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sabato 7 settembre 2019

Sul Governo cosiddetto "Conte-bis"

[Scritto il 5 settembre come post su Fb]

Commento del tutto personale, e "a prima vista", da approfondire e magari da rivedere: ottima scelta per ministero dell'Interno, vista la situazione. Brutte, molto, su Giustizia e Esteri.
Su Economia vedremo, potrebbe essere scelta interessante, se Commissione europea "apre" e se saremo capaci di muoverci come sistema-Paese.

In breve: forse questo governo era un tentativo da fare. Magari riuscirà. Ma.

Ma molta parte del paese, come ho già scritto, non capisce, temo; e forse ha anche "perso" dei passaggi, magari più seguiti e conosciuti dagli appassionati che seguono la politica anche in vacanza. E questa gestione "tutta estiva" della crisi può creare grandissime difficoltà.

Un monito, già scritto: la gestione della questione migratoria e della sicurezza non può "ribaltarsi" in brevissimo tempo; un nuovo stile (non "cattivista", diciamo) deve comunque essere contrassegnato da rigore, lucidità, e capacità di dialogo con tutti i cittadini, soprattutto con chi è più esasperato e abbandonato. Altrimenti si rischia di fare un regalo a chi fomenta odio e divisione.

Un ulteriore monito che riguarda anche situazione in UK e Europa in genere. Le questioni che il "sovranismo" - "nazionalismo" pone (in modi inaccettabili) alle nostre democrazie rimangono tutte in piedi.

Attenzione a non perdere di vista la necessità di risposte di lungo periodo, che non passano attaverso "vittorie politico-parlamentari".

(Su Giustizia magari ci tornerò su più avanti)

https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10220698566955445&id=1274444055

domenica 16 febbraio 2014

L'AutoSfiducia Pd: Analisi Di Un Grave Errore

Ho provato a spiegare perché secondo me la scelta fatta dal Pd è un errore, temo grave. 

Inevitabilmente il discorso risente di valutazioni personali, e forse di semplificazioni di chi vive la cosa fra "esterno" e "interno" (non sono iscritto, ma seguo abbastanza da vicino le vicende), e questo può non aiutare.

Inevitabilmente il giudizio è anche probabilmente troppo generalizzato, nei confronti della dirigenza del Pd. Sicuramente questa è un po' un'ingiustizia, e mi scuso con chi magari potrebbe sentire un eccesso di severità.

Spero comunque che la riflessione - un po' lunga - possa aiutare a farsi un'idea.

Buona domenica e buon tutto

Francesco Maria

***

Sgomberiamo il campo da moralismi: la partita per il potere è sempre cosa dura e poco raffinata. Un amico che è in politica - quando discutiamo di queste cose - cita l'eterno Rino Formica: "la politica è sangue e merda"; se non sopporti la vista del primo o l'odore della seconda è meglio che cambi mestiere. Giusto, o quasi.

Comunque, dico questo solo per precisare che il problema che si è aperto in questi giorni con l'autosfiducia Pd (la chiamerei così, per far capire il paradosso cui sembriamo assistere; paragoni con tradizioni politiche di altri paesi mi sembrano fuori luogo) votata dalla Direzione nazionale non è un problema di "buone maniere", ma politico; certo,anche di stile; ma in questo caso lo stile non è un orpello inutile, ma più banalmente il modo in cui gestisci il rapporto con gli elettori, con i cittadini, e con le istituzioni (che non sono casa tua, anche se sei un partito glorioso).

Sgomberiamo il campo anche da altri possibili fraintendimenti: a tutti noi può essere capitato di "tradire" un principio a cui si era legati, votati, verso cui si era giurata fedeltà; la carne è debole, diceva un Tizio abbastanza più saggio di molti di noi; ma soprattutto a volte la vita ti pone di fronte a dinamiche che non puoi controllare totalmente e a conflitti di valore, o a situazioni nelle quali sei comunque costretto a scegliere. 

Secondo molti si diventa "adulti" così, quando si sceglie intimamente - prima ancora che esternamente - cosa sia più importante per noi, di fronte a opzioni radicalmente alternative ed escludentesi; ci si trasforma proprio perché si "taglia" una parte di noi, la si tradisce appunto; si comprende che la realtà richiede un sacrificio, e lo si interiorizza.

Quindi è giusto, a volte, "tradire" se stessi. Ma era questo il caso? E se sì (cosa di cui è lecito dubitare), è stato il comportamento del Pd - e dei suoi dirigenti, almeno della maggior parte (purtroppo in questa sede è inevitabile generalizzare) - consono a questa scelta che non è mai affatto semplice? Così non è parso: per velocità (direi fretta) e difficoltà di spiegare.

