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mercoledì 28 maggio 2014

Vittoria Netta, Ma Il Voto Non Decide Tutto (da Talpa Democratica)

Segnalo che su Talpa Democratica è stato gentilmente pubblicata una mia riflessione sul voto europeo, schematizzata per punti.
Buona lettura

Francesco Maria

***

Fattori “oggettivi”, e in linea di massima positivi:

1. Vittoria netta. Renzi si conferma campione dal punto di vista elettorale
2. E’ stato arginato Grillo.
3. C’è qualche speranza di incidere in Europa, per proporre cambiamenti sulle politiche della crescita (...)

Fattori “critici”:
1. Sembra “scomparire” una opposizione organizzata; a destra è in atto una grave crisi, che può indurre un atteggiamento non costruttivo sulle riforme
2. La situazione europea è a rischio instabilità: per dire uno dei tanti possibili problemi, come si dichiareranno gli euroscettici nel caso la crisi russo-ucraina peggiorasse (come sta già avvenendo)?(...)

Fattori per cui la valutazione non cambia e non può cambiare, quale che sia la percentuale di consenso:

1. Le coperture degli 80 euro sono molto discutibili, oggi e soprattutto negli anni futuri; permane la sensazione che si sia voluto “imporre” l’obiettivo politico al di là delle compatibilità economiche.
1bis. Sui problemi di bilancio non si ammettono improvvisazioni per l’Italia, né “pagherò” leggeri. Le coperture e il processo di risanamento devono essere chiari soprattutto per gli investitori esteri, ma non solo per loro.
2. La riforma del Senato e la proposta di riforma elettorale rimangono grandemente imperfette (è un eufemismo; sarebbe meglio buttarle nel cestino e rifarle da zero)(...)

martedì 11 febbraio 2014

Fumo. Soltanto Fumo

Stiamo passando una giornata politica un po' assurda, sull'onda di notizie-scoop che scoop non sono.

Quel 2011 lo ricordiamo in tanti, credo tutti; la "guerra del debito pubblico" era in corso da tempo: si legga un editoriale di Mario Deaglio dell'agosto del 2010 per capire come la preoccupazione per la sostenibilità dell'Italia fosse già palpabile mesi prima. 

Con il mondo in preda alla crisi economica, e con le dinamiche finanziarie che colpivano l'Europa, sarebbe stato assai strano - e veramente colpevole - se il Presidente della Repubblica non si fosse attivato, in presenza di una maggioranza molto fragile, come quella che caratterizzava il governo Berlusconi dell'epoca. Si doveva decidere tutto in poche ore quando tutto fosse crollato? Sarebbe stato quello sì comportamento da irresponsabili. 

E' ridicolo spacciare queste notizie come "rivelazioni" ed è fastidioso, quando si valorizzano queste presunte "rivelazioni" con frasi un po' populiste come "le élites sapevano, la massa no" (ha detto una frase simile Alan Friedman nella puntata di Piazza pulita che sta andando in onda questa sera). 

No, la distinzione élite - massa risparmiamocela. La cittadinanza democratica è un esercizio che può superare queste distinzioni, a cui populisti e reazionari sono affezionati, e in quei mesi la consapevolezza della gravità della crisi era comune, non era "patrimonio nascosto" di qualche élite tecnocratica (mondialista, bolscevica, plutocratica, fate voi). 

Di Monti premier si discuteva da diversi mesi. Si parva licet, nel mio minimo 'spazio pubblico' avevo fatto girare l'ipotesi, come forse qualcuno ricorderà (E - sia detto per inciso - l'azione di Monti risulterà fondamentale per permettere a Mario Draghi di convincere i governi dei paesi dell'euro a muoversi efficacemente a garanzia della moneta comune)

E' assolutamente normale che in situazioni di crisi, i vertici e le istituzioni di un paese prendano in esame tutti gli scenari possibili, e laddove sia necessario, comincino a operare per i dovuti cambiamenti. Accade così anche nella guerra, quella vera, probabilmente. Per la sicurezza dello Stato non puoi attendere che i fatti avvengano; e se il rischio è "totale", ti muovi in anticipo perché devi evitare a tutti i costi che il rischio si avveri.

Per cui, nessuna novità. Nessuno scoop. Come ha detto Napolitano, fumo. Soltanto fumo.

Francesco Maria






(...) L’instabilità o il vuoto politico potrebbero infatti avere rilevanti ripercussioni negative sulla gestione del debito pubblico italiano. Va ricordato che l’Italia è stata per decenni uno dei maggiori «produttori» di debito pubblico, ossia di titoli sovrani acquistabili sui mercati finanziari ma che, con il generale peggioramento dei bilanci pubblici delle economie avanzate, su questo mercato mondiale del debito l’Italia deve competere molto più duramente di prima con molti Paesi, quali Germania, Francia e Gran Bretagna che devono «piazzare» i propri titoli per avere le risorse necessarie a quadrare i propri bilanci.

 
Il debito pubblico italiano è complessivamente gestito bene, senza addensamenti eccessivi di scadenze, il che limita la possibilità di grandi ondate speculative, del tipo di quelle che hanno colpito la Grecia e, in misura minore, il Portogallo. E finora l’Italia ha rigorosamente rispettato gli obblighi di disciplina di bilancio - tra i quali il varo della recente manovra - che si era assunta in sede europea. Alcune aste importanti negli ultimi mesi, specialmente quelle di giugno, sono state superate in maniera molto soddisfacente; 

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tra la fine delle ferie e la fine dell’anno, però, vengono a scadere circa 100-120 miliardi di debito, concentrati soprattutto a settembre e a novembre e dovranno essere rifinanziati, ossia sostituiti con titoli nuovi.
 
Chi li acquisterà? Una parte rilevante - si può stimare un po’ più della metà - sarà sottoscritta da risparmiatori italiani, tradizionalmente attratti da questo prodotto «di casa» (l’impiego di risparmio in debito pubblico è uno dei più importanti comportamenti unificanti dell’Italia di oggi). Il resto dovrà trovare compratori all’estero nelle condizioni concorrenziali e difficili di cui si diceva sopra. 

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Quando devono decidere se - e a che prezzo - acquistare titoli di uno Stato sovrano, i grandi operatori finanziari, tra i quali figurano molte banche centrali, come quella cinese, esaminano a tutto campo la situazione del Paese debitore e in questo esame la stabilità politica e la volontà di rispettare i propri debiti hanno uno spazio molto importante.
 
