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martedì 9 ottobre 2012

Rottamare Monti? No, Ma Necessario Affrontare Squilibri (Non Solo Economici)


Il brutto della politica è che spesso non si riesce a discutere del merito delle questioni. Nella velocità (inevitabile?) dell'informazione è più facile cedere alla semplificazione del titolo, piuttosto che perdere qualche minuto in più nel discutere degli argomenti. Oggi è parso che Stefano Fassina, dirigente del Pd, volesse "rottamare Monti", e su questa frase (titolo dell'articolo del Foglio) si è spesa la solita litania di dichiarazioni.

Ora, lo dico da "tifoso" di Monti (perdonatemi l'espressione colloquiale), quell'articolo - al di là del titolo e di alcune semplificazioni retoriche, e al di là dell'ipotesi politica di fondo per quel che riguarda il governo italiano - è molto interessante, per le problematiche che pone, non eludibili; a maggior ragione per chi - e siamo in tanti - ha visto e continua a vedere nel lavoro di Monti e nella possibilità di una qualche forma di prosecuzione di esso (con il professore o senza), una speranza per l'Italia e per l'Europa. 

Il tema non è nuovo,  e Fassina non è certo il primo a scriverne. In ogni caso l'articolo è da leggere integralmente (più sotto citazione e link); di seguito alcune mie note: 

1. il limite del discorso di Fassina mi pare stia nel semplficare la visione della congiuntura attuale, dicendo che "siamo in una nuova fase": se così fosse, sarebbe relativamente semplice uscire dalla crisi. Abbiamo gestito alcuni mali con "ricette di destra", oggi possiamo riprendere "ricette di sinistra". Purtroppo la situazione è più complessa: dall'emergenza debito - che c'è, in particolare per il nostro paese - non siamo ancora usciti. La relativa calma post-intervento BCE (in realtà per il momento solo annunciato, vedremo cosa succederà quando la Spagna chiederà aiuti) non è indice dell'uscita dalla crisi; la difficoltà di interventi di stimolo sul lato della domanda sta anche nel delicato equilibrio che comunque è necessario mantenere sul lato dei conti pubblici.

2. In realtà il discorso è anche di politica pura, oserei quasi dire di politica di potenza. Non possiamo non vedere che all'interno delle dinamiche della crisi economica si giocano anche fattori di potere più "classici", anche se speriamo di non dover vedere una guerra mondiale (con la "scusa" turco-siriana o altre più vicine o più lontane... l'Oriente è in forte tensione da tempo); in ogni caso quella a cui stiamo assistendo è anche una naturale (ma non per questo meno violenta) redistribuzione del peso geopolitico delle aree continentali. Vogliamo semplicemente stare a guardare, o peggio autoinfliggerci danni come con la guerra in Libia? forse è necessario tentare di sfruttare tutte le possibilità perché l'Europa sia protagonista di una nuova concertazione globale, quanto mai necessaria. Lo si è già scritto tante volte: un'Europa che si risana senza avere presente le dinamiche anche geopolitiche che attraversano questa crisi, rischia di ritrovarsi ancora più debole. 

3. Concertazione globale significa di fatto regolamentere (ma non cancellare) il "braccio di ferro" fra politica e mercato. Questo non deve scandalizzare: la tensione può essere positiva se non vince completamente nessuna delle due parti. La vittoria completa della politica nel XX secolo ha significato l'eta dei totalitarismi; ma la vittoria completa del mercato vuol dire rischiare di mettere a repentaglio coesione comunitaria, stabilità politica e diritti sociali, che sempre più fanno parte integrante della nostra identità collettiva (riformulabili forse, ma non rinnegabili). Per questo il braccio di ferro deve continuare. Con stop and go inevitabili, con "ricadute protezionistiche" che temo vedremo ben presto sempre più marcate, ma gestibili se la direzione a favore di una sempre più forte integrazione politica sarà costante a livello continentale.

Il futuro delle nostre società è tutto da inventare: per questo non possono bastare le soluzioni rassicuranti di un tempo; ma certo non serve a nessuno nascondere i problemi dietro la maschera di litigi casalinghi e molto effimeri.

Francesco Maria Mariotti

Segue l'articolo di Stefano Fassina