martedì 17 settembre 2019

Il Figlio Del Vento, La Terra Dei Liberi

È qualche mattina che mi sveglio con in testa l'inno statunitense; non so perché, so solo che si fa sentire. Stamani ho focalizzato un po' di più la cosa e il ricordo che si è collegato nella mia mente è Carl Lewis che con medaglia d'oro al collo ascolta questa musica.

Carl Lewis, il Figlio del Vento. Carl Lewis che correva in modo che a me pareva perfetto ed elegante, deciso e forte. Vinse molto, ma poi cedette lo scettro (almeno quello della velocità) a Ben Johnson, più potente, forse più forte. Forse.

Eppure.

Non era la stessa cosa: Ben Johnson sembrava veramente più potente, ma la cosa, come dire, si "fermava" lì. Corsa velocissima, ma stop. Di più, nulla. Di più, non c'era, o almeno: in me non è rimasto molto.

Non so se si può trarre qualcosa di più, da un ricordo così personale. Ci provo.

Non puoi essere solo "potente", se vuoi incidere nella memoria delle persone, se vuoi superare la cronaca, se vuoi far provare qualcosa che sembri almeno un po', solo un po', meno effimero del resto.

Poi, tutto è paglia che deve bruciare, e che prima o poi brucerà. A chi interesserà la falcata del Figlio del Vento fra centinaia di anni? Forse non ci saremo neanche più, come genere umano.
Ma non importa. Almeno per un momento l'eleganza fa sembrare meno pesante il tutto, meno greve l'aria del quotidiano.

Capita, a volte.
Chissà se anche così si costruisce (silenziosamente, non qui, non ora) una qualche terra dei liberi, una strana e impalpabile patria dei coraggiosi.

Francesco Maria Mariotti

(post pubblicato su Fb) 

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