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mercoledì 16 marzo 2016

Il bambino non è un oggetto ma un soggetto di diritti (Claudio Magris)

Segnalo un articolo di Claudio Magris; mi sembra utile per riflettere su una questione su cui si è dibattuto molto nei giorni scorsi, con toni a volte eccessivi e con "armi retoriche" spesso discutibili. 
​Buona lettura
Francesco Maria​

​​***

"(...) Diritti e desideri. 

Ogni desiderio, se è forte, chiede, esige di essere appagato, e in questa tensione, qualsiasi sia il desiderio, c’è uno struggimento, una nostalgia dolorosa che sono parte essenziale della nostra persona. Possono tutti essere riconosciuti per legge? Anche l’incesto può essere brutale violenza ma anche passione umana, come ci hanno raccontato tante umanissime storie di vita vissuta e tanta grande letteratura. In Svezia, anni fa, un fratello e una sorella avevano chiesto di sposarsi, cosa che non fu loro concessa e non credo solo per timori eugenetici, che potrebbero comunque venire in vari modi aggirati. Freud — per tali ragioni pure duramente attaccato — ci ha insegnato che con la sublimazione di certi desideri, ad esempio ma non solo quelli edipici, con la loro trasformazione in un’altra forma di amore, ha inizio la civiltà. È una sciagura sublimare troppo, ma lo è anche non sublimare nulla. Si è visto nella famiglia tradizionale un nucleo dell’antropologia civile. La famiglia tradizionale può essere e molte volte è stata anche violenta, soffocante e nemica del libero sviluppo della persona. È ovvio che persone capaci di intelligente e attento amore possano far crescere un bambino meglio di genitori carnali incoscienti e snaturati o anche solo ottusamente incapaci di intelligente amore.

L’amore omosessuale può essere elevato o turpe al pari quello eterosessuale. Basta aver letto Il Grande Sertão di João Guimarães Rosa per sapere e capire che ci si innamora non di un sesso, ma di una persona. Ma gli antichi Greci celebravano l’amore omosessuale proprio per il suo rapporto anche spiritualmente diverso con la generazione, con la radice duale dell’umanità. (...)"


martedì 7 ottobre 2014

Diritti Di "Famiglie" Tra Legge e Coscienza: Un Primo Passo Da Fare, Una Riflessione Da Proseguire

Premessa

Comunque la si pensi sulla questione omosessualità, matrimonio omosessuale, genitorialità "allargata" (non solo omosessuale), in Italia c'è libertà di pensiero e di manifestazione, e dunque le Sentinelle In Piedi devono poter manifestare senza problemi. Fare delle contromanifestazioni è naturalmente teoricamente possibile (purché pacifiche), anche se a mio avviso denota più debolezza che non forza dei contromanifestanti; purtroppo però in Italia manifestare e contromanifestare sono stati più il primo passo verso qualcosa di orribile, che non "sana competizione democratica"​; per questo non mi piacciono né le manifestazioni delle Sentinelle (in cui mi pare ci sia un eccesso di preoccupazione per alcuni possibili cambiamenti normativi) né le contromanifestazioni, tanto più se si arriva a estremi poco consoni a un dibattito democratico.

Parte 1: Un Primo Passo Da Fare
Comunque, al di là delle manifestazioni: io credo che a livello politico e giuridico sia necessario legiferare almeno sul riconoscimento delle unioni gay, perché due persone dello stesso sesso che condividano un percorso di vita devono poterlo fare senza impedimenti particolari o ipocrisie: se un uomo è la persona più importante per un altro uomo (o una donna per una donna), deve poter essere riconosciuto come tale in quelle situazioni in cui la presenza del compagno/a è necessaria (in ospedale, in carcere, qualsivoglia altra situazione).

Per questo mi pare che la proposta che fece quasi un paio di anni fa l'avvocato Carlo Rimini, docente alla Statale di Milano, sia ancora attuale e meritevole di considerazione, almeno per cominciare a fare un primo passo non più procrastinabile. Rimini propose infatti (la Stampa del 27/12/2012)  l'approvazione del seguente unico articolo di legge: "Il matrimonio può essere celebrato solo fra persone di sesso diverso. Due persone dello stesso sesso possono contrarre una unione civile. Le condizioni necessarie per contrarre una unione civile sono le medesime indicate dalla legge per il matrimonio. Le persone che hanno celebrato una unione civile hanno gli stessi diritti e i medesimi doveri che derivano dal matrimonio. Alle persone che hanno contratto una unione civile non si applicano le norme relative all'adozione di minorenni".

