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lunedì 23 dicembre 2013

Il Sogno di Saccomanni (da Linkiesta.it)

Fabrizio Saccomanni ha fatto un sogno. Si è visto, in una piovosa e grigia mattinata londinese, uscire dal n.11 di Downing Street, proprio accanto alla residenza del primo ministro, e mostrare ai fotografi, riuniti per l’annuale occasione, una valigetta consunta che un tempo era rossa, sempre la stessa dai tempi di Gladstone per lo stesso rito. Un sorriso alla stampa, la valigetta alzata per i flash, poi via ai Comuni a depositare davanti ai rappresentanti del popolo il bilancio della Corona. Il bilancio è sigillato, solo lui ne conosce le cifre prima di sottoporlo al voto: prendere o lasciare.
 
(..​.) Quanti ministri del Tesoro (chiamati oggi, più pomposamente, dell’economia) hanno sognato la stessa britannica scena e si sono risvegliati nell’incubo quotidiano di Montecitorio e palazzo Madama. Westminster era quel che aveva in mente Beniamino Andreatta, il più inglese degli economisti democristiani, nel 1978 quando istituì la legge finanziaria che doveva essere composta idealmente del solo articolo 1, quello che fissa il saldo netto da finanziare (cioè la differenza tra entrate e uscite) e il limite del ricorso al mercato, cioè l’indebitamento annuo. Alla valigetta rossa del Cancelliere dello scacchiere faceva riferimento costante Luigi Spaventa, l’economista di sinistra che, da tutt’altra sponda, in quel clima di unità nazionale seguito al delitto Moro aveva contribuito a creare uno strumento più razionale per rendere conto del bilancio pubblico.
 
Il debito non era ancora così alto, arrivava sì e no al 70% del prodotto lordo, ma sia Andreatta sia Spaventa capivano che si sarebbe impennato ben presto per pagare a pie’ di lista le riforme sociali di quegli anni: le pensioni, la sanità per tutti, la cassa integrazione, la legge Prodi sui salvataggi aziendali, le regioni, insomma l’impalcatura dello stato assistenziale italiano così come lo conosciamo ancor oggi. Andreatta e Spaventa da allora in poi non hanno mai cessato di alzare il dito contro l’illusione del pasto gratis, cioè di poter sostenere la continua corsa della spesa pubblica senza pagare un prezzo, in termini non solo di entrate (cioè tasse) rimaste sempre, sistematicamente molto inferiori alle uscite, ma anche di efficienza e produttività. Entrambi erano ancora in prima fila, uno al centro e l’altro a sinistra, quando nel 1992 il debito pubblico arrivò al 120%, crollò la lira e con essa il sistema politico che aveva consentito a una intera generazione di spostare il conto sulla generazione futura. Hanno anche cercato un rimedio, si pensi alle privatizzazioni. Ma le cure peggiori del male sono state senza dubbio le manovre correttive (...)
 
Il modello britannico non è la panacea, la crisi fiscale dello stato è profonda ovunque, ma resta l’unico modo finora conosciuto per dare razionalità alla politica di bilancio, stabilire le responsabilità del governo e del parlamento nell’autonomia dei loro poteri. Quando ci sarà un ministro che esce da via XX Settembre con la sua ventiquattrore piena di cifre che nessuno conosce per recarsi alla Camera dei deputati unica istituzione depositaria del potere legislativo, ma senza facoltà di aumentare le spese, ebbene allora l’Italia sarà un paese più moderno e affidabile.
 

domenica 22 dicembre 2013

Unione bancaria, la partita sulla leadership europea e i diktat tedeschi (da HuffingtonPost.it)

(...) Il primo obiettivo, riguardante l'accentramento della vigilanza, è stato raggiunto: è stato, infatti, adottato un regolamento e il sistema sarà pienamente operativo dal prossimo anno. Alla Banca Centrale Europea spetta la vigilanza diretta sulle principali banche (circa 130), mentre resta in capo agli organi nazionali quello sulle altre banche (ferma restando la facoltà della BCE di intervenire per assicurare la coerente applicazione degli standard europei). Nel frattempo è partita l'Asset Quality Review che insieme agli stress test consentiranno alla BCE di avere una radiografia accurata del sistema bancario europeo.