Qui non è in questione il fatto che la scelta politica sia l'ennesima conferma dell'ambizione dell'attuale segretario del partito (per chi come me non l'ha quasi mai avuto in simpatia non sarebbe una novità; ma di per sé questo non sarebbe un problema); qui è in questione che una scelta politica non è stata portata davanti al Paese con l'adeguata attenzione - anche umana - che una decisione così lacerante avrebbe meritato.

Tanto per citare un piccolo segno (non ho purtroppo avuto possibilità di verificare i particolari, prendetelo veramente come un segno "di costume", nulla di più), poco dopo la Direzione alcuni dirigenti avrebbero festeggiato le decisioni prese con un aperitivo, non proprio un comportamento da "scelta dura e dolorosa, ma necessaria". 

Qui preciso ancora: chi scrive non è un "democratico sempre e comunque"; credo che a volte nella gestione delle cose di Stato, colui che è chiamato a responsabilità di governo debba assumersi l'onere anche di mentire, se necessario per il bene della comunità. Ma una cosa è farlo per il bene della comunità, altro è farlo per il proprio tornaconto personale. 

E se per caso - ma è veramente questo il caso? - tornaconto personale e bene della comunità si avvicinano troppo (a volte può avvenire) non c'è da stare allegri; anche per il (preteso) leader è dunque il caso di aumentare l'autosorveglianza, non al contrario "sbracare" ed eccedere (a questa sorveglianza, teoricamente, servirebbero gli organismi dirigenti di una forza politica).

Perché la politica in democrazia è bestia strana: è vero, occorre a volte furbizia, ma mai troppa; occorre anche spregiudicatezza, ma da dosare con equilibrio. Perché comunque in democrazia c'è un "sentimento pubblico" di cui devi tenere conto, c'è una "fiducia complessiva" che regge il sistema e che può essere "zittita", "messa in sordina", "messa in tensione", ma fino a un certo punto. 

Perché se poi - per qualche sfortunata combinazione di fattori (che temo si sia verificata, in questo caso) - si supera il limite invisibile e impalpabile che separa la "tragica ma necessaria menzogna di governo" dalla "recita (un po' ridicola) del politicante", la rottura della fiducia rischia di essere totale, ingenerosa, e diffusa; e forse irreparabile. Temo che sia questo il caso, anche al di là della volontà dei singoli dirigenti.

Forse la troppa fretta, le poche spiegazioni, un combinato disposto di contraddizioni sia della maggioranza che dell'opposizione interne al partito; un approccio totalmente sbagliato nei confronti della persona di Enrico Letta; un approccio troppo visibilmente "eccitato" della persona del segretario del partito; una gestione approssimativa della partita delle riforme, che ora sembrano essere state accantonate (se si vuole durare fino al 2018), dopo aver promesso la velocità, la speditezza, la conclusione di tutto in pochi mesi.

Tragica contraddizione o ridicola messa in scena? Ahinoi, sembra prevalere la seconda.

Ora siamo costretti a "tifare" un governo, perché l'alternativa rischia di essere il disastro collettivo; ma proprio per evitare questi ricatti, esiste la politica; proprio per gestire queste dinamiche e "diminuire" l'azzardo - non esaltarlo - dovrebbero esistere le forze democratiche, i partiti.

Ultime considerazioni riassuntive:

1. Il guaio principale di questa dinamica, per il Pd, è che la "colpa" del leader è stata condivisa dalla quasi totalità della Direzione nazionale. Anche qui la cosa è ben strana: anche solo per furbizia tattica, si sarebbe potuto far vedere che c'era una dialettica. Lo spettacolo di giovedì è stato come vedere un esercito che si muove tutto e troppo velocemente verso un obiettivo che è poco definito, quasi un miraggio. E vien da dire: chi cura le retrovie? una qualsiasi forza organizzata sa che deve "spargersi", non muoversi tutta verso l'indefinito. Sa che deve gestire lo strappo, non esaltarlo. Perché poi se le retrovie sono sguarnite, l'avversario ha spazio per circondarti.