Con tale approvazione si risolverebbero diversi problemi (pur dovendo precisare - mi pare - come venga "celebrata" l'unione, in termini di "ritualità giuridica"): la proposta ha infatti il merito di segnare un minimo comune denominatore su cui si potrebbe trovare d'accordo anche chi per motivi di fede o filosofici non accetti la piena equiparazione dell'affetto omosessuale rispetto a quello eterosessuale.
Viene però "messo da parte" il problema dell'adozione, ancora troppo divisivo. Su questi temi la riflessione è da proseguire, tentando però di non costruire steccati o costringere le persone a una falsa scelta fra "modernizzatori superlaici" e "omofobi/bigotti".

Io ho svariati dubbi a proposito, e voglio provare a condividerli, perché spero siano uno stimolo alla riflessione, e magari un aiuto a dibattere. Tali dubbi pertengono più al tipo di "retoriche messe in campo" e che a volte capita di dover ascoltare/leggere, e non necessariamente impediscono di valutare positivamente una eventuale deliberazione legislativa, che ha una "ratio" autonoma. 

Parte 2: Una Riflessione da Proseguire
Vediamo se mi riesce di spiegare meglio, andando per punti (naturalmente le opinioni che esprimo sono solo mie, l'eventuale utilizzo di citazioni a supporto non significa coinvolgere gli autori delle citazioni nelle mie convinzioni):

1. quasi a premessa (e un po' mi ripeto): la legge non è una indicazione morale; serve anche a (principalmente a?) regolare rapporti giuridici, spesso "vestendo" di "forma giuridica" rapporti che già si danno nella società (che ha una vita autonoma rispetto allo Stato). Una legge sulle unioni omosessuali ricade in questo ambito, e in questo senso non credo si possano fare obiezioni di altro tipo. Prima ancora che "giusta" o "sbagliata", una legge di questo tipo - lo si diceva poc'anzi - è necessaria per regolare situazioni di fatto già esistenti, tutelare i soggetti più deboli di una coppia, tutelare questi affetti rispetto alle situazioni in cui in qualche modo viene a rilievo la "coppia".

2. è lo stesso per il caso delle adozioni? sì e no, mi pare. Sì, visto che esistono già coppie omosessuali con figli, spesso "ereditati" - diciamo così - da precedenti relazioni. No, se la legge dovesse "aprire" alla possibilità di adozione di figli di altre coppie, abbandonati o simili. Sotto questo aspetto, è comprensibile, mi pare, che si abbia qualche titubanza nell'assimilare la famiglia omosessuale adottiva a una famiglia eterosessuale. E' una titubanza ingiustificata da un punto di vista razionale? può darsi, ma è il caso di andare un po' più a fondo. Provo a fare un passo "di lato":

3. Uomo e donna sono diversi? io credo di sì; mi pare ci sia una differenza ineliminabile fra i sessi, che a volte noi tutti sperimentiamo - anche nel rapporto di coppia eterosessuale - come "incomunicabilità", e a volte "mistero". In questo senso, mi pare che sia difficile, forse impossibile, equiparare totalmente amore omosessuale e amore eterosessuale. In realtà qui opero una semplificazione abnorme, perché forse di "amori" ne esistono tanti quante sono le persone che respirano in questo mondo; purtroppo però per riflettere su cosa succede "al di fuori della nostra coscienza" è inevitabile utilizzare queste "categorie" così generali. Non si discute la sincerità o la bellezza di un amore fra uomo e uomo, o fra donna e donna. Però mi pare "non vera" l'affermazione - che a volte ricorre in alcuni dibattiti - che "tutti gli amori si equivalgono", o "l'importante è il sentimento". Ulteriore precisazione: questo non vuol dire "c'è un amore di serie A e c'è un amore di serie B". Vuol dire solo: non rendiamo tutto uguale, quando uguale non è.