Il secondo obiettivo, discusso in questi giorni, riguardava, invece, la creazione di un meccanismo comune di gestione delle crisi creditizie che possano avere ripercussioni gravissime sul paese di appartenenza e, in ultima analisi sull'intera Eurozona, com'è accaduto per Portogallo, Spagna, Cipro, e come avverrebbe se la situazione italiana dovesse precipitare. La Commissione ha proposto un meccanismo uniforme che però ha incontrato notevoli resistenze soprattutto dalla Germania. Al di là dei pretesti giuridici inizialmente invocati (non c'è una base giuridica nel Trattato, la competenza dovrebbe spettare al Consiglio e non alla Commissione) il vero tema era: chi paga in caso di default di una banca? La preoccupazione sottostante era ancora una volta che i contribuenti tedeschi finissero per pagare per il salvataggio di banche dei paesi del sud Europa.

Di qui una serrata battaglia per assicurarsi che innanzi tutto le crisi gravino, con un ordine di priorità prestabilito, su azionisti, obbligazionisti, creditori e clienti (salvo quelli garantiti per depositi fino a 100.000 Euro). E' poi stata prevista l'istituzione di un fondo comune, alimentato dalle stesse banche, che nell'arco di una decina di anni dovrebbe raccogliere cinquantacinque miliardi. Fin qui tutto bene. Il problema è che succede nel frattempo, in caso di crisi, se questi fondi sono insufficienti. Lo stesso rischio vale a regime dinanzi a crisi di proporzioni simili a quella passata. Su questi temi lo scontro si è fatto pesante e nei giorni scorsi il Ministro Saccomanni ha preso carta e penna per chiarire formalmente la propria posizione, favorevole all'utilizzo anche di fondi pubblici dell'UE. Alla fine il compromesso trovato nella notte sembra prevedere che gli Stati o l'European Stability Mechanism possano erogare finanziamenti ponte, ove necessario.(...)

giovedì 21 novembre 2013

Parla Carlo Cottarelli

C’è chi dice: in Italia la spesa al netto degli interessi non è molto più alta che altrove. Cosa risponde?
«Se escludiamo gli interessi sul debito - troppi - e le pensioni è vero. Ma con questo debito non possiamo permetterci sprechi. Se possiamo essere più bravi dei tedeschi nel calcio, possiamo farlo anche nella revisione della spesa».


E la Sanità? Il ministro Beatrice Lorenzin sostiene che i risparmi saranno studiati all’interno del suo dicastero e Cottarelli è d’accordo. «Non siamo mica in conflitto. La revisione della spesa la deve fare prima di tutti la pubblica amministrazione», dice il commissario arrivato a Roma, al ministero dell’Economia, dal Fondo monetario internazionale. Le cose da fare, spiega, sono due: capire se si può fare la stessa attività, dare lo stesso servizio, a costi più bassi. E individuare e togliere i servizi non necessari. «Non si tratta di toccare lo stato sociale che è un fondamento dell’economia italiana». Ma, ripete, anche in questo settore occorre eliminare gli sprechi e «i servizi non necessari». 

Ancora più delicato è l’argomento pensioni. L’Italia, riconosce, «ha fatto un’ottima riforma che assicura la riduzione dei flussi di spesa per i prossimi 20 anni. Pochi paesi sono risusciti a farla». Ma per il presente «il paese ha un grosso problema: una spesa in rapporto al Pil che è troppo alta, tra le più alte al mondo». Sarà necessario, aggiunge, «toccare le pensioni d’oro e d’argento. L’approccio della legge di Stabilità è di congelare la perequazione. So che esistono difficoltà a livello costituzionale. Ma c’è una scelta da fare» afferma.


domenica 29 settembre 2013

Per l'Italia

Sono un "governista" non pentito, anche se fin dai primi giorni del governo Letta ho sentito la mancanza della squadra di Monti
A mio avviso l'errore di fondo era credere che "la politica" potesse riprendere in mano la situazione, e - come ha detto Stefano Menichini oggi a Omnibus - che si potesse "restituire" agli elettori ciò che era stato "tolto" dal governo Monti, mentre il Paese non era e non è ancora pronto a dichiarare superata l'emergenza (consiglio caldamente questo articolo di Cerretelli).

