Un messaggio chiaro: il Giappone reagirebbe non solo fidando nell'appoggio e nell'ombrello nucleare americano, ma confidando sulla propria forza. Del resto, per la prima volta da quanto fu stipulato il trattato di Difesa tra Stati Uniti e Giappone, le due parti hanno approntato nei minimi dettagli un piano militare congiunto per contrastare un eventuale attacco su una specifico territorio: le Senkaku, appunto, nel Mar cinese orientale.
Dal nostro corrispondente Stefano Carrer - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/GfC7r
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Sul Giappone scrivevo in un intervento su una ml il 26 luglio scorso
Forse è un ragionamento troppo semplicistico, ma la politica "aggressiva" di Abe in termini monetari (discutibile sotto diversi punti di vista, anche se nel breve periodo ha dato ossigeno all'economia giapponese) sembra trovare un parallelo nel campo della difesa. Entro certi limiti la cosa può essere comprensibile, ma rimane un segnale fortemente inquietante; soprattutto perché rappresenta di fatto un ulteriore incrinatura nel sistema delle relazioni internazionali, sempre più "anarchico", sia dal punto di vista economico che politico-militare.
Inoltre, la competizione anche in termini monetari può avere il risvolto di "rovesciare" sull'esterno le dinamiche della crisi: da un lato è una comprensibile strada per prendere tempo e ossigeno, dall'altra però può rallentare la presa di coscienza della necessità di riforme interne, spostando appunto su altro - e altri paesi, dunque - la responsabilità dei problemi economici del paese. Anche in questo senso - pur con tutte le cautele nell'evitare facili automatismi o determinismi - nazionalismo economico e nazionalismo più politico-militare possono darsi una (pericolosa) mano. La speranza è che la retorica di Abe rimanga tale, ovviamente.
Però chissà, forse dovremo vedere e affrontare una qualche forma di conflitto armato potenzialmente globale (magari proprio sul versante delle "nuove potenze", vd. appunto isole Sensaku), per essere costretti a ricercare una nuova forma di collaborazione.
Speriamo non sia così; magari "basterà" avvicinarci al rischio. E se invece deve essere una qualche forma di guerra, speriamo e prepariamoci perché le cose avvengano in modo da limitare i danni. Anche i conflitti armati sono diversi da un tempo, e non c'è da pensare a uno scenario apocalittico, credo.
Ma l'anarchia del sistema internazionale, e l'incapacità odierna degli Stati Uniti e di altre superpotenze a esercitare una leadership globale, possono portare a costi troppo elevati e non strettamente necessari.
L'alba comunque arriverà, su questo non c'è da aver paura; ma sta a noi decidere quanto far durare la notte di questa crisi.
Francesco Maria
(...) La riforma è motivata dai timori del Paese riguardo alle ambizioni nucleari della Corea del nord e alla disputa, attualmente in corso, sul controllo di un gruppo di isolette nel Mar della Cina orientale, chiamateSenkaku in Giappone e Diaoyu in Cina, controllate da Tokyo, ma rivendicate da Pechino. Proprio stamani, è stata segnalata dalle autorità giapponesi un'incursione nelle acque territoriali di tali isole da parte di 4 guardacoste cinesi, la quale ha reso il clima tra i due Paesi ancora più teso.
Peraltro, l'articolo 9 della Costituzione giapponese - redatto da forze di occupazione americane dopo la sconfitta del Paese nella seconda guerra mondiale - prevede l'uso delle forze militari solo nel caso diautodifesa, escludendo la possibilità di iniziare unilateralmente un'azione militare. Ma, in realtà, le "Self-Defense Forces" del Giappone sono uno degli eserciti più forti dell'Asia. La riforma in quest'ottica potrebbe comportare un'espansione dell'attività militare, ma il Ministro della Difesa Itsunori Onodera ha fatto sapere ai giornalisti che non vi è alcun cambiamento di base nella politica nazionale di "sicurezza esclusivamente difensiva", e ha negato che possano essere compiuti "attacchi preventivi" nei confronti di obiettivi nemici.(...)
Ma funzionerà? Mentre la politica monetaria sperimentale è ora ampiamente accettata come una procedura standard nell’odierna era post-crisi, la sua efficacia resta dubbia. Quasi quattro anni dopo che il mondo ha toccato il fondo sulla scia della crisi finanziaria globale, l’impatto del Qe è stato straordinariamente asimmetrico. Mentre le massicce iniezioni di liquidità sono state efficaci nello scongelare i mercati del credito e hanno messo fine alla fase peggiore della crisi – come testimonia il primo ciclo di Qe attuato dalla Fed nel biennio 2009-2010 – i successivi sforzi non hanno di Stephen S. Roach - Il Sole 24 Ore - leggi su Le illusioni di politica monetaria di Shinzo Abe
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