Con i recenti sviluppi l'Italia rischia di tornare nella scomoda posizione - nonostante gli sforzi fatti - di "Paese a rischio": considerazione ingiustificata dai fondamentali, come ha ben detto Mario Monti, ma "comprensibile" guardando alle difficoltà di un'ipotesi di scenario post-voto quanto mai incerto, sia per scadenza che per esiti.
Non è elegante citarsi, ma temo possa essere utile ripetere quanto detto in passato, in agosto (pur sperando in un diverso scenario): "(...) L'impasse però c'è e deriva dal timore che i passi avanti di questo periodo vengano dilapidati da due fattori: campagna elettorale confusa e/o inutilmente conflittuale, ed elezioni non risolutive. Da questo punto di vista l'unica possibilità di rassicurare i cittadini e i mercati che gli sforzi di questi mesi non siano vanificati da poche settimane di impazzimento politico passa per una strada molto stretta: la richiesta di aiuto alla BCE e la firma del relativo "memorandum".(...)"
Temo che non ci sia molto altro da dire, se non ribadire che l'alternativa non è più (se lo è mai stata) fra chiedere l'aiuto e non chiederlo, ma fra chiederlo noi autonomamente - a breve, prima delle elezioni, gestendo (in qualche modo "autogestendo" con la BCE, in realtà) il relativo memorandum - e vedercelo imporre (magari non subito, magari dopo le elezioni), sicuramente con condizioni molto più gravi e pesanti.
Cosa scegliamo?
Francesco Maria Mariotti
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