4. Forse qui il punto che per me è di maggiore difficoltà; mi pare cioè che per uno scopo ritenuto giusto (allargare i diritti di famiglia anche alle coppie omosessuali) si "stiracchi" la realtà, si dica qualcosa di non corretto. In questo senso alcune delle perplessità di parte cattolica a me pare non siano da sottovalutare. Anche non condividendo l'impostazione della morale cattolica in ambito sessuale, mi pare che si possa condividere il timore di una "banalizzazione" della questione.

5. Quanto detto - del rischio di una banalizzazione - vale solo per l'adozione omosessuale? A ben vedere, il discorso può essere allargato anche ad altre situazioni di "genitorialità allargata"; penso per esempio alla fecondazione eterologa, anche con coppie eterosessuali. Anche in questo caso mi è capitato spesso di sentire o leggere - da parte di chi difendeva la scelta della fecondazione - frasi del tipo "la famiglia è un prodotto sociale", quasi come a dire "è un'invenzione", "è una costruzione". Il che è giusto e sbagliato assieme. Giustissimo se pensiamo a quanto effettivamente il "modello" di famiglia sia legato alle condizioni sociali e anche politiche di una data comunità. Sbagliato, se pensiamo che il senso della famiglia sia totalmente artificiale

6. Per dirla in breve, nasciamo comunque da un uomo e da una donna. Possiamo non conoscere l'uomo e la donna che ci hanno generati, possiamo non conoscere di chi era il seme, di chi era l'ovulo; possiamo "occultarli" legalmente; possiamo "rinominarli" nell'adozione. Ma la radice rimane quella, mi pare. Da uomo e donna siamo nati, nasciamo. E "famiglia" mi pare sia il più semplice "rispecchiamento" di questa origine nelle figure del padre e della madre, del padre maschio e della madre femmina. Ineliminabili, anche quando non ci sono. Ineliminiabili, anche quando odiosi. Anche nel dolore del vuoto, se c'è vuoto in una delle due presenze, o in ambedue. Vuoto che nessuna altra presenza può sostituire. Non lo diciamo dal punto di vista della serenità della persona del figlio, che grazie a chi lo cresce, e grazie alla sua propria forza, può superare anche dolori o mancanze forti. Lo diciamo dal punto di vista della radice della persona, dal punto di vista della sua origine, che è parte importante del suo modo di essere al mondo.

7. Questo vuol dire che non dovremmo accettare allora nessuna adozione, o nessuna donazione del seme? O insomma, nessun tipo di genitorialità "altra" rispetto a quella "naturale" (e quindi "artificiale" in senso lato)? no, qui non si vuol fare discorsi di questo tipo; tanto più in un momento storico in cui pare crescere l'infertilità maschile, e vari altri fattori - come lo spostamento in avanti dell'età della maternità per le donne che lavorano - rendono forse inevitabile l'utilizzo di tecniche per andare incontro alla genitorialità; in questo senso anche il legislatore deve essere prudente nel non proibire se non quando sia strettamente necessario, e nel lasciare che nella società si creino anche le condizioni per una genitorialità diffusa e consapevole. Non lo dico dunque perché pensi che si debba regolare in un senso piuttosto che in un altro; ma, di nuovo: perché non si dica con troppa facilità che "è tutto la stessa cosa", che "non è importante da chi nasci, ma chi ti educa", che "due genitori uomini sono la stessa cosa di un uomo e di una donna, sono solo famiglie diverse".

8. Aggiungo: nessuna legge può alleviare dal dolore di non avere figli, nessuna legge può "risolvere" l'impossibilità di provare talune esperienze. Certo, la tecnica medica può aiutare a "curare" il problema, quando è di un certo tipo, e in questo senso è la benvenuta. Ma questo non può significare far finta che sia vero ciò che non è: un uomo e un uomo non potranno avere figli attraverso il loro rapporto sessuale; e così la donna e la donna. Questa è un'impossibilità che definirei - con qualche trepidazione - "assoluta", almeno finché il processo di cambiamento naturale in cui siamo sempre immersi non porterà a un altro "tipo" di essere umano. E questa è una impossibilità diversa da quella che la medicina può aiutare a "guarire". L'amore omosessuale "di per sé" non è "generativo". Il che - è il caso di ribadirlo - non significa che non possa essere stupendo, come stupende sono tante storie che ognuno di noi conosce. 

