giovedì 30 gennaio 2014

La Democrazia E' Conflitto (+ Rassegna stampa su "quote" Banca d'Italia)

Oggi (ieri, oramai, a essere precisi), Enrico Mentana ha detto durante il suo telegiornale che alla Camera non si erano mai viste scene come quelle che hanno posto in essere i cosiddetti "grilllini". Questa sera si è anche saputo dell'occupazione dell'aula della prima commissione, con impedimento al lavoro dei parlamentari. 

L'atteggiamento dei deputati grillini è sicuramente eccessivo e discutibile, e ci sono gli strumenti regolamentari per eventualmene punire i deputati che hanno esagerato; personalmente sono lontano anni luce da quel movimento, e rimango dell'idea che la stabilità sia un valore primario - oggi - per l'Italia, e in questo senso appoggio - pur con molti dubbi - il governo Letta.

Detto ciò, non è il caso di alzare eccessivamente i toni, nel giudicare e reagire alle "prepotenze" del movimento grillino. Credo che tutti ricordiamo scene "pesanti" in Parlamento; fa parte delle dinamiche anche dure che possono esserci fra maggioranza e opposizione. 

C'è comunque una cosa che una qualsiasi maggioranza democratica non può fare: pretendere di dettare alla minoranza come deve fare la minoranza, come deve fare opposizione. Non può. Anche se la minoranza utilizza metodi e stile discutibili.

Certo, devono esserci regole - come quella oggi richiamata dalla Presidente Boldrini - con le quali riuscire a sbloccare l'impasse parlamentare; certo, come si dice spesso, la nostra deve essere una democrazia "che decide", e quindi a un certo punto "meccanismi - tagliola" sono inevitabili.

Però - soprattutto in un momento storico come quello attuale, e ancor più in una fase delicata come quella in cui si dicute di nuove norme elettorali - non ci si può scandalizzare se una forza politica che ha sempre detto di fare opposizione dura la fa poi realmente. 

Altrimenti - al di là delle migliori intenzioni - si rischia di assomigliare a quei leader politici che dicono alle opposizioni: "Lasciateci lavorare", "Non disturbate il manovratore", e via così dicendo... 

No, spiacente. Democrazia è conflitto, anche nelle sedi del dibattito (anzi, forse deve esserlo soprattutto lì, anche per "evitare" e "assorbire", diciamo così, il conflitto fra i cittadini...). 

Meglio non dimenticarlo.

Francesco Maria

ps: sul problema delle "quote" di Banca d'Italia alcuni articoli di approfondimento

(...) L’assetto azionario della Banca va però rivisto, per almeno tre ragioni. In primo luogo, i processi di concentrazione avvenuti negli ultimi anni hanno accresciuto la percentuale del capitale della Banca detenuta dai gruppi bancari di maggiori dimensioni. Ciò non ha creato problemi di sostanza, grazie alle norme che limitano i diritti dei partecipanti, ma è necessario evitare la possibile (erronea) percezione che la Banca possa essere influenzata dai suoi maggiori azionisti.
In secondo luogo, occorre evitare che si dispieghino gli effetti negativi della legge n. 262 del 2005, mai attuata, che contempla un possibile trasferimento allo Stato della proprietà del capitale della Banca. L’equilibrio che per anni ha assicurato l’indipendenza dell’Istituto, preservandone la capacità di resistere alle pressioni politiche, non va alterato.
In terzo luogo, è necessario modificare le norme che disciplinano la struttura proprietaria per chiarire che i partecipanti non hanno diritti economici sulla parte delle riserve della Banca riveniente dal signoraggio, poiché quest’ultimo deriva esclusivamente dall’esercizio di una funzione pubblica (l’emissione di banconote) attribuita per legge alla banca centrale.(...)
Il modo più ovvio per ridurre la concentrazione dei partecipanti al capitale della Banca consiste nell’introduzione di un limite massimo alla percentuale di quote detenibili da ciascun soggetto, ampliando al tempo stesso la base azionaria. A tal fine, le quote dovrebbero essere facilmente trasferibili e in grado di attrarre potenziali acquirenti (investitori istituzionali con un orizzonte di lungo periodo).
Per raggiungere questi obiettivi è necessario: i) calcolare il valore corrente delle quote della Banca; ii) aumentare il valore del capitale della Banca (al momento puramente simbolico), trasferendo una parte di riserve a capitale; iii) attribuire ai partecipanti un flusso futuro di dividendi, il cui valore attuale netto sia pari al valore corrente stimato delle azioni della Banca (ponendo contemporaneamente fine a ogni eventuale pretesa sulle riserve statutarie); iv) fissare un limite
massimo alla quota di capitale detenibile da una singola istituzione o gruppo, stabilendo un intervallo temporale entro il quale cedere obbligatoriamente le quote eccedenti.(...)