Quale sarà la reazione del banchiere cinese, del finanziere americano, dell’analista finanziario che lavora per qualche grande banca internazionale di fronte alle «sparate» dei politici di questi giorni? Gli esperti internazionali che si occupano dell’Italia sono in gran parte abituati alle iperboli, al sarcasmo, alle pesanti ironie, alle punte di volgarità del dibattito politico italiano. La possibilità che tutto questo si possa riflettere sul piano istituzionale senza alcun riguardo per la posizione finanziaria del Paese non potrà però non preoccuparli. 

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E potrebbe indurli a chiedere un «premio», ossia un tasso di interesse sensibilmente maggiore di quello applicato ad altri Paesi che si tradurrebbe, come minimo, in qualche migliaio di miliardi in più di spesa per lo Stato italiano, da recuperare poi con nuova austerità e, nella peggiore delle ipotesi, in una più generale «bocciatura finanziaria» dell’Italia.
 
Ai politici che in questi giorni così abbondantemente si esprimono deve quindi essere consentito di rivolgere una sommessa preghiera: tengano presente che quando parlano non hanno di fronte solo il pubblico, spesso non troppo numeroso, dei loro sostenitori politici, o i giornalisti desiderosi di riempire spazi che le festività rendono vuoti. 

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Ad ascoltarli, a pesare le loro parole più di quanto essi stessi si rendano conto, c’è tutta la finanza mondiale. Che deciderà se sottoscrivere i nostri titoli di debito anche sulla base delle loro parole e dei loro programmi.


giovedì 28 novembre 2013

Dubbi Democratici - Il Populismo Che Non Governi

C'è un dato positivo, uno solo a mio avviso, nel percorso elettorale di Renzi. E cioè il tentativo - più o meno esplicito - del sindaco di Firenze di "catturare politicamente" il malcontento dei cittadini, un misto di malumore, rabbia, e a tratti disperazione che si è creato nel nostro paese con solide ragioni e che per il momento ha trovato pochi sbocchi politici, spesso non utili a un reale miglioramento delle cose. Tutta la retorica antipolitica (o meglio "anticasta") - dalla "rottamazione" in poi - avrebbe un senso, se fosse capace di sottrarre voti alla pura protesta per incanalarli verso obiettivi più concreti.

Detto ciò, però il problema dello "stile" politico che accompagna la campagna di Renzi, che oramai dura molti mesi, a me pare sia pesante; perché in realtà questione non solo di stile; ma problema di una campagna che in qualche modo si fa facilmente "populista" (mi perdonino gli amici renziani, non mi viene una parola migliore...) e che rischia di non sortire gli effetti positivi che al momento ci si aspetta.

Dal caso Ablyazov alla legge di stabilità, dal no (anche comprensibile, ma mal presentato) a grazia e indulto al caso Cancellieri, Renzi sembra voler dire di continuo: "io sono in sintonia con il paese reale, io saprò fare meglio; contro tutto ilvecchio (in cui vengono accomunati Berlusconi, Letta, e - sia pure in modo meno appariscente, ma comunque con forza - lo stesso Napolitano) io saprò vincere in nome di tutti voi, che non ne potete più di loro".

Renzi per fortuna non è solo un populista; e sicuramente alcuni contenuti (oggi Michele Emiliano a Omnibus annunciava alcune idee in tema di giustizia) possono essere interessanti.

Ma quando inizi a cavalcare la demagogia, o hai la forza di governarla (ma devi essere veramente molto bravo) o il rischio è che tu venga disarcionato, senza tanti complimenti. Magari anche senza cadute apparenti o plateali; perché forse rimarrai formalmente capo, ma la tua politica sarà sempre "sotto ricatto", sotto il ricatto della delusione, e della reazione del disincanto, che spesso colpisce gli innamoramenti politici...

Per dirla in breve, i rischi che mi sembra corra Renzi, ma con lui - purtroppo - tutti noi, sono due:

1. una volta che si critica così ripetutamente il governo (teoricamente amico) e si alzano le pretese, quando arriva il proprio turno non ci si può abbassare a nessun compromesso: si è criticato Letta su Ablyazov? Cosa succederà quando ci sarà un qualsiasi incidente di questo tipo in un futuro governo Renzi? Si volevano le dimissioni di Cancellieri? Alla prima telefonata sospetta di uno dei suoi ministri, sarà lecito scatenare la guerra... Si critica la legge di stabilità? L'anno prossimo - se ci sarà un governo Renzi (io spero ci sia ancora Letta) - si dovrà saper fare molto meglio ( e l'anno prossimo il Fiscal Compact - se non vado errato - inizia a chiedere il rientro del debito). Insomma; come ha detto lo stesso sindaco di Firenze: "non ci saranno più alibi". Ottimo, teoricamente. Ma se non si è in grado di soddisfare tutte le pretese che si sono volute alimentare facendo polemica contro il vecchio, il rischio di un "rinculo" è molto alto. 

Sono tanti gli uomini forti che hanno tentato di cambiare l'Italia con energia, promettendo Grandi Riforme o addirittura Rivoluzioni (liberali...); non pare ci siano riusciti. Perché? Qui veniamo al secondo punto, che è forse l'altra faccia del primo

2. L'idea  di politica che Renzi esprime è semplice; anche se alla fine del suo ultimo discorso alla Leopoda è sembrato voler porre un freno ("guardate che non basto io"), tutta la dinamica di questi giorni è fatalmente (anche per ragioni di competizione) focalizzata su di lui, sulla sua personale capacità, sulla forza che il capo potrà mettere nel portare avanti le sue idee. Ma questo non basta, in Italia. Per gli stessi motivi per cui sarebbe fallimentare una riforma presidenzialista, una politica dell'uomo forte può forse funzionare per qualche mese, ma va poi fatalmente a scontrarsi con il fatto che un uomo solo al comando non può gestire un paese complesso e stratificato come il nostro. 

L'impatto delle riforme - se fatte - crea inevitabilmente malcontento e lacera quella "facile alleanza" che - dietro al capo - si crea in fase elettorale, quando le promesse non vengono verificate, e non si guarda con attenzione alle conseguenze delle parole. 

