domenica 31 agosto 2014

Il "miracolo" polacco

«Coniugare disciplina di bilancio e crescita è una sfida possibile, in Polonia lo abbiamo fatto, non c'è contraddizione, e cercheremo di raggiungere questo obiettivo anche in Europa. Avrò un atteggiamento audace e responsabile».
(Donald Tusk)


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(30 novembre 2013) 

In un paese dove non c’è niente è difficile costruire cose inutili, quindi ogni soldo speso dal governo per costruire strade, ponti o aeroporti finiva per essere utile e ben speso. E di soldi in Polonia ne arrivarono molti, soprattutto da quando, nel 2004, entrò a far parte dell’Unione Europea. Nel 2007-2013 la Polonia è stata il più grande beneficiario di fondi europei e ha ricevuto circa 100 miliardi di euro.

Nel 2012 ha ospitato, insieme all’Ucraina, i campionati europei di calcio, ricevendo un’altra iniezione di denaro. In questi anni, scrive Bloomberg Businessweek, tutto è stato ricostruito e migliorato: strade, porti, aeroporti, ferrovie e stazioni. Il contrasto con l’epoca del comunismo è molto forte: «È difficile ricordare come andavano le cose una volta se guardiamo a come vanno oggi», ha detto un gestore di fondi di investimento polacco intervistato dal settimanale.
La legislazione che tutela il lavoro è estremamente flessibile, tanto che da quando è entrata in Europa la Polonia è stata più volte minacciata di sanzioni per non rispettare la normativa europea sulla tutela dei precari. In ogni caso, il tasso di occupazione – cioè la percentuale della popolazione in età lavorativa che ha un lavoro – è continuato ad aumentare negli ultimi 10 anni: dal 51 per cento del 2003 all’attuale 60 per cento (cinque punti percentuali in più di quello italiano). Il tasso di disoccupazione, dal record del 2003 quando raggiunse il 20 per cento, è sceso fino al 7 per cento del 2008. L’anno successivo cominciò la crisi finanziaria che, nonostante tutto, si è sentita anche in Polonia.
(21/01/2014)
Nel 1988 è stata emanata la prima legge sulla libertà economica, l’anno successivo si sono tenute le prime libere elezioni dopo la seconda guerra mondiale e nel 1990 ha preso avvio un processo di riforme radicali che avrebbe portato alla formazione di moderne strutture di economia di mercato. Grazie a queste trasformazioni l’economia polacca ha iniziato a recuperare terreno rispetto ai paesi occidentali, almeno per quanto riguarda il reddito pro capite. E lo ha fatto a un ritmo mai visto prima nella storia. Alcuni economisti ritengono, con pessimismo, che questa fase di successo economico stia pian piano volgendo al termine poiché il fervore riformista è scemato, gli stimoli connessi all’entrata della Polonia nell’Ue si stanno indebolendo e lo sviluppo economico registrato sinora si fondava in larga misura sul ricorso al debito estero. Il noto editorialista Krzysztof Rybiński, ex vicepresidente della Banca nazionale polacca, dichiara che la Polonia sta andando incontro a un «decennio sprecato». Queste opinioni, però, sono in netta minoranza. Sicuramente la Polonia affronterà degli anni difficili perché dal punto di vista finanziario e commerciale è strettamente legata all’Eurozona, la quale si trova nel bel mezzo di complesse trasformazioni strutturali che incidono sulla sua crescita economica.

Ma i successi degli ultimi vent’anni non sembrano sul punto di svanire: la Polonia dovrebbe infatti continuare a recuperare terreno rispetto all’Occidente (...)

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