giovedì 17 ottobre 2013

Eccessi Di Polemica Con Il Quirinale

Un breve pensiero sugli eccessi di polemica nei confronti del Quirinale che sembrano segnare questi giorni. L'impressione è che vi siano settori del Paese sempre più insofferenti verso la figura di Giorgio Napolitano, vista - a torto - come garante di un sistema partitico "senza se e senza ma"; del "vecchio" contro il "nuovo" (Renzi e Grillo). 

Da una parte, è sicuramente vero che Napolitano - come già in altre fasi della storia della Repubblica - non ama gli avventurismi e i movimentismi (e ha molte ragioni dalla sua); d'altro canto si ha la percezione di politici in cerca di visibilità e consenso che molto facilmente si esprimono contro il passato, come se tutto fosse stato un errore, senza guardare al contesto e alla storia complicata della nostra democrazia. 

Si può non essere d'accordo con Napolitano su molte cose, ma per dimostrare a lui e al Paese che ci sono soluzioni diverse per i problemi, bisogna anche saperlo spiegare al di là di facili slogan. E mostrarsi capaci di tenere il Paese unito, non giocare a dividerlo su slogan. 

Molto meglio di me - e con meno "antipatia" nei confronti di alcuni dei suddetti politici - lo dice Menichini su Europa; vi invito a leggerlo.

FMM

(...) Con Bersani, tanti pensano che quel novembre 2011 sia l’origine di tutti i loro guai successivi. Non accorgendosi forse che, nella situazione italiana di allora, se si fosse andati alle elezioni molto del lavoro sporco svolto dai tecnici sarebbe toccato comunque al Pd. E soprattutto che Napolitano, avendo un polso del paese evidentemente migliore di quello dei partiti, fin da allora implorava affinché questi ultimi utilizzassero il tempo della transizione per ridarsi decoro agli occhi dei cittadini, sui temi del costo e del funzionamento della politica.
È colpa del Quirinale se, a due anni di distanza, siamo ancora a caro amico su finanziamento pubblico, legge elettorale, bicameralismo, con le conseguenze viste a febbraio nel voto a Grillo? (...) 
Dopo questi anni dovrebbe essere chiaro che fra le molte persone e istituzioni d’Italia che meritano una rottamazione non figura la presidenza della repubblica.
Rivendicare il diritto al dissenso verso il Colle fa sorridere. Siamo negli anni di Santanché e Grillo, Sallusti e Travaglio, Ingroia e Bossi: sai che originalità, dissentire dal Quirinale.
Quanto al messaggio sulle carceri, si tratta di un documento argomentato e frutto di un’oggettiva condizione di rischio per l’Italia (oltre che di umiliazione per persone che, come i giovani citati a Bari, hanno anch’essi nomi e cognomi).
Sulle carceri come sulla riforma elettorale, e in generale sulle modalità d’uscita dallo stallo italiano, la forza da mettere in campo non è quella del dissenso verbale: è quella della soluzione politica alternativa praticabile. Praticabile al punto di poterla imporre, se necessario, anche contro il parere del capo dello stato.
(...) La leadership di Renzi si misurerà – e anche sul Colle sapranno misurarla – se e quando avrà spianato la strada a una riforma elettorale possibile, anche a costo di una prova di forza con la destra a patto che la prova di forza serva all’obiettivo e non solo a mandare per aria larghe intese, governo e legislatura. Col bel risultato che presto Renzi ci riporterebbe sì a votare. Ma col Porcellum: proprio come fece Bersani, e probabilmente con lo stesso risultato.

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