono non solo la moneta ma anche i mercati, a cominciare da quelli finanziari, a regole severe. Le agenzie di rating dovrebbero essere costrette alla periodicità delle analisi e alla regolarità degli annunci e le loro valutazioni dovrebbero limitarsi a parametri finanziari; e qualora non rispettassero queste regole potrebbero essere multate e dovrebbe essere loro impedito di agire. La funzione di valutazione dei titoli potrebbe anche essere affidata a enti pubblici internazionali, come il Fondo Monetario, proprio perché si tratta soprattutto di una funzione pubblica.

Occorre muoversi rapidamente in questa direzione per evitare che il mercato mangi se stesso. Dopo essersi mangiato l’Europa.

giovedì 24 novembre 2011

Lo Strappo Per l'Europa


Ormai la guerra all'euro non risparmia neanche la Germania. Non basteranno gli Eurobond a salvarci, anche se possono essere un primo passo; anche perché Eurobond è una formula che ha molteplici possibilità di realizzazione; senza un coordinamento politico chiaro, senza regole definite, titoli di debito pubblico europeo non aiutano a cambiare il segno rosso dell'economia comunitaria. Anzi, per certi aspetti, potrebbero svelare con più durezza i limiti della nostra "moneta senza Stato".

A questo punto non rimane che lo "strappo costituzionale" della BCE, di cui si è già parlato in precedenti post e a cui si riferiscono Giavazzi e Alesina sul Corriere di oggi; ma la responsabilità di questa decisione non può essere lasciata al solo Mario Draghi.

Lo si è già detto: i leader europei devono fornire l'avvallo politico, e ci deve essere un impegno, perché questo "vulnus" non diventi la Grande Scusa per affossare i tentativi di razionalizzazione della spesa, comunque necessari e non alternativi a un'idea forte di rilancio dell'economia europea.

Per questo il maggior cordinamento fiscale chiesto da Berlino è comunque importantissimo.

Il tempo che rimane è pero poco: per dirla con il titolo del Sole24Ore di qualche giorno fa, Fate Presto! Facciamo Presto!

Francesco Maria Mariotti

(...) A questo punto c'è un solo modo per salvare l'euro: un intervento forte della Bce. È una soluzione molto problematica, cui si è giunti a causa dell'irresponsabilità di governo dopo governo in parecchi Paesi europei, compreso il nostro. Ma a questo punto non vi è altra soluzione. Intervenire sui flussi, ad esempio cominciando a emettere eurobond, cioè titoli garantiti dall'Ue, anche se fosse possibile agirebbe troppo lentamente. 



Bisogna intervenire sugli stock: agire sui flussi non basta più. La Bce può acquistare quantità illimitate di titoli riducendo la volatilità e riportando i rendimenti ai livelli pre-crisi. Non di tutti i Paesi, solo di quelli, come Italia e Spagna, che non sono insolventi. In realtà basterebbe che la Bce annunciasse l'intenzione di stabilizzare i rendimenti a un determinato livello: di acquisti veri e propri ne dovrebbe fare pochi.

Molti dicono che questo è il peccato originale dell'euro: non avere una banca centrale che si comporta come la Federal Reserve americana. Ma la differenza è che la Fed non compra i titoli emessi dagli Stati (dal Texas, o dalla California), solo quelli del governo federale. Non solo, ma la grande maggioranza degli Stati americani ha un vincolo di bilancio in pareggio. Titoli federali in Europa non esistono perché non esiste un ministro del Tesoro dell'Eurozona e i Paesi europei possono emettere debito a piacimento, senza tener conto dei costi per l'Unione nel suo complesso. 

L'Ue, attraverso la Commissione, ha poteri esecutivi in due sole aree: la politica della concorrenza e quella monetaria. In ogni altra area le decisioni richiedono l'accordo dei governi. Per salvare l'euro occorre estendere i poteri esecutivi dell'Ue alla politica di bilancio, non alle singole misure o al mix fra spesa e imposte, che deve rimanere prerogativa dei parlamenti nazionali, ma ai conti pubblici aggregati: evoluzione del debito e saldi di bilancio. Certo, è una rivoluzione, e ci rendiamo conto che è necessario cambiare i trattati europei, ma a questo punto è la sola via per salvare l'euro e i 60 anni che abbiamo dedicato a costruire l'Europa.



(...) L’alternativa a un break-up della moneta unica che avrebbe costi enormi per tutti, Germania inclusa, è quindi uno “scambio” preciso: disciplina di bilancio da parte dei paesi in debito o in deficit; accettazione tedesca della solidarietà fiscale, attraverso un ruolo attivo della BCE come garante ultima dei debiti europei e attraverso strumenti come gli Eurobonds. Visti i vincoli di politica interna della Germania, l’intervento della Banca centrale europea sui mercati dei titoli di Stato avverrà nei fatti: l’unica intesa possibile è un’intesa pragmatica – già anticipata dalle prime mosse di Mario Draghi.
Come è accaduto altre volte in passato, l’Italia si trova in posizione-chiave negli equilibri europei. Non solo perché la riforma di una delle principali economie dell’euro è cruciale per la credibilità del fronte dei “debitori”. Ma anche perché Mario Monti ha l’autorevolezza personale per mettere sul tavolo un trade-off del genere. Va aggiunta una nota importante. L’inclinazione italiana non è di trasformare la coppia asimmetrica “Merkozy”  in un triangolo “Merkomonti”: è di recuperare, attraverso la leadership delle economie principali, il peso delle istituzioni comuni - che garantiscono tutti. (...)



(...) Ci sono forti pressioni sulla Bce perché compri più bond sovrani.

Veniamo ai fatti: la Bce è stata ed è un elemento essenziale di stabilizzazione. È intervenuta in modo massiccio e lo fa ancora sui mercati dei titoli, svolgendo una funzione che a stretto rigore è fuori dal suo mandato. Inoltre sta fornendo liquidità illimitata al sistema dei pagamenti e al mercato monetario e bancario. Li sta, di fatto, tendendo in piedi. Ci vorrebbe invece un Fondo monetario europeo che desse soldi ai Paesi in cambio di determinate condizionalità».


Infatti Draghi ha invitato i governi a completare l’Efsf.
«Draghi ha ragione. Ma per essere efficace il fondo salva-Stati deve avere un ammontare di risorse credibile: questo può calmare i mercati. È successo con Lehman Brothers, può funzionare anche qui. Invece l’equivoco è: se ci mettiamo i soldi, qualcuno ne approfitta. Ma l’obiettivo è salvare l’euro!». (...)