La cosa più importante oggi la dice Saccomanni al Sole24Ore: i conti sono a posto, e i mercati lo sanno. Si tratta di farlo capire al mondo, anche "scenograficamente", facendo rimanere salda la cabina di regia del paese.
La politica deve saper ritrovare - decidano con quali trucchi, se con astensioni programmate o con nuovi gruppi parlamentari, poco importa - lo spazio di manovra che nelle emergenze siamo sempre stati capaci di sfruttare.

Letta dimissionario ad oltranza, Letta bis, Bernabè, Saccomanni stesso: nomi possibili per un eventuale - ma non strettamente necessario - nuovo governo che dia anche la "scusa" ai poco responsabili per fingere un po' di responsabilità. Il tempo di fare almeno una legge elettorale che dia sicurezza per future maggioranze (oppure ci penserà la Corte Costituzionale di Amato e Mattarella, come ipotizzava oggi Bordin a Omnibus, con qualche sentenza "originale"?), magari l'inserimento della "sfiducia costruttiva" per evitare continue fibrillazioni, legge di stabilità. 

Il meglio sarebbe continuare anche nel semestre europeo, ma sarà difficile.
Comunque non è possibile illuderci con parole d'ordine facili come "il ritorno della politica" o simili. 

E in ogni caso: Il governo Letta anche dimissionario è in carica fino a che non ne nasce uno nuovo. I tempi possono essere inaspettatamente lunghi e Napolitano sa quali sono i nostri interessi. 

Buon lavoro, e manteniamo la calma.

FMM

Saccomanni al Sole 24 Ore: «Conti a posto, i mercati lo sanno»

«Grazie ai nostri sforzi i conti pubblici dell'Italia sono a posto - spiega il ministro dell'Economia, a poche ore dall'annuncio delle dimissioni dei ministri del Pdl - Siamo in linea con gli obiettivi e con gli impegni europei. Abbiamo uno 0,1% di Pil da dover correggere, ma nel decreto che abbiamo portato venerdì in Consiglio dei ministri quella correzione già era stata individuata e c'è ancora tutto il tempo per approvarla prima della fine dell'anno». 

Il problema è che dalle prossime ore rischia di non esserci più il governo. E non c'è da fare solo quella correzione. C'è da approvare la legge fondamentale del nostro bilancio, quella legge di stabilità che in base alla nuova governance europea dovrà essere approvata anche a Bruxelles. «La legge di stabilità – sottolinea Saccomani – è un atto obbligatorio. Non ci si può esimere da questo. Un governo la farà. Aspettiamo di vedere l'evolversi del quadro politico, ma non c'è nessuna ragione per cui non la possa fare questo governo, anche – eventualmente – da dimissionario». 

di Fabrizio Forquet con un articolo di Isabella Bufacchi - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/uTcnX

mercoledì 25 settembre 2013

Chi E' Carlo Cottarelli?

Oggi a Otto e Mezzo il ministro Saccomanni ha di fatto confermato che sarebbe sua intenzione nominare un commissario straordinario per la spending review. Pur non dando una risposta totalmente esplicita alla domanda di Gruber, ha dato la sensazione che il nome indicato dalla giornalista sia la scelta più probabile. Si parla quindi di Carlo Cottarelli, attualmente direttore del dipartimento per gli affari fiscali e di bilancio del Fondo Monetario internazionale. Di seguito qualche link per conoscerlo meglio.