L'uomo solo al comando rischia così di rimanere intrappolato nelle dinamiche parlamentari, che sempre ci saranno, e che magari prendono avvio da questioni concrete. Il capo che diceva di non voler occuparsi della bassa e volgare politica (quella che facevano i vecchi) rischia così di dover venire a compromessi molto tattici e di poco respiro (vi ricorda qualcuno? Anche Berlusconi si presentò - ed era, in un certo senso - uomo forte e nuovo)...

Non basta più - se mai è bastato - cambiare il "vertice" del paese. Una vera politica di riforme è fatta anche di "accompagnamento nel quotidiano": troppe volte belle riforme progressiste sono diventate pesanti - e vissute come negative - per la mancanza di attenzione alle quotidiane conseguenze che portavano, per la mancanza di ascolto dei cittadini coinvolti (si pensi a come è stato tradito l'art.18 dello Statuto dei lavoratori, che troppi cittadini e troppe aziende oggi vivono come nodo di privilegio, e non garanzia di diritti, come dovrebbe essere).
Ad accompagnare le riforme, forse, servirebbero buoni partiti, infatti.

Ho già scritto troppo. Solo un'ultima annotazione: poche ore fa è decaduto Berlusconi, come anni fa Craxi fu sconfitto, non proprio politicamente. Dopo la "caduta" di Craxi, non vinse la parte progressista. Anni dopo, Veltroni vinse le primarie, e cominciò a fare "pungolo" al governo Prodi, naturalmente con le migliori intenzioni. Alle successive elezioni, non vinse la parte progressista. 

Oggi pungolo al governo amico e caduta non-politica dell'avversario si fanno vicini. 

Non si fa altrettano prossima, temo, neanche questa volta, la vittoria di un'idea d'Italia laica, liberale e realmente progressista.

Francesco Maria Mariotti

lunedì 4 novembre 2013

Giornata delle Forze Armate e dell'Unità Nazionale

(...) Il nostro paese, e con esso l'Unione Europea, privilegiano nettamente la ricerca di soluzioni politiche, diplomatiche, negoziali, a conflitti e tensioni che ci allarmano. Facciamo in questo senso la nostra parte con accortezza e tenacia: ci siamo, in tempi recenti, adoperati per favorire il superamento sul piano politico della guerra civile e degli eccidi che ormai da troppo tempo insanguinano la Siria, e siamo soddisfatti di aver contribuito ad evitare in quella regione rischi più gravi e ad aprire qualche spiraglio incoraggiante.

Ma nello stesso tempo non possiamo sottovalutare le tensioni e le incognite che presentano troppe situazioni innanzitutto nel Mediterraneo; e non possiamo quindi indulgere a semplicismi e propagandismi che circolano in materia di spesa militare e di dotazioni indispensabili per le nostre Forze Armate.

Queste sono anche chiamate ad assolvere compiti, se non del tutto nuovi, certamente di molto cresciuti, con connotati complessi, non racchiudibili in schemi tradizionali. Penso ai compiti - che hanno assunto una drammatica evidenza ed urgenza - della gestione di flussi sempre più intensi di immigrati e soprattutto di richiedenti asilo verso l'Italia e verso l'Europa. E mentre sollecitiamo una visione e azione comune dell'Unione Europea, poniamoci una semplice domanda per quel che riguarda comunque il nostro impegno : di fronte ai traffici criminali che circondano gli sbarchi sulle nostre coste e alle emergenze che di continuo si creano, che cosa avremmo potuto e potremmo fare senza disporre dei mezzi della Marina Militare e della Guardia Costiera, della Guardia di Finanza e delle Forze di polizia: mezzi di ricognizione anche aerea, mezzi per operazioni, innanzitutto, di salvataggio di vite umane nella massima misura possibile ? E senza disporre di personale addestrato, sensibile, umanamente motivato e partecipe ? Quale esempio meraviglioso - lasciatemelo dire ancora - hanno dato - quando non si è riusciti ad evitare la tragedia del più grave naufragio mai verificatosi - ancora una volta col miraggio della così provata Lampedusa - quale esempio meraviglioso hanno dato i nostri sommozzatori, calatisi in profondità per portare in superficie centinaia di povere salme di uomini, donne e bambini ! Un'operazione stoica, che non può essere dimenticata e a cui va reso pieno onore !

L'insieme dei compiti cui l'Italia con le sue Forze Armate non può sottrarsi, richiede risorse che scarseggiano in questo momento; e la coperta resterà corta anche se riusciremo con un grande sforzo collettivo di responsabilità e di coesione a riaprirci presto un sentiero di crescita per l'economia italiana nel quadro europeo e di alleggerimento del debito pubblico e del deficit di bilancio. Si impone dunque la più netta determinazione e continuità nel perseguire la riforma già avviata dello strumento militare, in tutte le sue componenti: contenimento dei costi, riorganizzazione e razionalizzazione delle strutture, utilizzazione ottimale delle risorse disponibili. Faremo il punto su questo processo nuovamente dopodomani nel Consiglio Supremo di Difesa.

E' lì torneremo anche sulla necessità assoluta di lavorare intensamente per l'integrazione militare europea secondo la prospettiva della Common Security and Defence Policy, utilizzando intelligentemente gli strumenti offerti dai Trattati, senza mai deviare però il timone dall'idea guida dell'identità politica europea in materia di sicurezza e difesa. In questo settore, non possiamo più accontentarci di formulare auspici, dobbiamo farci avanti con iniziative concrete saldamente fondate su concetti e indirizzi forti, in grado di attivare circuiti virtuosi sul piano delle sinergie operative e delle economie di scala e capaci di coinvolgere in tempi brevi un numero crescente di Stati membri dell'Unione. Il Consiglio Europeo di dicembre è per l'Italia e per la UE un'occasione preziosa a questo fine. Non dobbiamo perderla. Ho fiducia che non la perderemo.(...)

giovedì 17 ottobre 2013

Eccessi Di Polemica Con Il Quirinale

Un breve pensiero sugli eccessi di polemica nei confronti del Quirinale che sembrano segnare questi giorni. L'impressione è che vi siano settori del Paese sempre più insofferenti verso la figura di Giorgio Napolitano, vista - a torto - come garante di un sistema partitico "senza se e senza ma"; del "vecchio" contro il "nuovo" (Renzi e Grillo). 