2. Il problema ulteriore - e qui ritorno a qualcosa di già detto in altri ragionamenti - è che le promesse fatte prima probabilmente erano troppo audaci, ma sarebbe meglio dire quasi assurde: "saremo diversi", "serietà è dire ciò che si fa e fare ciò che si dice", "noi non siamo come loro", "i vecchi riti della politica non ci appartengono". E via così dicendo. Ma appunto è quello forse il vero errore, o una sua componente essenziale: fingere che la politica - che è sempre anche"tattica", "mezze bugie", "complotto di palazzo" - non esista, che il Grande Leader di turno possa neutralizzare le dinamiche che - mi verrebbe da dire "in natura" - esistono e che non puoi evitare. Se si fosse stati meno "nuovisti", forse la sensazione di delusione non sarebbe stata così forte.

3. La logica complessiva che segna l'itinerario dell'attuale segretario del Pd sembra seguire le tracce di Craxi, le stesse seguite da Berlusconi e anche un po' da D'Alema. "Questo paese  è ingovernabile, e ci vuole una Grande Riforma"; il Grande Alibi che fu del leader socialista e che è diventato l'alibi di tutta una classe dirigente: non riusciamo a fare le cose perché non siamo "presidenzialisti", non siamo 'Stato forte', non siamo la Francia. La Francia intanto è in forte crisi, anche se lo "nasconde" bene. E la più "banale" Germania ha spiccato il volo con partiti 'classici' senza mutare il suo quadro costituzionale. L'Italia è un paese complesso. Forse sarebbe meglio imitare la Germania. Dobbiamo governare, non 'comandare'

4. Ecco, forse in questo "comandare" - verbo che indica il voler evitare la fatica di costruire un percorso, e la difficoltà di una condivisione - troviamo la tentazione ultima che è segno di questi tempi, e di questa politica. E' tragicamente vero che la velocità delle decisioni oggi è tale che a volte è necessario assumersi una responsabilità solitaria; ma è un attimo, un passo di troppo, una disattenzione - anche umana - che si fa strada; e la decisione diventa prepotente, troppo forte, incapace di essere sorretta. E il Paese non capisce, resiste. Frena. E non c'è "gaullismo all'amatriciana" che tenga. La politica anche più coraggiosa fallisce. 

E' inevitabile che avvengano gli scandali; e forse è bene che ci sia questo "scandalo"; perché in qualche modo la verità della politica poi torna a galla.

Oggi i cittadini sofferenti non hanno bisogno di facili slogan, ma di verità. Anche magari condita da qualche forzatura, da qualche compromesso, da qualche bugia. Ma - proprio perché ci aspettano scelte difficili - la verità del percorso difficile e lungo di qualsiasi politica non può essere nascosta.

Francesco Maria Mariotti

domenica 22 dicembre 2013

E' politica, quella dei bei gesti?

Non vorrei sempre fare il bastian contrario, ma ho qualche dubbio sul bel gesto (indubbiamente bello e coraggioso) del giovane deputato pd Khalhd Chaouki che si è rinchiuso nel centro di Lampedusa. I deputati avrebbero altri mezzi - le ispezioni, per esempio - per far prevalere le tesi politiche e difendere i cittadini. 

Il rischio è che involontariamente questi bei gesti (come lo sciopero della fame per la legge elettorale, per esempio, gesto diversissimo ma analogo per "violenta non violenza") siano sistemi un po' "ricattatori" ("non esco finché...") che delegittimano di fatto l'istituto parlamentare e non risolvono il problema. 

Nell'urgenza imposta dal parlamentare, probabilmente verrà in qualche modo "tappato il buco", magari verrà risolto il problema di alcune persone (magari gli attualmente presenti), ma difficilmente verrà governato sul serio il problema. E comunque rimane discutibile il mettere in gioco il proprio corpo e la propria persona. 

Capisco l'intento molto nobile - un po' come quando un ambasciatore si infila fra profughi in guerra per tutelare delle vite umane (ma un ambasciatore è un ambasciatore, un parlamentare un parlamentare) - ma rimango perplesso sulla torsione "testimoniale" che sta prendendo la politica italiana. 

Se un parlamentare si mettesse a digiunare con i malati di Stamina e si lasciasse morire se il ministero non la autorizzasse, dovremmo pensare che quella "cura" (si fa per dire) è giusta? Si è persa completamente la capacità di creare le propspettive di una discussione generale e razionale sui problemi?

giovedì 28 novembre 2013

Dubbi Democratici - Il Populismo Che Non Governi

C'è un dato positivo, uno solo a mio avviso, nel percorso elettorale di Renzi. E cioè il tentativo - più o meno esplicito - del sindaco di Firenze di "catturare politicamente" il malcontento dei cittadini, un misto di malumore, rabbia, e a tratti disperazione che si è creato nel nostro paese con solide ragioni e che per il momento ha trovato pochi sbocchi politici, spesso non utili a un reale miglioramento delle cose. Tutta la retorica antipolitica (o meglio "anticasta") - dalla "rottamazione" in poi - avrebbe un senso, se fosse capace di sottrarre voti alla pura protesta per incanalarli verso obiettivi più concreti.