FMM

Da ormai due mesi per esempio Saccomanni annuncia l' intenzione di nominare «in tempi brevi» un commissario straordinario per la spending review. Secondo varie fonti con conoscenza diretta del dossier, Saccomanni ha anche in mente da tempo una persona adatta per quell' incarico: Carlo Cottarelli, un passato in Banca d' Italia, oggi direttore del dipartimento per gli affari fiscali e di bilancio del Fondo monetario internazionale. Il solo fatto di pensare a un profilo del genere indica che Saccomanni non intende mettere mano alla spesa pubblica con il cacciavite o le forbicine da unghie. Vuole farlo con una robusta arma da taglio. Sarebbe difficile attrarre Cottarelli da Washington, dov' è all' apice della carriera, senza fornirgli garanzie sull' efficacia del suo mandato. Del resto è lo stesso Fmi che da anni suggerisce all' Italia di tagliare la spesa con decisione per poi poter ridurre il carico fiscale sul lavoro e sulle imprese di altrettanto. Il ministro ha ripetuto l' impegno a creare il commissario straordinario alla spending review, «permanente» e dotato di staff, 


Per la spending review, infine, circola l’ipotesi che possa diventare commissario straordinario Carlo Cottarelli, direttore del dipartimento per gli affari fiscali e di bilancio del Fondo Monetario Internazionale. Ma in questo clima di instabilità anche questa nomina sembra essere più difficile. 



Carlo Cottarelli, a citizen of Italy, has been Director of the Fiscal Affairs Department since November 2008.
After receiving degrees in economics from the University of Siena and the London School of Economics, he joined the Research Department of the Bank of Italy where he worked from 1981 to 1987 in the Monetary and Financial Sector Division. After working for about one year as head of the Economic Research Department of ENI (the main Italian energy company), Mr. Cottarelli joined the IMF in 1988, working for the European Department, the Monetary and Capital Markets Department, the Policy Development and Review Department, and the Fiscal Affairs Department. He was Deputy Director both in the European Department and the Strategy, Policy and Review Department.(...)
Per capire quali sono le principali sfide e cosa aspettarsi dai prossimi anni Euronews ha parlato con Carlo Cottarelli, Direttore del Dipartimento Affari Fiscali dell’Fmi.
Aleksandra Vakulina, Euronews: “Pochi Paesi europei possono dirsi contenti dello stato del proprio deficit. L’obiettivo del 3% sul Pil per molti pare irraggiungibile nel breve periodo. Tagliare il debito significa ridurre anche la crescita. Come può un governo superare tale contraddizione?”
Carlo Cottarelli: “E’ un problema complicato. L’austerità è un po’ come una medicina: la devi prendere, ma se ne prendi troppa non va bene. Quindi bisogna dosarla bene. Questa è un po’ la sfida che affronta l’Europa: prendere la medicina dell’austerità nelle giuste dosi. Da quello che possiamo osservare, in generale, il ritmo dell’aggiustamento è quello giusto. Ma l’Europa deve prendere un po’ le distanze dallo sforzo verso specifici target nominali. L’obiettivo del 3% deve essere raggiunto, ma non deve essere raggiunto in un anno specifico. Su questo, però, devo dire che trovo incoraggiante che l’Unione Europea abbia mostrato un certo grado di flessibilità nell’affrontare casi specifici, permettendo ai Paesi di rallentare nel ritmo dell’aggiustamento quando necessario.” (...)
“L’Italia ha già completato il grosso dell’aggiustamento fiscale, insieme alla Germania”, ha detto Cottarelli. A differenza di Italia e Germania “ci sono altri Paesi come la Francia che hanno strada da fare“, ha aggiunto, spiegando che, in linea generale, “la restrizione fiscale continuerà ancora”. “La cosa importante – ha precisato – è che avvenga ad una velocità adeguata. Non bisogna esagerare altrimenti si uccide l’economia”. Secondo Cottarelli infatti “è necessario un aggiustamento fiscale ma ad un passo ragionevole. Le decisioni che guardano ad una maggiore flessibilità da parte delle istituzioni europee sono da giudicare positivamente. E ci si sta spostando da un focus orientato solo sui target nominali ad uno che consideri anche gli aggiustamenti ciclici”.