Da una parte, è sicuramente vero che Napolitano - come già in altre fasi della storia della Repubblica - non ama gli avventurismi e i movimentismi (e ha molte ragioni dalla sua); d'altro canto si ha la percezione di politici in cerca di visibilità e consenso che molto facilmente si esprimono contro il passato, come se tutto fosse stato un errore, senza guardare al contesto e alla storia complicata della nostra democrazia. 

Si può non essere d'accordo con Napolitano su molte cose, ma per dimostrare a lui e al Paese che ci sono soluzioni diverse per i problemi, bisogna anche saperlo spiegare al di là di facili slogan. E mostrarsi capaci di tenere il Paese unito, non giocare a dividerlo su slogan. 

Molto meglio di me - e con meno "antipatia" nei confronti di alcuni dei suddetti politici - lo dice Menichini su Europa; vi invito a leggerlo.

FMM

(...) Con Bersani, tanti pensano che quel novembre 2011 sia l’origine di tutti i loro guai successivi. Non accorgendosi forse che, nella situazione italiana di allora, se si fosse andati alle elezioni molto del lavoro sporco svolto dai tecnici sarebbe toccato comunque al Pd. E soprattutto che Napolitano, avendo un polso del paese evidentemente migliore di quello dei partiti, fin da allora implorava affinché questi ultimi utilizzassero il tempo della transizione per ridarsi decoro agli occhi dei cittadini, sui temi del costo e del funzionamento della politica.
È colpa del Quirinale se, a due anni di distanza, siamo ancora a caro amico su finanziamento pubblico, legge elettorale, bicameralismo, con le conseguenze viste a febbraio nel voto a Grillo? (...) 
Dopo questi anni dovrebbe essere chiaro che fra le molte persone e istituzioni d’Italia che meritano una rottamazione non figura la presidenza della repubblica.
Rivendicare il diritto al dissenso verso il Colle fa sorridere. Siamo negli anni di Santanché e Grillo, Sallusti e Travaglio, Ingroia e Bossi: sai che originalità, dissentire dal Quirinale.
Quanto al messaggio sulle carceri, si tratta di un documento argomentato e frutto di un’oggettiva condizione di rischio per l’Italia (oltre che di umiliazione per persone che, come i giovani citati a Bari, hanno anch’essi nomi e cognomi).
Sulle carceri come sulla riforma elettorale, e in generale sulle modalità d’uscita dallo stallo italiano, la forza da mettere in campo non è quella del dissenso verbale: è quella della soluzione politica alternativa praticabile. Praticabile al punto di poterla imporre, se necessario, anche contro il parere del capo dello stato.
(...) La leadership di Renzi si misurerà – e anche sul Colle sapranno misurarla – se e quando avrà spianato la strada a una riforma elettorale possibile, anche a costo di una prova di forza con la destra a patto che la prova di forza serva all’obiettivo e non solo a mandare per aria larghe intese, governo e legislatura. Col bel risultato che presto Renzi ci riporterebbe sì a votare. Ma col Porcellum: proprio come fece Bersani, e probabilmente con lo stesso risultato.

domenica 13 ottobre 2013

Dubbi Sull'Amnistia

Segnalo di seguito l'intervento dell'Avv.Luciano Belli Paci di Milano a proposito dell'ipotesi di amnistia che sta suscitando molti dubbi (anche se tale proposta non esaurisce il messaggio di Napolitano sulla giustizia). Anni fa ho fatto attività di volontariato in carcere, per cui ne conosco abbastanza bene gli orrori, e non c'è dubbio che l'emergenza esiste. Ma le risposte devono essere strutturali, non episodiche. Il problema per me non è "educativo"; il problema è che se non si mettono in atto operazioni più profonde (a partire dal non mettere in galera chi è ancora in attesa di giudizio, per esempio) un'amnistia non serve; e rischia di far crescere la paura e il senso di insicurezza dei cittadini.

FMM


Il problema delle condizioni disumane nelle quali vivono gli ospiti delle carceri italiane è drammatico e richiede, da tempo, interventi anche emergenziali.

Molte cose si potrebbero fare: allargare magari temporaneamente i requisiti per l’applicazione delle pene alternative ai detenuti meno pericolosi, adibire a carcere temporaneo qualche ex caserma, depenalizzare alcune
fattispecie (immigrazione clandestina, droghe leggere, reati colposi, violazioni privacy, ecc.) , costruire nuove carceri.  Le ultime due si devono fare in ogni caso e rappresentano le uniche soluzioni “strutturali” al problema, che altrimenti è destinato a ripresentarsi ciclicamente e ad intervalli sempre più brevi.

L’amnistia e l’indulto – così come in altri campi i condoni, le sanatorie, ecc. – sono invece falsi rimedi che producono danni profondi nel tessuto sociale e civile del nostro Paese.

L’Italia non è solo un paese di santi, poeti e navigatori.  Molto più numerosi di questi sono gli evasori fiscali, i truffatori, i mafiosi/camorristi/ndranghetisti, gli autori di abusi edilizi, gli inquinatori, i violentatori, i rapinatori, i corrotti e i corruttori, i ladri, ecc. ecc. ecc.

L’Italia funziona male perché l’illegalità è diffusa, è capillare, non suscita spesso riprovazione, ma trova comprensione, spesso consenso, perfino ammirazione.

L’effetto dei provvedimenti collettivi di clemenza in un paese fatto così sono devastanti.

Il furbo si conferma nell’idea di essere davvero furbo; l’imputato si convince dell’opportunità di affrontare sempre e comunque tutti i gradi di giudizio nella speranza di giovarsi dell’amnistia che verrà; la polizia e la magistratura vedono frustrati sforzi enormi grazie ai quali hanno fatto funzionare una macchina farraginosa che pare costruita apposta per favorire i delinquenti; la vecchietta vede tornare davanti all’ufficio postale il guappo che poco tempo fa le ha scippato la pensione …

A me personalmente che l’amnistia possa giovare a Berlusconi interessa fino a un certo punto.  Quel che mi “frega”, caro Presidente Napolitano, è che produce guasti profondi all’Italia.  Produce un debito di civiltà, non meno opprimente del debito pubblico.