Detto ciò, però il problema dello "stile" politico che accompagna la campagna di Renzi, che oramai dura molti mesi, a me pare sia pesante; perché in realtà questione non solo di stile; ma problema di una campagna che in qualche modo si fa facilmente "populista" (mi perdonino gli amici renziani, non mi viene una parola migliore...) e che rischia di non sortire gli effetti positivi che al momento ci si aspetta.

Dal caso Ablyazov alla legge di stabilità, dal no (anche comprensibile, ma mal presentato) a grazia e indulto al caso Cancellieri, Renzi sembra voler dire di continuo: "io sono in sintonia con il paese reale, io saprò fare meglio; contro tutto ilvecchio (in cui vengono accomunati Berlusconi, Letta, e - sia pure in modo meno appariscente, ma comunque con forza - lo stesso Napolitano) io saprò vincere in nome di tutti voi, che non ne potete più di loro".

Renzi per fortuna non è solo un populista; e sicuramente alcuni contenuti (oggi Michele Emiliano a Omnibus annunciava alcune idee in tema di giustizia) possono essere interessanti.

Ma quando inizi a cavalcare la demagogia, o hai la forza di governarla (ma devi essere veramente molto bravo) o il rischio è che tu venga disarcionato, senza tanti complimenti. Magari anche senza cadute apparenti o plateali; perché forse rimarrai formalmente capo, ma la tua politica sarà sempre "sotto ricatto", sotto il ricatto della delusione, e della reazione del disincanto, che spesso colpisce gli innamoramenti politici...

Per dirla in breve, i rischi che mi sembra corra Renzi, ma con lui - purtroppo - tutti noi, sono due:

1. una volta che si critica così ripetutamente il governo (teoricamente amico) e si alzano le pretese, quando arriva il proprio turno non ci si può abbassare a nessun compromesso: si è criticato Letta su Ablyazov? Cosa succederà quando ci sarà un qualsiasi incidente di questo tipo in un futuro governo Renzi? Si volevano le dimissioni di Cancellieri? Alla prima telefonata sospetta di uno dei suoi ministri, sarà lecito scatenare la guerra... Si critica la legge di stabilità? L'anno prossimo - se ci sarà un governo Renzi (io spero ci sia ancora Letta) - si dovrà saper fare molto meglio ( e l'anno prossimo il Fiscal Compact - se non vado errato - inizia a chiedere il rientro del debito). Insomma; come ha detto lo stesso sindaco di Firenze: "non ci saranno più alibi". Ottimo, teoricamente. Ma se non si è in grado di soddisfare tutte le pretese che si sono volute alimentare facendo polemica contro il vecchio, il rischio di un "rinculo" è molto alto. 

Sono tanti gli uomini forti che hanno tentato di cambiare l'Italia con energia, promettendo Grandi Riforme o addirittura Rivoluzioni (liberali...); non pare ci siano riusciti. Perché? Qui veniamo al secondo punto, che è forse l'altra faccia del primo

2. L'idea  di politica che Renzi esprime è semplice; anche se alla fine del suo ultimo discorso alla Leopoda è sembrato voler porre un freno ("guardate che non basto io"), tutta la dinamica di questi giorni è fatalmente (anche per ragioni di competizione) focalizzata su di lui, sulla sua personale capacità, sulla forza che il capo potrà mettere nel portare avanti le sue idee. Ma questo non basta, in Italia. Per gli stessi motivi per cui sarebbe fallimentare una riforma presidenzialista, una politica dell'uomo forte può forse funzionare per qualche mese, ma va poi fatalmente a scontrarsi con il fatto che un uomo solo al comando non può gestire un paese complesso e stratificato come il nostro. 

L'impatto delle riforme - se fatte - crea inevitabilmente malcontento e lacera quella "facile alleanza" che - dietro al capo - si crea in fase elettorale, quando le promesse non vengono verificate, e non si guarda con attenzione alle conseguenze delle parole. 

