Per quanto comprensibile sia la posizione della Turchia, la Nato non può farsi trascinare da Erdogan in un'avventura che rischia di infiammare il Medio Oriente con conseguenze imprevedibili. In questa occasione - come in tante altre che in politica estera si presentano periodicamente - vi è una sorta di contraddizione che dobbiamo saper gestire: quella fra la "solidarietà obbligata" ad un alleato, e la distanza politica - o addirittura dissenso - che vi possa essere con il relativo governo.
Volendo vedere una lontana analogia, spesso - molto più spesso di quanto si pensi - la tensione fra Stati Uniti e Israele ha raggiunto livelli molto alti, paradossalmente proprio perché alleati strettissimi che ragionavano - e ragionano - con stili di politica ( e di diplomazia) diversi.
Non possiamo lasciare la Turchia da sola; al tempo stesso sembra difficile potersi fidare pienamente di Erdogan e delle scelte che sta portando avanti in un'ottica che sembra indicare uno spregiudicato protagonismo, una volontà di ritrovare importanza e capacità di influenza, a spese di più tradizionali rapporti di amicizia (vd, per esempio proprio il legame oramai in crisi con Israele).
Erdogan forse non vuole arrivare alla guerra aperta con la Siria, è comunque consapevole dei gravi rischi che un'opzione militare porta con sé, a partire dal vantaggio che ne avrebbero gli indipendentisti curdi; epperò è bene che gli alleati della Nato siano capaci di far sentire una solidarietà molto "prudente" e "convincente"; di fronte al mondo è necessario ribadire senza se e senza ma l'amicizia con Ankara; ma nei contatti che in queste ore si svolgono fra le capitali dell'Alleanza atlantica sarà il caso che sia fatta sentire chiaramente la ferma volontà di non andare oltre il limite.
Questo può avvenire in molti modi: come si scriveva poche ore fa, un "braccio di ferro controllato" può essere anche durissimo e prevedere battaglia, ma comunque essere limitato nei suoi effetti, se si è bravi a gestirlo... Ma è una situazione difficilissima.
Attenzione anche a proposte come zone-cuscinetto e simili: teoricamente "quadrano il cerchio" fra interventismo necessario e "sforzo limitato", ma sono sempre insidiose, e in realtà spesso sono contrassegnate semplicemente da "guerra invisibile".
Come ripeto dai tempi dell'assurda guerra in Libia, la guerra bisogna saperla fare. Altrimenti la cinica diplomazia, fredda e calcolatrice, deve ancora avere la meglio.
Per il bene di tutti noi.
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