Come è possibile che anche le forze politiche della nostra area non se ne rendano conto ?


giovedì 3 ottobre 2013

Saper Cogliere l'Attimo (Il Discorso di Enrico Letta Al Senato)

Signor Presidente, onorevoli senatori, nella vita delle Nazioni l’errore di non saper cogliere l’attimo può essere irreparabile. Sono le parole di Luigi Einaudi quelle che richiamo qui oggi: le richiamo qui in Parlamento, davanti al Paese, davanti a tutti voi, per venire subito al cuore della questione. L’Italia corre un rischio che potrebbe essere fatale, irrimediabile. Sventare questo rischio, cogliere o non cogliere l’attimo, dipende da noi, dipende dalle scelte che assumeremo in quest’Aula, dipende da un sì o da un no.
C’è un monito, un monito più recente, ugualmente solenne, che voglio qui ricordare. Poco più di cinque mesi fa il Presidente, cui va una volta ancora la mia, la nostra, profonda gratitudine, per quanto ha fatto e sta facendo per l’Italia, il presidente Giorgio Napolitano invitava le Camere riunite ad offrire una testimonianza di consapevolezza e di coesione nazionale, di volontà di dare risposte vere ai problemi del Paese. Invitava tutti coloro che lo avevano appena eletto una seconda volta alla Presidenza della Repubblica – fatto unico nella nostra storia – a uno scatto di dignità, di attaccamento alle istituzioni, di amore per l’Italia.
Quel monito fu accolto, anche allora, da un appassionato plauso della maggioranza dei presenti di queste Aule. Quel monito ha avuto come seguito nei mesi successivi l’impegno, con tutte le forze e la massima determinazione possibile, del Governo per costruire soluzioni tangibili ai problemi veri delle persone, per provare ad alimentare una rinnovata fiducia nella politica, nella sua capacità di riformare l’Italia e anche, problema più serio, di riformare se stessa, per restituire al mondo l’immagine di un Paese giovane, dinamico, affidabile.(...)

mercoledì 2 ottobre 2013

Giorgio Napolitano: La Mia Europa (da laStampa.it)

Dal dialogo emerge la concezione che Napolitano ha dell’Europa come vincolo virtuoso ed esterno da usare come contravveleno agli italici notori e deplorevoli vizi, storiche libertà di disavanzo di bilancio comprese. Ma al filone di pensiero che scende per li rami da Ciampi e Andreatta il Presidente aggiunge che, avendo la Ue abbracciato i valori dell’economia sociale di mercato (anche qui, Berlino über alles), occorre adesso porre rimedio all’«allarmante acuirsi di fenomeni di diseguaglianza e disagio sociali, di povertà e di esclusione dal lavoro dei giovani». E riconosce, per sintetizzare con un po’ di brutalità, che il Welfare - i «diritti acquisiti dai cittadini» che altri Paesi e perfino la Cina sembrano voler adesso considerare - è il cuore, la forma stessa della democrazia europea. Eppure quell’«impianto» va rivisto, «affermando nuove priorità nell’intervento dei poteri pubblici e nell’azione sociale», ma non «con tagli indiscriminati della spesa pubblica, anche quando bisogna ridurre sostanzialmente i debiti sovrani».

domenica 29 settembre 2013

Per l'Italia

Sono un "governista" non pentito, anche se fin dai primi giorni del governo Letta ho sentito la mancanza della squadra di Monti
A mio avviso l'errore di fondo era credere che "la politica" potesse riprendere in mano la situazione, e - come ha detto Stefano Menichini oggi a Omnibus - che si potesse "restituire" agli elettori ciò che era stato "tolto" dal governo Monti, mentre il Paese non era e non è ancora pronto a dichiarare superata l'emergenza (consiglio caldamente questo articolo di Cerretelli).

La cosa più importante oggi la dice Saccomanni al Sole24Ore: i conti sono a posto, e i mercati lo sanno. Si tratta di farlo capire al mondo, anche "scenograficamente", facendo rimanere salda la cabina di regia del paese.
La politica deve saper ritrovare - decidano con quali trucchi, se con astensioni programmate o con nuovi gruppi parlamentari, poco importa - lo spazio di manovra che nelle emergenze siamo sempre stati capaci di sfruttare.

Letta dimissionario ad oltranza, Letta bis, Bernabè, Saccomanni stesso: nomi possibili per un eventuale - ma non strettamente necessario - nuovo governo che dia anche la "scusa" ai poco responsabili per fingere un po' di responsabilità. Il tempo di fare almeno una legge elettorale che dia sicurezza per future maggioranze (oppure ci penserà la Corte Costituzionale di Amato e Mattarella, come ipotizzava oggi Bordin a Omnibus, con qualche sentenza "originale"?), magari l'inserimento della "sfiducia costruttiva" per evitare continue fibrillazioni, legge di stabilità. 

Il meglio sarebbe continuare anche nel semestre europeo, ma sarà difficile.
Comunque non è possibile illuderci con parole d'ordine facili come "il ritorno della politica" o simili. 

E in ogni caso: Il governo Letta anche dimissionario è in carica fino a che non ne nasce uno nuovo. I tempi possono essere inaspettatamente lunghi e Napolitano sa quali sono i nostri interessi. 

Buon lavoro, e manteniamo la calma.

FMM

Saccomanni al Sole 24 Ore: «Conti a posto, i mercati lo sanno»

«Grazie ai nostri sforzi i conti pubblici dell'Italia sono a posto - spiega il ministro dell'Economia, a poche ore dall'annuncio delle dimissioni dei ministri del Pdl - Siamo in linea con gli obiettivi e con gli impegni europei. Abbiamo uno 0,1% di Pil da dover correggere, ma nel decreto che abbiamo portato venerdì in Consiglio dei ministri quella correzione già era stata individuata e c'è ancora tutto il tempo per approvarla prima della fine dell'anno». 

