L'Arabia Saudita rinuncia al seggio nel Consiglio di Sicurezza. La notizia è al tempo stesso interessante ed inquietante. Perché in questi anni l'ONU di fatto è stata superata su molti dossier (vedi la guerra contro l'Iraq di George Bush junior), ma in qualche modo la comunità internazionale tentava di tornare in quel luogo di discussione, per quanto debole e bistrattato.
Insomma, una delegittimazione de facto, che però tentava sempre di salvare le apparenze, salvare il fatto che l'ONU dovesse rimanere - alla fine dei giochi, magari, ma comunque in qualche modo presente - il luogo deputato in cui discutere le cose del mondo, almeno le principali. In questo senso il rifiuto di Riyad rischia di essere un precedente pericoloso, scivoloso. Utilizzabile anche da altri stati.
Il rischio è a due facce, pero; perché vale anche per l'Arabia Saudita che potrebbe - se non gioca bene questa carta, anche mediatica - mettersi in un angolo: acquisire visibilità per poco, ma poi non avere forza politica (che è cosa diversa dalla forza economica, che c'è, e con la quale Riyad sta giocando pesantemente per esempio sulla piazza egiziana) per far fruttare questa posizione. In ogni caso, un problema del quale il mondo - e gli Stati Uniti, il cui operato è sempre più discutibile, da questo punto di vista - deve occuparsi.
FMM
Mentre la prima positiva tornata di colloqui sul nucleare iraniano comincia a far credere all’occidente che un accordo con Teheran sia davvero possibile, Riad sbatte la porta in faccia all’Onu rinunciando al seggio appena ottenuto al Consiglio di Sicurezza in polemica con la politica internazionale sulla Siria a suo dire fallimentare.
Il regno saudita non ha mai fatto mistero di aver mal digerito l’intesa tra Mosca e Washinton sulla distruzione delle armi chimiche di Assad, convinto che si tratti di un escamotage russo per regalare tempo al regime contro cui si battono i ribelli armati in gran parte proprio da Riad. Il nuovo corso inaugurato dal neoeletto presidente Rohani poi, ha moltiplicato i motivi di apprensione allineando sempre più la posizione di re Abdullah a quella israeliana, una comunanza d’interessi e strategie che si estende dall’Egitto (entrambi i paesi guardano con favore al golpe militare che ha deposto Morsi), a Gaza (dove Hamas non è benvisto da nessuno dei due), fino ovviamente all’Iran, di cui l’Arabia Saudita teme le mire espansionistiche nella regione almeno quanto Israele contrasta le ambizioni nucleari.
Adesso, a sorpresa, il gran rifiuto.(...)
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