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martedì 1 dicembre 2020

Perché Qe e monetizzazione del debito non sono sinonimi (Tommaso Monacelli, laVoce.info)

"Quantitative easing e monetizzazione del debito sono profondamente diversi per natura e obiettivi. E soprattutto il secondo porterebbe alla perdita di uno dei beni pubblici più importanti dell’Europa di oggi: l’indipendenza della banca centrale.

(...)

Immaginiamo una banca centrale che si impegni oggi ad acquistare ogni nuova emissione di debito dello stato. Così facendo, rinuncia completamente a gestire la quantità di moneta emessa nel sistema economico. Gli agenti capirebbero facilmente che la banca centrale non avrebbe l’autonomia operativa, ad esempio, per contrarre la quantità di moneta in circolazione quando l’economia esibisse spinte inflazionistiche. Quindi, nel regime di finanziamento monetario, non solo la banca centrale alimenterebbe l’effetto inflazionistico di maggiore spesa pubblica, ma quell’effetto verrebbe amplificato dal lievitare delle aspettative di inflazione.

L’indipendenza delle banche centrali

La teoria economica ha compreso molto bene il punto e non è un caso che la conduzione della politica monetaria sia stata negli ultimi decenni svincolata da quella della politica fiscale. L’idea chiave dell’indipendenza della banca centrale ha posto le basi – nei paesi avanzati, ma gradualmente anche in molti paesi in via di sviluppo – per una riduzione permanente del livello di inflazione rispetto agli alti e costosi livelli degli anni Ottanta e Novanta. Una lezione che pare dimenticata.

Oggi è infatti molto diffusa l’idea che le recenti politiche di acquisto di titoli di stato da parte della Banca centrale europea (il cosiddetto Quantitative easing) equivalgano a un finanziamento monetario del debito. Per giunta, si dice, senza che abbia dato alcun segno di incremento dell’inflazione in Europa. Il finanziamento monetario del debito sarebbe dunque possibile senza alcun costo inflazionistico.

In realtà, il Qe è cosa ben diversa dal finanziamento monetario del debito. Mentre il secondo consiste in un impegno permanente ad acquistare i titoli di stato emessi dallo stato (e a tenerli sul proprio bilancio), il primo ha per costruzione una natura temporanea. Nessuna banca centrale che abbia operato con il Qe negli ultimi anni ha mai segnalato, in alcun modo, che i titoli di stato acquistati sarebbero stati mantenuti sul bilancio in via permanente. È un aspetto cruciale, eppure sempre ignorato nel dibattito comune. Non è un caso che la Bce non abbia mai preso alcun vincolo ad acquistare titoli di stato dei paesi europei precludendosi la possibilità di rivenderli (seppur gradualmente) in futuro. In altre parole, la banca centrale utilizza il Qe come strumento non convenzionale di politica monetaria in un quadro di piena autonomia dalla politica fiscale. Autonomia, cioè, di decidere in futuro di rivendere quei titoli per regolare la massa monetaria in circolazione quando l’inflazione dovesse ricominciare a crescere. La stessa cosa vale per il Giappone, spesso indicato come esempio virtuoso in cui la banca centrale sta acquistando quote crescenti del debito pubblico. (...)

La natura e l’obiettivo del Qe sono profondamente diversi da un regime di monetizzazione del debito. Con il Qe l’obiettivo della banca centrale è di raggiungere un rialzo graduale, ma contenuto, dell’inflazione, in linea con il target. Mantenendo l’autonomia di regolare la massa monetaria in futuro quando l’inflazione dovesse ricominciare a crescere. La monetizzazione del debito non porterebbe ad altro, prima o poi, che a una perdita di controllo sull’andamento dell’inflazione (una tassa regressiva che colpisce innanzitutto i più poveri). E soprattutto porterebbe alla perdita di uno dei beni pubblici più importanti che l’Europa possiede oggi: l’indipendenza della banca centrale."

https://www.lavoce.info/archives/71021/perche-qe-e-monetizzazione-del-debito-non-sono-sinonimi/

lunedì 10 giugno 2019

BCE: Draghi oltre Draghi (ilSole24Ore)