Il problema è che dalle prossime ore rischia di non esserci più il governo. E non c'è da fare solo quella correzione. C'è da approvare la legge fondamentale del nostro bilancio, quella legge di stabilità che in base alla nuova governance europea dovrà essere approvata anche a Bruxelles. «La legge di stabilità – sottolinea Saccomani – è un atto obbligatorio. Non ci si può esimere da questo. Un governo la farà. Aspettiamo di vedere l'evolversi del quadro politico, ma non c'è nessuna ragione per cui non la possa fare questo governo, anche – eventualmente – da dimissionario». 

di Fabrizio Forquet con un articolo di Isabella Bufacchi - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/uTcnX

Il Momento Peggiore (F.Forquet, Sole24Ore)

Sono tutti passaggi essenziali per provare ad agganciare i flebili segnali di ripresa internazionale di fine anno. Passaggi ai quali l'Italia rischia ora di arrivare senza un governo. Laddove non solo servirebbe un governo, ma servirebbe anche un governo credibile. Perché è chiaro che a nulla servirà un Esecutivo che dalla prossima settimana dovesse ricominciare a ballare sull'Imu, dopo lo spettacolo indecoroso sull'Iva cui abbiamo assistito fino alla tarda serata di ieri.

di Fabrizio Forquet - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/Ro2Wl

Ora basta, pensate al Paese (Mario Calabresi su laStampa.it)


"(...) È quasi inutile mettersi a ricordare la situazione nella quale siamo: la mancanza di lavoro, di speranze, di prospettive; il coraggio che moltissimi devono mettere in campo ogni giorno per andare avanti; la disperazione di chi deve abbassare una saracinesca per sempre o di chi ha ricevuto la lettera di licenziamento. Inutile anche gridarlo di fronte a chi è sordo ai problemi di tutti. 

Nei Paesi normali, quelli noiosi in cui le elezioni si tengono a scadenze fisse, i cambi di governo sono considerati traumatici perché ogni volta bisogna rimettere in moto la macchina con guidatori nuovi. Noi ci permettiamo il lusso - suicida - di farlo per la seconda volta nello stesso anno. Con un disprezzo totale della vita dei cittadini e dei loro problemi. 

In Francia è appena stata varata una commissione che dovrà stilare un rapporto per immaginare come sarà il Paese tra dieci anni, per programmare politiche capaci di interpretare e guidare i cambiamenti. Il nostro orizzonte invece si è ridotto ad una manciata di ore. Non abbiamo nemmeno più la vista breve, sembriamo condannati alla cecità. (...)

Tra quindici giorni andrà presentata la legge di stabilità, il passaggio chiave per chi come noi ha i conti pubblici a rischio; il 15 novembre arriveranno le pagelle europee; il nostro debito è risalito pericolosamente; il Fondo Monetario proprio due giorni fa è tornato a parlare di Italia a rischio: E noi, che avremmo un disperato bisogno di uno scudo di protezione e di credibilità, ci presentiamo al giudizio nudi e disarmati. 
Questa settimana Letta era a parlare a Wall Street, per rassicurare sulla nostra stabilità, pensate allo sconcerto o alle risate (a seconda che ci amino o no) che si stanno facendo in giro per il mondo. 
Avremmo bisogno di alzare la testa, dare spazio all’energia e alla razionalità e provare a immaginare e costruire, partendo dai problemi reali, un’altra Italia. (...)

Gli italiani meritano rispetto. È tempo di chiarezza, di passaggi netti, definitivi. 
Sappiamo con certezza che la maggioranza dei politici del Pdl non approva questa decisione. Sarebbe ora che trovassero la dignità e la forza di non scambiare l’affetto, la fedeltà e la riconoscenza per il Capo con l’adesione a un gesto che fa del male a tutto il Paese. 
E sarebbe il tempo in cui tutti quelli che pensano di appartenere ad una comunità fatta di sessanta milioni di persone e non ad una parte, avessero il coraggio di dire: «Questa volta viene prima l’Italia»"


sabato 28 settembre 2013

Chiarimento Alla Luce Del Sole

Fonti di Palazzo Chigi hanno riferito le prime valutazioni di Letta: «Il chiarimento -avrebbe detto- deve avvenire in Parlamento, alla luce del sole e di fronte ai cittadini». Sempre Letta afferma: «Il tentativo di rovesciare la frittata sulle ragioni dell'aumento dell'Iva è contraddetto dai fatti che sono sotto gli occhi di tutti perché il mancato intervento è frutto delle dimissioni dei parlamentari Pdl e quindi del fatto che non era garantita la conversione del dl in legge». E sempre fonti di Palazzo Chigi riferiscono altre esternazioni attribuire al premier: «La decisione presa ieri in Consiglio dei ministri a proposito del mancato rinvio dell'aumento dell'Iva, si apprende da fonti di palazzo Chigi, è stata assunta concordemente anche dai ministri Pdl».

sabato 21 settembre 2013

Intervento del Presidente Napolitano all'incontro di studio in ricordo di Loris D'Ambrosio

Parto naturalmente dal titolo e dalla funzione di magistrato di cui Loris D'Ambrosio era orgogliosamente portatore. Il titolo di "impiegati pubblici", riferibile in Costituzione anche ai magistrati, non dovrebbe mai essere usato in senso spregiativo ma non può peraltro oscurare - da nessun punto di vista - la peculiarità e singolare complessità delle funzioni giudiziarie. Non c'è nulla di più impegnativo e delicato che amministrare giustizia, garantire quella rigorosa osservanza delle leggi, quel severo controllo di legalità, che rappresentano - come ho avuto più volte occasione di ribadire - "un imperativo assoluto per la salute della Repubblica". Anche la considerazione della peculiarità di questa funzione, e l'inequivoco rispetto per la magistratura che ne è investita, sono invece stati e sono spesso travolti nella spirale di contrapposizioni tra politica e giustizia che da troppi anni imperversa nel nostro paese.

Il superamento di tale fuorviante conflitto, gravido di conseguenze pesanti per la vita democratica in Italia, ha rappresentato l'obbiettivo costante del mio impegno fin dall'inizio del mandato di Presidente, e nessuno più di Loris D'Ambrosio mi ha aiutato a definirne i termini e le condizioni. E nulla è stato più paradossale e iniquo che vedere anche Loris divenire vittima di quello che il professor Fiandaca ha chiamato "un perverso giuoco politico-giudiziario e mediatico". La cui impronta mistificatoria si è fatta risentire proprio oggi forse in non casuale coincidenza con questo incontro.

giovedì 8 novembre 2012

Obama, l'America e noi


Gli americani non sono riusciti a fidarsi del businessman Romney nemmeno dopo quattro anni di recessione e ripresa anemica, con la disoccupazione quasi all’8% - un livello altissimo per gli Usa - e una montagna di debito che sembra il Mount Rushmore. Ci sono, ovviamente, altre ragioni per la vittoria abbastanza facile di Obama - la grande partecipazione di ispanici, neri e donne; un partito repubblicano che ha preso posizioni troppo estreme su temi quali l’aborto e l’immigrazione, ed il «fattore umano» di un Presidente che sembra nato per fare campagna elettorale ed uno sfidante che sembra nato per stare nell’ufficio d’angolo con vista sui grattacieli. Prima delle elezioni scrissi che gli americani avrebbero votato con il portafogli. Martedì, il Paese ha puntato il portafogli verso Obama e gli ha detto: «Hai quattro anni per riempirlo!». 
 