9. E dunque? Adozione sì o adozione no? non riesco a trovare una risposta chiara; e devo dire che alcuni dei dubbi non sono tanto legati all'omosessualità dei genitori, ma al "grado di distanza/finzione" che c'è rispetto alla genitorialità "naturale"; in questo senso le mie perplessità si estendono a tutte quelle situazioni in cui mi pare ci sia il rischio di "eccedere" nella "simulazione". Non conosco abbastanza bene le differenze giuridiche fra adozione ed affido, ma in virtù di quanto ho tentato di dire, mi pare che in generale - anche nel caso di coppie eterosessuali - siano da preferire - e quindi eventualmente incentivare - quelle forme che rendono il rapporto fra figlio e genitori non naturali più "leggero", più chiaro e netto nella differenza rispetto alla "natura". Insomma, che in questi casi il figlio sappia - quando è il momento opportuno - che chi lo sta crescendo non sono il suo vero padre e la sua vera madre. Che il figlio sappia.

10. Ecco, chiuderei proprio andando verso questo figlio, o questa figlia, che ho nominato troppo poco, e i cui diritti troppo poco sono presi in considerazione, spesso anche da chi dice di volerli difendere. Figlio che non può essere oggetto di desiderio o di possesso. Ma che non è neanche leggibile nell'ottica religiosa del "dono". Non più, almeno da quando in qualche modo uomini e donne riescono a controllare le nascite. Retoriche del "dono" e retoriche del "voglio un figlio a tutti i costi" dovrebbero scomparire dai nostri discorsi. Perché non accolgono la persona, la novità che viene al mondo. Persona che ha diritto - questo sì, insopprimibile e forse indiscutibile - di sapere, di conoscere la sua origine. Ecco, su questo vorrei che non si cedesse: sul fatto che il figlio possa conoscere chi è l'uomo e la donna che lo hanno generato. Anche se magari solo in provetta, o per "affidamento" in grembo. Perché senza quel sapere, qualcosa manca, io temo. E questo è un prezzo che un figlio non deve pagare.

***

(presentò bene il problema su questo ultimo punto - anni fa, se non erro nel 2011 - un articolo su ioDonna di Barbara Stefanelli. L'ho ritrovato in un altro sito e ve lo propongo come spunto di riflessione, approfittando anche del fatto che si parla di una situazione ancora diversa da quella di cui ho provato a dire)

È il giorno della festa del papà negli Stati Uniti. Pagina delle opinioni del New York Times.L’autore è Colton Wooten ed è nuovo tra  gli editorialisti: si è diplomato questo mese alla Leesville Road High School, Raleigh, North Carolina.



Il suo intervento è una lettera alle donne che hanno generato figli grazie all’inseminazione artificiale con sconosciuti. Racconta di averlo saputo a cinque anni. All’inizio del 1992 1a madre si rende conto di essere vicina alla sua frontiera biologica, non ha un compagno, vuole un figlio.


Fa i test di fertilità, analizza i profili dei donatori di sperma. In autunno il piccolo Colton nasce. Qui si apre un dibattito che conosciamo: è più forte il diritto alla maternità di una donna sola o quello di un figlio ad avere un padre accanto? È un trionfo di autodeterminazione al femminile o un tonfo verso nuclei familiari squilibrati? E, comunque, i bambini devono poter risalire all’identità dei donatori o vince il principio della riservatezza?

Ciò che sorprende in questa lettera è la semplicità delle argomentazioni. Nessuna ideologia. Solo il disorientamento di un diciottenne che non può chiudere i conti con il proprio “padre biologico”. Un ragazzo che alle medie cerca informazioni. E non troverà risposte.
La madre ricorda solo che il seme era di uno studente, figlio di un’italiana e un irlandese.

Restano le parole di Colton nel giorno della festa dei papà (quelli noti): <<Non ce l’ho con mia madre. Ma a volte mi sento pietrificato da un vuoto di frasi e di emozioni, riesco solo a sentirmi tramortito dal fatto che lui potrebbe essere chiunque>>.