L’articolo del Wsj dice: nelle ultime otto settimane, dall’11 settembre, tutta la colpa di quanto è successo a Bengasi è caduta addosso al dipartimento di stato, tanto che a ottobre il segretario, Hillary Clinton, per deflettere le critiche dure che minacciano il presidente Barack Obama impegnato nella rielezione, s’è presa “tutta la responsabilità per i buchi nella sicurezza”. In realtà, spiega il Wsj, c’era un accordo segreto tra la Cia e il dipartimento di stato: erano i servizi a essere responsabili della sicurezza a Bengasi e quindi anche della protezione dell’ambasciatore Chris Stevens. Anzi, il consolato di Bengasi era in realtà poco più di una facciata di comodo per le operazioni della Cia, che era sul posto fin dalla prima fase della rivoluzione anti Gheddafi nel febbraio 2011. La notte della strage – scrive il Wsj informato sui fatti – dei trenta americani portati in salvo soltanto sette erano del dipartimento di stato; gli altri erano tutti agenti della Cia, alcuni con un passaporto diplomatico di copertura. L’intelligence americana lavorava in un edificio distante poco più di un chilometro, conosciuto come “the annex”, che era il vero centro delle attività americane nella zona e l’ambasciatore e i suoi non erano arrivati con una scorta grande perché in caso di problemi il patto era che sarebbero intervenuti i dieci uomini della squadra armata della Cia. “Loro dovevano essere la cavalleria”, dice una fonte dell’Amministrazione ai reporter del Wsj, e se non ci fossero stati il dipartimento di stato non avrebbe lasciato che l’ambasciatore si recasse con una protezione così debole a Bengasi. Quando l’attacco di terroristi, lo scenario peggiore, è arrivato, gli uomini della Cia non hanno salvato Stevens.
"Una simile pace dovrebbe permettere a tutti gli uomini di navigare senza impedimenti oceani e mari." (Carta Atlantica, 14 agosto 1941)
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