L'amministrazione Obama, proprio perché punta sulla stabilità fra le due sponde dell'Atlantico, ha bisogno dell'amico italiano. Ha bisogno di un paese leale, governato da esponenti credibili. E nelle relazioni internazionali, come è noto, i rapporti personali contano parecchio. Negli ultimi due anni Obama ha costruito un legame tutt'altro che convenzionale prima con Giorgio Napolitano e poi con Mario Monti, il premier succeduto a Berlusconi. Non è casuale. L'Italia non può non rappresentare un tassello importante nella strategia europea della Casa Bianca, visto che i falchi sono a Berlino ed è con loro che bisogna fare i conti. In questo anno l'amico italiano ha fatto la sua parte, mentre l'amico americano non ha mai smesso d'incoraggiare una soluzione concordata, senza strappi ideologici, dei problemi comuni dell'Unione. E in tal senso molto ha contato, come si può capire, la relazione fra Bernanke e Mario Draghi.
 
 
Adesso occorre vedere quali uomini Obama sceglierà per gestire l'economia e il cruciale rapporto fra industria e finanza. Non c'è dubbio infatti che la crisi del 2007-2008 è stata figlia di una iperfinanziarizzazione del sistema, tenacemente perseguita ad esempio da Bob Rubin, ministro del Tesoro di Bill Clinton e nume tutelare poi di tutta la squadra economica di Obama dopo la vittoria del 2008. Rubin era stato in molte negoziazioni commerciali importanti, con l'Asia soprattutto, il propugnatore di un progetto che vedeva cessioni all'Asia di sempre maggiori quote di manifatturiero in cambio di un ruolo privilegiato per Wall Street nella cogestione delle risorse finanziarie asiatiche. Allora Obama fu affrontato da un frustrato senatore democratico, Byron Dorgan del North Dakota, per anni voce quasi solitaria al Senato contro i rischi della troppa deregulation, di cui Rubin e Summers furono artefici di Mario Margiocco
 

giovedì 21 giugno 2012

DALLA PARTE DI NAPOLITANO

[Enrico Letta su Europa] [post correlato Il Quirinale e la mossa legittima (da laStampa)]
Forse è il caso di lasciar da parte sfumature e mezze misure. E ribadire con nettezza dove stiamo, e dove gli elettori ci possono trovare. Noi stiamo dalla parte di Napolitano e stiamo dalla parte di Monti. Sembra assurdo che sia necessario ripeterlo ancora. Lo sviluppo degli eventi di questi anni e di questi mesi ci ha visti infatti lineari e coerenti. E direi determinanti per la svolta che consente oggi all’Italia di giocare il ruolo da protagonista in Europa e nel G20. 
E non ci si può far prendere la mano dalla evidente e reale fatica della società e dell’economia italiana di questo tempo per imputare tutto ciò al governo in carica e alle scelte coraggiose del presidente della repubblica. Cosa sarebbe dell’Italia oggi senza le scelte di Napolitano e senza l’azione di Mario Monti?

martedì 19 giugno 2012

Il Quirinale e la mossa legittima (da laStampa)

Un chiarissimo Carlo Federico Grosso a difesa dell'azione del Quirinale
FMM

(...) In termini burocratici, si sollecitava dunque, semplicemente, il procuratore generale della Cassazione ad assicurare, per quanto possibile, l’opportuno coordinamento delle indagini, allo scopo di evitare che iniziative discordanti potessero danneggiarle. Ed allora, che c’è di strano? Il Capo dello Stato, nella prospettiva di una proficua collaborazione istituzionale, ha sollecitato, semplicemente, il procuratore generale presso la Cassazione ad esercitare con tempestività ed efficienza i suoi poteri di controllo in una materia particolarmente incandescente quali sono le indagini sulla trattativa mafia-Stato.(...) Dato il tenore della lettera, non è d’altronde vero che si siano verificate indebite pressioni sul procuratore generale, non è vero che sia stato scavalcato il Capo della Dna, nulla, nella lettera, fa lontanamente pensare che essa tendesse a salvare in qualche modo i politici. Che su questa vicenda si sia imbastita una polemica di tal fatta, è segno tristissimo della crisi in cui annaspa il nostro Paese.

mercoledì 6 giugno 2012

Appello di Open Media Coalition al Presidente della Repubblica

(...) La ragione per la quale ci permettiamo di rivolgerci a Lei, Signor Presidente, tuttavia, non è legata tanto ai nomi degli eletti che Lei dovrebbe proclamare membri delle Autorità, quanto, piuttosto al metodo seguito per la loro nomina, metodo che, come avrà modo di verificare direttamente, è stato palesemente inadatto a garantire il raggiungimento degli scopi e degli obiettivi ai quali i procedimenti di nomina sono preposti e finalizzati. (...)

mercoledì 25 aprile 2012

L'Italia, la Resistenza, la politica, il futuro (le parole del Presidente Napolitano)

