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lunedì 7 dicembre 2020

L'illusione illuminista

Forse è una riflessione già accennata in passato, mi torna spesso: credo che uno dei problemi più seri dell'approccio filosofico - politico che genericamente possiamo definire "progressista" sia scommettere eccessivamente sull'"educazione consapevole" come motore trainante del miglioramento delle persone. 

Da questo nodo due problemi, forse due facce del medesimo: 

- stupirsi quasi ingenuamente delle "ricadute" della storia nelle "tenebre" (presunte o reali esse siano), non facendo i conti con il fatto che siamo animali razionali, sociali, forse anche spirituali, ma comunque con un residuo ineliminabile di "animalità", se non anche di "bestialità" (che va per lo più limitata e governata e non certo esaltata, ma è comunque sempre presente)

- illudersi che si possano governare gli istinti degli uomini e delle donne "educando" (governando? controllando? "censurando"?) parole, costrutti razionali espliciti, contenuti culturali e via così dicendo.

Ovviamente non è che si debba cadere in un estremo opposto di sfiducia nell'azione educativa e culturale, ma soprattutto di questi tempi si nota una sorta di rinnovato ardore in senso "politico-didattico" (per esempio verso problematiche  ambientaliste, o di genere, o di memoria) che fa temere nuove illusioni, e forse nuovi pesanti errori, da cui trarrebbero paradossale beneficio le forze più reazionarie, autoproclamandosi - come spesso capita - custodi di "autenticità" rimossa. 

lunedì 26 maggio 2014

"Ebrei contro Israele", Un libro poco utile (da Kolot.it)

Segnalo che il sito Kolot ha pubblicato una mia recensione del libro di Giulio Meotti, Ebrei contro Israele, edizioni Belforte.

FMM

(...) Provo a spiegare le ragioni della mia perplessità: il libro di Meotti è un’accusa verso una galassia di posizioni critiche verso Israele, testimoniate in vario modo da uomini e donne di tradizione e origini ebraiche; tali posizioni vengono classificate da Meotti tutte come antisioniste, e accusate di “legittimare” – proprio perché espresse in ambito ebraico – in generale l’antisionismo  e anche l’antisemitismo.

Forza particolare viene messa nell’accusa a una parte della Diaspora, rimproverata dall’autore di volersi presentare come progressista a spese di Israele; alcuni di questi esponenti si mostrerebbero nemici dello stato ebraico, addirittura – secondo l’autore – sposando quella sorta di paradosso nefasto di assimilazione al nazismo per cui “i perseguitati di un tempo sono diventati persecutori oggi”. Gli esempi che Meotti fa sono molteplici, presi da diversi punti della storia recente e da diversi punti del globo.

Proprio questa ricchezza apparente di esempi, a mio avviso, da ipotetico punto di forza per quella che poteva essere un’utilissima discussione si fa invece punto di debolezza: il testo di Meotti ha infatti una particolare costruzione, anzi forse una non-costruzione (in alcuni punti, per esempio pp. 78 e 80 nella doppia citazione di Sion Segre Amar, si ha l’impressione che il testo poteva essere meglio coordinato), per cui la narrazione è continua, un capitolo unico come scritto di getto. In questo flusso le citazioni degli episodi sono brevi, molteplici, e poco ordinati. Ricchezza di contenuto? Purtroppo non è questa l’impressione che se ne ha, piuttosto diventa difficile una analisi seria e approfondita dell’argomento. (...)

giovedì 3 maggio 2012