"(...) C’è dunque molto Draghi, e molto a lungo, nel dopo-Draghi. La transizione tra il vecchio e il nuovo presidente si preannuncia morbida, per non aumentare le incertezze già tante e «prolungate». Il condizionale resta però d’obbligo: i mercati sanno bene che molto, tutto, dipenderà dalla voglia del nuovo presidente di aprirla, quella cassetta degli attrezzi molto fornita, e del suo gradimento verso questo o quello strumento. (...)"

https://mobile.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2019-06-09/bce-draghi-oltre-draghi-cosa-restera-di-questi-8-anni-a-francoforte/AC5QC6O#Echobox=1560113697

martedì 7 maggio 2019

Perché il QE non ha prodotto inflazione (laVoce.info)

"(...) Come nasce allora la “moneta”? In due passaggi, nella cui distinzione logica risiede la ragione per cui a un’espansione di base monetaria non necessariamente segue una pari di moneta.

Nel primo passaggio, se la Bce vuole “creare” una nuova banconota da 10 euro, lo fa acquistando da una banca un titolo del valore di 10 euro. Nel bilancio della banca il titolo è quindi sostituito dalla nuova “base monetaria”. Se la banca decide di tenere quei 10 euro in cassa, quella banconota sarà “riserva bancaria in eccesso” e verrà tesaurizzata per il suo ruolo di riserva di valore (come una qualsiasi altra attività finanziaria) e depositata presso la Bce. Quella banconota non è ancora “moneta” spendibile, ma solo un asset.

La “moneta” si crea nel secondo passaggio: se e quando la banca decide che le conviene di più prestare quella banconota a un privato che la voglia spendere, trasformandola in “circolante” (e sostituendola nell’attivo di bilancio con il prestito concesso), o utilizzarla come leva per espandere il credito creando nuovi “depositi” (nei limiti imposti dai requisiti di riserva obbligatoria). Così quella banconota si riproduce e si moltiplica in nuovi mezzi di pagamento, cioè nuova “moneta” (cosiddetto moltiplicatore della base monetaria). (...)


Non è affatto contro-intuitivo quindi che il Qe non abbia generato una fiammata inflazionistica commisurata all’espansione del bilancio della Bce, ma è anzi in linea con l’evidenza che lega l’inflazione alla crescita della “moneta”, e non della “base monetaria”.

Val la pena sottolineare che l’incentivo a tesaurizzare le “riserve” create con il Qe deriva dal fatto che queste ultime sono prive di rischio non solo nominale (per costruzione) ma anche reale, nella misura in cui è credibile l’impegno della Bce di conservare stabile il valore di scambio di ciascun euro, cioè il livello dei prezzi. Alla credibilità contribuisce il fatto che queste espansioni di base monetaria sono esplicitamente temporanee, per quanto persistenti. In assenza di questo impegno, le banche cercherebbero di liberarsi delle riserve come oggi fanno con le attività rischiose, riversandole nel mercato finanziario, creando moneta, e alimentando inflazione."


https://www.lavoce.info/archives/58941/perche-il-qe-non-ha-prodotto-inflazione/

lunedì 18 agosto 2014

Per Uscire Dalla Crisi

Tracce di un percorso di uscita dalla crisi.

1.creazione di un ministero economia federale europeo

2. Emissione eurobond subordinati a un programma di riforme comuni agli stati nazionali

3.mix di investimenti pubblici e privati su programmi definiti a livello comunitario

4.temporaneo Qe da parte Bce al fine di dare tempo agli stati di fare riforme

5.creazione area libero scambio con Stati Uniti

6.accordi multilaterali su argomenti definiti fra Usa, Europa e Cina, comprensivi di una comune politica monetaria

venerdì 9 maggio 2014

Perché Draghi Aspetta Giugno

Nel corso della conferenza stampa che tradizionalmente segue l'annuncio sui tassi, il presidente della Bce Mario Draghi ha confermato le previsioni già fatte dall'Eurotower sulla ripresa europea, spiegando che i tassi attuali, o eventualmente più bassi, sono destinati a restare per un periodo «prolungato» di tempo. Confermate la previsioni sull'inflazione destinata a restare bassa e a crescere in maniera molto modesta
 
con un'analisi di Riccardo Sorrentino - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/p8NXH
  