(...) E richiamando le parole di Giacomo Ulivi, giovane di 19 anni condannato a morte e fucilato nella Piazza Grande di Modena il 10 novembre 1944, il Presidente Napolitano ha detto: "se fu possibile far rinascere l'Italia, lo fu perché in moltissimi - sull'onda della Liberazione - si avvicinarono alla politica, non considerandola qualcosa di 'sporco', ma vedendo la cosa pubblica come affare di tutti e di ciascuno. E invece oggi cresce la polemica, quasi con rabbia, verso la politica. E si prendono per bersaglio i partiti, come se ne fossero il fattore inquinante. Ma per capire, e non cadere in degli abbagli fatali, bisogna ripartire proprio dagli eventi che oggi celebriamo. Come dimenticare che proprio da allora, dagli anni lontani della Resistenza, i partiti divennero e sono per un lungo periodo rimasti l'anima ispiratrice e il corpo vivo e operante della politica? I partiti antifascisti furono innanzitutto la guida ideale della stessa Resistenza, che non si identificò con nessuno di essi, che non ebbe un solo colore, che si nutrì di tante pulsioni e posizioni diverse, ma dai partiti trasse il senso dell'unità e la prospettiva della democrazia da costruire nell'Italia liberata. E furono quei partiti i promotori e i protagonisti - sospinti dalla forza del voto popolare - dell'Assemblea Costituente, dando vita a quella Costituzione repubblicana che costituisce tuttora la più solida garanzia dei valori e dei principi che scaturirono dalla Resistenza. E anche quando si ruppe l'unità antifascista e la politica si fece aspra competizione democratica, furono i partiti, e fu la partecipazione dei cittadini a quel confronto, fu la partecipazione popolare alla vita politica e sociale che resero possibile uno straordinario progresso dell'Italia senza lacerazioni dell'unità nazionale. Sono poi venute, col passare dei decenni, le stanchezze e le degenerazioni - lo sappiamo - della politica e dei partiti. Questi non sono certo più gli stessi dell'antifascismo, della Resistenza e della Costituente : diversi ne sono scomparsi, altri si sono trasformati, ne sono nati di nuovi, e tutti hanno mostrato limiti e compiuto errori, ma rifiutarli in quanto tali dove mai può portare? Nulla ha potuto e può sostituire il ruolo dei partiti, nel rapporto con le istituzioni democratiche. Occorre allora impegnarsi perché dove si è creato del marcio venga estirpato, perché i partiti ritrovino slancio ideale, tensione morale, capacità nuova di proposta e di governo. E' questo che occorre : senza abbandonarsi a una cieca sfiducia nei partiti come se nessun rinnovamento fosse possibile, e senza finire per dar fiato a qualche demagogo di turno. Vedete, la campagna contro i partiti, tutti in blocco, contro i partiti come tali, cominciò prestissimo dopo che essi rinacquero con la caduta del fascismo : e il demagogo di turno fu allora il fondatore del movimento dell'Uomo Qualunque - c'è tra voi chi forse lo ricorda -un movimento che divenne naturalmente anch'esso un partito, e poi in breve tempo sparì senza lasciare alcuna traccia positiva per la politica e per il paese. Io ho ritenuto doveroso, e non solo negli ultimi tempi ma in tutti questi anni, sollecitare anche con accenti critici, riforme istituzionali e politiche ; e mi rammarico che si sia, in questa legislatura e nella precedente, rinunciato a ogni tentativo per giungere in Parlamento a delle riforme condivise. Oggi però si sono create condizioni più favorevoli per giungervi : anche per definire norme che sanciscano regole di trasparenza e democraticità nella vita dei partiti, compresi nuovi criteri, limiti e controlli per il loro finanziamento, e per varare una nuova legge elettorale che restituisca ai cittadini la possibilità di scegliere i loro rappresentanti, e non di votare dei nominati dai capi dei partiti. In effetti, sono cadute non solo vecchie contrapposizioni ideologiche ma anche forme di sorda incomunicabilità tra opposte parti politiche, ed è dunque possibile oggi concordare in Parlamento soluzioni che sono divenute urgenti, anzi indilazionabili. Non esitino e non tardino i partiti a muoversi concretamente in questo senso. Guardino però tutti con attenzione ai passi per le riforme che si stanno compiendo e si compiranno da parte dei partiti, e non vi si opponga una sfiducia preconcetta e aggressiva".

"Prevalga - ha continuato il Capo dello Stato - dunque un serio impegno di rinnovamento politico-istituzionale e lo si accompagni, da parte dei cittadini, con spirito più costruttivo e fiducioso. Rinnovamento, fiducia e unità sono le condizioni per guardare positivamente a tutti i problemi economici e sociali che ci assillano e che presentano aspetti drammatici per le famiglie in condizioni più difficili, per quanti vedono a rischio il posto di lavoro e per quanti sono, soprattutto tra i giovani, fuori di concrete possibilità di occupazione. Ed è questo il nostro assillo più grande: aprire prospettive più certe e degne di lavoro e di futuro per le giovani generazioni. La politica, i partiti, debbono, rinnovandosi decisamente, fare la loro parte nel cercare e concretizzare risposte ai problemi più acuti, confrontandosi fattivamente col governo fino alla conclusione naturale della legislatura. Debbono fare la loro parte le istituzioni, dal Parlamento e dal governo nazionale ai Comuni, peraltro condizionati oggi da gravi ristrettezze. Dobbiamo fare tutti la nostra parte, con realismo, consapevolezza, senso di responsabilità, sapendo che le possibilità di ripresa e di rilancio dello sviluppo economico e sociale del paese, sulla base di una giusta distribuzione dei sacrifici necessari, sono legate anche a un grande insieme di contributi operosi e di comportamenti virtuosi che vengano dal profondo della società e ne rafforzino la coesione".(...)


http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Notizia&key=25304

giovedì 5 aprile 2012

La Nota del Quirinale: Regole di Democraticità e Trasparenza nella vita dei partiti


"Esigenza di adeguate iniziative in sede parlamentare volte a sancire per legge regole di democraticità e trasparenza nella vita dei partiti e meccanismi corretti e misurati di finanziamento della loro attività"

"Ferma restando l'autonomia dei procedimenti giudiziari in corso, e nel rispetto dei diritti sia degli indagati sia di tutti i soggetti interessati, è doveroso rilevare che sono venuti emergendo casi diversi di notevole gravità relativi alla gestione dei fondi attribuiti dalla legge ai partiti". E' quanto ha dichiarato il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha così continuato: "Ne scaturisce l'esigenza - cui non possono non essere sensibili nella loro responsabilità le forze politiche - di adeguate iniziative in sede parlamentare volte a sancire per legge regole di democraticità e trasparenza nella vita dei partiti, ai sensi dell'art. 49 della Costituzione, e meccanismi corretti e misurati di finanziamento dell'attività dei partiti stessi, sempre essenziale in quanto finalizzata a «concorrere a determinare la politica nazionale»".