L'uomo solo al comando rischia così di rimanere intrappolato nelle dinamiche parlamentari, che sempre ci saranno, e che magari prendono avvio da questioni concrete. Il capo che diceva di non voler occuparsi della bassa e volgare politica (quella che facevano i vecchi) rischia così di dover venire a compromessi molto tattici e di poco respiro (vi ricorda qualcuno? Anche Berlusconi si presentò - ed era, in un certo senso - uomo forte e nuovo)...

Non basta più - se mai è bastato - cambiare il "vertice" del paese. Una vera politica di riforme è fatta anche di "accompagnamento nel quotidiano": troppe volte belle riforme progressiste sono diventate pesanti - e vissute come negative - per la mancanza di attenzione alle quotidiane conseguenze che portavano, per la mancanza di ascolto dei cittadini coinvolti (si pensi a come è stato tradito l'art.18 dello Statuto dei lavoratori, che troppi cittadini e troppe aziende oggi vivono come nodo di privilegio, e non garanzia di diritti, come dovrebbe essere).
Ad accompagnare le riforme, forse, servirebbero buoni partiti, infatti.

Ho già scritto troppo. Solo un'ultima annotazione: poche ore fa è decaduto Berlusconi, come anni fa Craxi fu sconfitto, non proprio politicamente. Dopo la "caduta" di Craxi, non vinse la parte progressista. Anni dopo, Veltroni vinse le primarie, e cominciò a fare "pungolo" al governo Prodi, naturalmente con le migliori intenzioni. Alle successive elezioni, non vinse la parte progressista. 

Oggi pungolo al governo amico e caduta non-politica dell'avversario si fanno vicini. 

Non si fa altrettano prossima, temo, neanche questa volta, la vittoria di un'idea d'Italia laica, liberale e realmente progressista.

Francesco Maria Mariotti

sabato 28 settembre 2013

Chiarimento Alla Luce Del Sole

Fonti di Palazzo Chigi hanno riferito le prime valutazioni di Letta: «Il chiarimento -avrebbe detto- deve avvenire in Parlamento, alla luce del sole e di fronte ai cittadini». Sempre Letta afferma: «Il tentativo di rovesciare la frittata sulle ragioni dell'aumento dell'Iva è contraddetto dai fatti che sono sotto gli occhi di tutti perché il mancato intervento è frutto delle dimissioni dei parlamentari Pdl e quindi del fatto che non era garantita la conversione del dl in legge». E sempre fonti di Palazzo Chigi riferiscono altre esternazioni attribuire al premier: «La decisione presa ieri in Consiglio dei ministri a proposito del mancato rinvio dell'aumento dell'Iva, si apprende da fonti di palazzo Chigi, è stata assunta concordemente anche dai ministri Pdl».

mercoledì 14 novembre 2012

Cambiare E Rassicurare (Bersani)


Questo è un paese che ha voglia di farsi trascinare in un cambiamento o siamo davvero così conservatori come sembriamo?
È una domanda con cui mi sono trovato a confrontarmi molto spesso. Sono stato sovente impegnato in esperienze di governo e, ogni volta che ho iniziato a gestire una responsabilità, mi sono chiesto: «Quale cambiamento posso produrre in questo mio nuovo ruolo?». Perché si sa che si deve cambiare, il mondo gira e non sta fermo. Bisogna però pensare a come promuovere questo cambiamento. il dilemma, infatti, è se il cambiamento bisogna annunciarlo o se, invece, non sia più efficace produrlo e poi spiegarlo a cose fatte. in questo paese non puoi conservare, devi cambiare, ma è anche vero che non puoi mettere per principio in agitazione la gente annunciando un cambiamento fine a se stesso. Questo è un paese che ha una storia antichissima e buone ragioni per conservare dei meccanismi che spesso hanno delle radici: radici familiari, localistiche, di mestiere, che possono prendere aspetti corporativi, difensivi, e quindi conservativi, con cui però devi fare i conti. Sono radici vere, antiche, solide. Allora, pronunciare vacuamente la parola «cambiamento» non funziona in un paese come questo. Devi farti avanti con un cambiamento e con una rassicurazione: chi ha interpretato benissimo questo ruolo è stato papa Giovanni.

martedì 9 ottobre 2012

Rottamare Monti? No, Ma Necessario Affrontare Squilibri (Non Solo Economici)


Il brutto della politica è che spesso non si riesce a discutere del merito delle questioni. Nella velocità (inevitabile?) dell'informazione è più facile cedere alla semplificazione del titolo, piuttosto che perdere qualche minuto in più nel discutere degli argomenti. Oggi è parso che Stefano Fassina, dirigente del Pd, volesse "rottamare Monti", e su questa frase (titolo dell'articolo del Foglio) si è spesa la solita litania di dichiarazioni.