Perché aspettare? I rischi geopolitici sono stati ancora una volta citati dalla Bce, insieme all'euro e nello stesso contesto, come un fattore di preoccupazione. Gli effetti di un'escalation della crisi in Ucraina – ma anche, ha detto Draghi, di un peggioramento dell'attività economica in Russia o di un effetto eccessivo delle sanzioni – potrebbero manifestarsi in due modi diversi: attraverso una riduzione della domanda, che potrebbe colpire i paesi di Eurolandia con un ampio interscambio con la Russia e l'Ucraina, o attraverso un aumento dei prezzi
 
analisi di Riccardo Sorrentino - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/1iKoq
 
La politica delle aspettative rappresenta il meccanismo cruciale per governare la trasmissione della politica monetaria, soprattutto in una fase storica come questa, in cui una profonda recessione economica ha seguito una grave crisi finanziaria. Il mix tra crisi finanziaria sistemica e recessione economica - chiamiamola recessione sistemica - è micidiale. Guardando alla storia, le recessioni sistemiche hanno finora colpito in 63 casi Paesi avanzati ed in 37 casi Paesi emergenti. Tra le 35 peggiori recessioni sistemiche, sono già entrate in classifica cinque casi della recente crisi: Grecia, Irlanda, Islanda, Italia e Ucraina. Inoltre, quando la crisi è grave, nel 66% dei casi vi è una ricaduta recessiva. Dunque durante una recessione sistemica - come l'attuale - il meccanismo delle aspettative rischia di essere particolarmente delicato. Sbagliare il messaggio di politica monetaria può essere molto dannoso. L'annuncio di politica monetaria diventa una pallottola d'argento; non va sprecata.
 
di Donato Masciandaro - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/11BLFY

venerdì 4 aprile 2014

Il Quantitative Easing Della BCE


A questo link trovate il testo della conferenza stampa di Mario Draghi


La Bce, per ora, spiega solo che deve pensarci ancora. Eurolandia, ha spiegato Draghi, è un sistema economico molto dipendente dalle banche e questo impone di disegnare bene il suo quantitative easing, che non potrà essere analogo a quello degli Stati Uniti. Negli Usa, gli acquisti di titoli finanziari ha un effetto diretto sull'economia reale perché la maggior parte dei finanziamenti alle imprese passa attraverso il mercato finanziario. Nell'Unione monetaria c'è invece il filtro delle banche, che ha reso utili a metà le maxi iniezioni di liquidità del 2011 e 2012. Non può essere un caso se, rispondendo a una domanda sulle specificità di un quantitative easing Bce, Draghi ha subito fatto riferimento all'Asset quality review, l'esame degli attivi delle banche.
 
di Riccardo Sorrentino - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/DiUe5
 
Le dichiarazioni degli ultimi giorni non devono però far pensare che l'uso del Qe sia imminente. Anzi tutto, il presidente della Bce, Mario Draghi, ha precisato ieri che l'uso della politica monetaria convenzionale, quindi il taglio dei tassi d'interesse, non è esaurito. Il che farebbe pensare che la Bce voglia battere questa strada prima di imbarcarsi in decisioni molto più controverse come il Qe. Non è un caso che alla vigilia del consiglio, due economisti tedeschi ortodossi, Michael Heise di Allianz, e Jörg Kraemer, di Commerzbank, siano intervenuti separatamente per contestare questa opzione. Non c'è dubbio che, nonostante il cambio di atteggiamento della Bundesbank (peraltro con molte condizioni e puntualizzazioni), il Qe resti politicamente esplosivo in Germania.
 
di Alessandro Merli - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/dmjec
 
C'è un'altra opzione: la Bce potrebbe attuare la politica monetaria ultra espansiva acquistando titoli pubblici a massima sicurezza (Tripla A), emessi da Paesi non appartenenti all'Unione monetaria (Australia, Canada, Norvegia, Svezia, Svizzera, Regno Unito). La manovra avrebbe un impatto fiscale nullo sui Paesi dell'Unione, ed in più avrebbe un effetto collaterale da molti gradito: spingere verso il basso il tasso di cambio dell'euro. L'espansione monetaria non avrebbe però l'impatto ravvicinato con le emittenti privati. Le due opzioni - titoli privati o titoli pubblici non Euro - potrebbero peraltro essere complementari, sommando i potenziali vantaggi.
 
di Donato Masciandaro - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/Dya0J