La rivalutazione delle quote della Banca d'Italia continua a essere uno dei punti più spinosi per Il Tesoro. Una mossa che permetterà agli istituti di credito italiani di avere una posizione migliore rispetto a quella odierna nella prossima Asset Quality Review della Banca centrale europea. Potranno infatti avere più capitale a disposizione per affrontare la sorta di due diligence che sarà condotta nei prossimi dodici mesi. Allo stesso tempo, potranno godere di agevolazioni, come quelle sui dividendi. Un atteggiamento, quello tenuto dal Tesoro, che però continua a impensierire sia Commissione europea sia Bce, che stanno studiando le possibili implicazioni della misura. Mario Draghi ha spiegato oggi 5 dicembre che il consiglio direttivo della Bce non ha ancora stilato un parere in merito, mentre il Senato ha dato disco verde al decreto nonostante la bocciatura di ieri da parte della commissione Affari costituzionali.


Quello che il governo propone è che il valore nominale di queste quote sia rivalutato. Dagli attuali 156 mila euro a un valore che oscilla fra i 5 e i 7 miliardi. Fatta la rivalutazione, le banche potrebbero iscrivere a bilancio il valore rivalutato delle quote generando quindi una plusvalenza finanziaria complessiva che andrebbe dai 4 ai 6 miliardi. Plusvalenza che sarà tassata come una normale plusvalenza finanziaria. Meccanismo semplice e redditizio: con un tratto di penna il governo potrebbe alla fine recuperare circa 1-1.5 miliardi (il gettito derivante dall’imposta sulla plusvalenza), utilissimi a far quadrare i conti. Assumere una rivalutazione compresa fra i 5 e i 7 miliardi non è ipotesi di scuola. Il comitato di esperti nominati dal governo per portare avanti la rivalutazione - esperti di indubbia caratura accademica se vi compare il rettore della Bocconi Andrea Sironi insieme a Franco Gallo e Luca Papademos (qui il link al rapporto) - ha individuato tale forchetta come valore congruo per le quote di Banca d’Italia. A prima vista potrebbe sembrare che saranno gli istituti di credito a pagare per le promesse del governo di larghe intese. Non è così purtroppo.


A giorni la commissione di esperti incaricati di valutare il patrimonio di Banca d’Italiaconsegnerà il suo rapporto al governatore Ignazio Visco. Ma i principali protagonisti della cosiddetta Cabina di Regia hanno già fatto i loro calcoli e  contano su questa operazione per finanziare nuove spese o riduzioni di tasse senza coperture. Vediamo prima di cosa si tratta e poi perché è un’operazione molto pericolosa, in cui le banche che detengono quote di Banca d’Italia e il Governo possono colludere ai danni dei contribuenti.
Le banche italiane che un tempo facevano parte del settore pubblico allargato detengono ancora il 94,33 per cento del capitale di Banca d’Italia. Solo il 5 per cento è proprietà di enti pubblici come Inps e Inail. È un retaggio del passato, che risale all’epoca delle banche d’interesse nazionale. Per quanto non abbiano mai consentito a queste banche, poi divenute private, la benché minima possibilità di incidere sugli indirizzi di vigilanza, né su qualsiasi altro aspetto dell’attività della Banca d’Italia, sarebbe opportuno, prima o poi, trasferire le quote ad enti pubblici oppure a una fondazione creata ad hoc, come in Francia. Del resto è lo stesso statuto di via Nazionale a contemplare che la Banca debba essere di proprietà pubblica. Ed è difficilmente immaginabile una banca nazionale posseduta da soggetti privati stranieri, quali sono già alcuni istituti bancari che detengono le quote e, presumibilmente, altri ancora lo saranno alla luce dei processi di aggregazione in atto a livello continentale dopo la crisi. Ma a che prezzo si può organizzare il trasferimento?

Nessun commento:

Posta un commento