Ora, lo dico da "tifoso" di Monti (perdonatemi l'espressione colloquiale), quell'articolo - al di là del titolo e di alcune semplificazioni retoriche, e al di là dell'ipotesi politica di fondo per quel che riguarda il governo italiano - è molto interessante, per le problematiche che pone, non eludibili; a maggior ragione per chi - e siamo in tanti - ha visto e continua a vedere nel lavoro di Monti e nella possibilità di una qualche forma di prosecuzione di esso (con il professore o senza), una speranza per l'Italia e per l'Europa. 

Il tema non è nuovo,  e Fassina non è certo il primo a scriverne. In ogni caso l'articolo è da leggere integralmente (più sotto citazione e link); di seguito alcune mie note: 

1. il limite del discorso di Fassina mi pare stia nel semplficare la visione della congiuntura attuale, dicendo che "siamo in una nuova fase": se così fosse, sarebbe relativamente semplice uscire dalla crisi. Abbiamo gestito alcuni mali con "ricette di destra", oggi possiamo riprendere "ricette di sinistra". Purtroppo la situazione è più complessa: dall'emergenza debito - che c'è, in particolare per il nostro paese - non siamo ancora usciti. La relativa calma post-intervento BCE (in realtà per il momento solo annunciato, vedremo cosa succederà quando la Spagna chiederà aiuti) non è indice dell'uscita dalla crisi; la difficoltà di interventi di stimolo sul lato della domanda sta anche nel delicato equilibrio che comunque è necessario mantenere sul lato dei conti pubblici.

2. In realtà il discorso è anche di politica pura, oserei quasi dire di politica di potenza. Non possiamo non vedere che all'interno delle dinamiche della crisi economica si giocano anche fattori di potere più "classici", anche se speriamo di non dover vedere una guerra mondiale (con la "scusa" turco-siriana o altre più vicine o più lontane... l'Oriente è in forte tensione da tempo); in ogni caso quella a cui stiamo assistendo è anche una naturale (ma non per questo meno violenta) redistribuzione del peso geopolitico delle aree continentali. Vogliamo semplicemente stare a guardare, o peggio autoinfliggerci danni come con la guerra in Libia? forse è necessario tentare di sfruttare tutte le possibilità perché l'Europa sia protagonista di una nuova concertazione globale, quanto mai necessaria. Lo si è già scritto tante volte: un'Europa che si risana senza avere presente le dinamiche anche geopolitiche che attraversano questa crisi, rischia di ritrovarsi ancora più debole. 

3. Concertazione globale significa di fatto regolamentere (ma non cancellare) il "braccio di ferro" fra politica e mercato. Questo non deve scandalizzare: la tensione può essere positiva se non vince completamente nessuna delle due parti. La vittoria completa della politica nel XX secolo ha significato l'eta dei totalitarismi; ma la vittoria completa del mercato vuol dire rischiare di mettere a repentaglio coesione comunitaria, stabilità politica e diritti sociali, che sempre più fanno parte integrante della nostra identità collettiva (riformulabili forse, ma non rinnegabili). Per questo il braccio di ferro deve continuare. Con stop and go inevitabili, con "ricadute protezionistiche" che temo vedremo ben presto sempre più marcate, ma gestibili se la direzione a favore di una sempre più forte integrazione politica sarà costante a livello continentale.

Il futuro delle nostre società è tutto da inventare: per questo non possono bastare le soluzioni rassicuranti di un tempo; ma certo non serve a nessuno nascondere i problemi dietro la maschera di litigi casalinghi e molto effimeri.

Francesco Maria Mariotti

Segue l'articolo di Stefano Fassina

domenica 30 settembre 2012

Con l'ipotesi Monti-bis quadro politico più chiaro. Ora i partiti facciano i conti con la realtà (ilSole24Ore)

(...) Viceversa, misurarsi sull'idea di un nuovo esecutivo guidato da Monti obbliga i partiti – i favorevoli come i contrari – a fare i conti con la realtà. Perchè discutere di Monti significa discutere anche di Europa, di relazioni con le grandi cancellerie europee; vuol dire porsi il problema delle riforme (non solo in forma retorica e mediatica) e capire veramente quale sia il "che fare" nei prossimi mesi. Anche e soprattutto per ridare slancio all'economia e in prospettiva ridurre il carico fiscale. (...) Il Punto di Stefano Folli - Il Sole 24 Ore - leggi l'articolo integrale