Un articolo interessante dell'Huffington Post sul reale impegno degli italiani nelle operazioni in Libia. E' un po' inusuale che un generale parli nei termini che leggiamo, con il rammarico per non aver potuto dire agli italiani quale era il reale contributo dei nostri soldati alla guerra, "per evitare strumentalizzazioni" (forse non spetterebbe a un esponente dell'esercito fare questo tipo di valutazioni, ma oggi in tutte le democrazie c'è un'esposizione maggiore dell'esercito, anche in termini di "pubbliche relazioni" e il confine tra dichiarazione "tecnica" e "politica" è sempre meno netto).
Comunque personalmente non mi stupisco che vi sia stata "riservatezza" sul nostro effettivo impegno nella guerra in LIbia.
Come già detto più volte per altre situazioni, le operazioni belliche rappresentano sempre un punto problematico di "gestione delle notizie" per le democrazie. Invito quindi a valutare con freddezza quanto qui viene riportato, e a non "scandalizzarsi" se ci sono state "nascoste" operazioni belliche.
Collochiamo queste dichiarazioni nello scenario complessivo di un intervento che fin dall'inizio è stato (usiamo un eufemismo) "strano", e - per noi in particolare - molto "difficile".
Francesco Maria Mariotti
I bombardamenti dei caccia italiani sulla Libia sono stati tenuti nascosti per motivi politici. L'ammissione viene da una fonte particolarmente qualificata, lo stesso capo di stato maggiore dell'Aeronautica Militare, il generale Giuseppe Bernardis, che attribuisce questo deficit di comunicazione alla "situazione critica di politica interna" in cui viveva allora il Paese.
Bernardis presenta nel pomeriggio un libro edito dalla Rivista Aeronautica - "Missione Libia 2011. Il contributo dell'Aeronautica Militare" - in cui finalmente si racconta tutto di quella missione. E non ha peli sulla lingua. Negli oltre sette mesi di guerra in Libia, dal 19 marzo al 31 ottobre 2011, "è stata fatta un'attività intensissima - racconta - che è stata tenuta per lo più nascosta al padrone vero dell'Aeronautica Militare, che sono gli italiani, per questioni politiche, per esigenze particolari. C'erano dei motivi di opportunità, ci veniva detto, e noi chiaramente non abbiamo voluto rompere questo tabù che ci era stato imposto. Questo è il motivo per cui questo volume esce solo adesso, un anno dopo".
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