giovedì 15 novembre 2012

Israele - Gaza: guerra "elettorale" o messaggio all'Iran?


La guerra di Bibi può al massimo confermare gli elettori attuali, ma certamente non gli consentirà di conquistarne di nuovi. Senza contare gli aspetti veri e propri di merito militare: Hamas negli ultimi undici anni ha lanciato verso Israele qualcosa come 12.000 razzi, e l’operazione ha lo scopo dichiarato di eliminare tale capacità d’attacco. Se il governo israeliano ha ritenuto necessario colpire Hamas, lo ha fatto aspettando che terminassero le elezioni americane, per evitare eccessivi imbarazzi al nuovo presidente – chiunque egli fosse stato.
Alla fine, i motivi esteri sembrano prevalere su quelli elettorali domestici. L’operazione «Pillar of Defence» è un ballon d’essai per dare una svolta agli eventi mediorientali, e in particolare per rendere chiaro all’Iran il fatto che la condiscendenza americana verso i piani nucleari sta cambiando. C’è una prova assoluta di questo: il Dipartimento di Stato americano mercoledì ha emanato un comunicato in cui si attribuiva ad Hamas l’intera responsabilità del conflitto. Le parole esatte sono state: «Sosteniamo il diritto d’Israele di difendersi, e incoraggiamo Israele a intraprendere qualsiasi iniziativa per evitare vittime civili». Finalmente – sospirano a Gerusalemme Ovest – Obama ha preso posizione in favore d’Israele.
Leggi il resto: Stefano Casertano su Linkiesta

Evidentemente, una rappresaglia così violenta in questo momento, rende il quadro regionale ancora più teso, come se non bastasse la guerra civile siriana con il rischio che essa contagi il Libano e intacchi il già precario equilibrio giordano. Ed è appena il caso di accennare al fatto che l’omicidio di 9 persone a Gaza non potrà che costringere lo stesso Morsi ad assumere una posizione molto dura nei confronti del governo di Tel Aviv. Si tratta cioè di un vero e proprio regalo fatto alla componente più radicale dei Fratelli Musulmani (di cui Hamas è una lontana filiazione) e dei salafiti. Tutto questo proprio nel momento in cui il presidente Obama sembrava intenzionato a proseguire nella coraggiosa e cauta apertura di credito verso il regime egiziano, proprio allo scopo di concorrere alla stabilizzazione dell’intera regione. La cosa più triste, pensando alla tradizione democratica di Israele e alla straordinaria levatura morale di tanti dei suoi intellettuali, è dover prevedere che questo attacco sarà probabilmente interpretato dalle opinioni pubbliche arabe come una risposta indiretta alle «primavere» di questi due anni. Il fatto, sottolineato da tutti i commentatori, che esse avessero sostanzialmente disertato i più consueti «luoghi» dell’odio anti-israeliano, rischia di diventare solo un ricordo.

Ma c'è un precedente, anche per il tipo di operazione che l'esercito israeliano sta realizzando: l'operazione Piombo Fuso di quattro anni fa. Anche allora, l'Idf aveva intrapreso un assalto su Hamas, presentato pubblicamente come destinato a ripristinare la tranquillità a Sud. Ma anche se la pianificazione militare era stata esemplare, il campo di applicazione dell'operazione non sembrava essere stato pienamente determinato da quelli che lo avevano programmato.
L'esercito israeliano pensava di ferire Hamas o di estromettere Hamas? Lo stesso Idf non lo sapeva, perché i suoi amministratori politici - in particolare il ministro della difesa Ehud Barak - vacillavano. E mentre l'operazione si svolgeva in tre settimane d'inverno, la mancanza di chiarezza diveniva evidente, e dannosa.
Due anni prima, l’incertezza dei capi politici sugli obiettivi militari aveva avuto ripercussioni ancora più gravi nei 34 giorni della seconda guerra del Libano. Con un primo ministro inesperto come Ehud Olmert, e un non adatto ministro della difesa Amir Peretz, così un'operazione limitata si è trasformata in una vera e propria guerra, con conseguenze prevedibilmente tristi.
Barak ha detto mercoledì che gli obiettivi dell'operazione Pillar of Defense servivano a sostenere la capacità deterrente di Israele, ad attaccare le infrastrutture di lancio dei razzi, a danneggiare gravemente le cellule terroristiche di Gaza e a ridurre gli attacchi contro i cittadini di Israele. Obiettivi lodevoli, naturalmente, che la maggior parte degli israeliani avrebbe facilmente condiviso. Ma piuttosto vaghi, troppo.
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