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martedì 13 dicembre 2011

E' importante dire i nomi (David Bidussa su Linkiesta)


E' importante dire i nomi. Amb, Diop, Sougou, Mbenghe, Moustapha erano e sono persone


“ e io darò nella mia casa e nelle mie mura forza e rinomanza, meglio di figli e di figlie; darò a ciascuno una rinomanza eterna (un memoriale e un nome) che non perirà” (Isaia, Cap. 56, verso 5)
Amb Modou 40 anni e Diop Mor 54 anni sono morti oggi a Firenze uccisi dall’odio, dalla rabbia di chi si sente in diritto di disporre della vita altrui in nome della propria.
Con loro in piazza Dalmazia è stato colpito un altro senegalese, Moustapha Dieng, 34 anni, Sougou Mor 32 anni, e Mbenghe Cheike, 42 anni, tutti colpiti da Gianluca Casseri, che poi si è tolto la vita.
Gran parte deli notiziari continuano in queste ore a parlare di due senegalesi uccisi e altri feriti.
Altri, anche in nome della solidarietà parlano di “due fratelli uccisi”.

Nessuna di queste due procedure mi piace e non la trovo né condivisibile, né accettabile.
Certo nessuno usa termini ambigui, ma è importante ripetere i loro nomi, fissarli nella memoria.
E’ importante dare alle persone un nome. Dare un nome significa riconoscere loro non solo il diritto al ricordo, ma anche che hanno avuto una vita, che questa per quanto stentata, difficile, forse anche malinconica era fatta di scelte, di storie, di amori, di rinunce, di tristezze. Un breve di emozioni e i sensazioni, di ricordi, di relazioni.
Se si afferma il principio quantitiativo del numero,  anziché imporsi il criterio del nome, allora il primo passaggio verso la svalutazione della vita degli altri è già compiuto e il viaggio verso l’indifferenza è già iniziato.


venerdì 2 dicembre 2011

“In Egitto abbiamo e vogliamo la Shari’a” (da Linkiesta)

(...) El Nour è un partito nato recentemente, subito dopo la rivoluzione di gennaio «politicamente esistiamo da poco, ma da sempre come movimento religioso. Siamo musulmani molto vicini ai testi fondanti dell’islam: il Corano e la Sunna. Ci distinguiamo dai Fratelli musulmani perché loro accettano di buon grado l’interpretazione dei testi sacri (Fatwa), noi no. Quando ci sono i testi non c’è bisogno né di interpretazioni né di consigli».
I salafiti vogliono l’applicazione della Shari’a, la legge islamica e pensano che in Egitto ci sarà la migliore applicazione della legge islamica «le elezioni dimostrano chiaramente che il popolo egiziano vuole l’Islam: hanno votato per l’Islam. Vogliono più religione, questo emerge in modo netto dalle consultazioni elettorali». Gli esempi di applicazione della legge islamica provenienti dagli altri paesi non convincono i salafiti: «In Turchia - spiega Nabil Kadry Ahmed - hanno perso i valori basati sulla morale. Hanno anteposto al sentimento religioso una maggiore libertà economica nella vita di tutti i giorni. In Arabia Saudita, all’altro estremo, i cittadini sono religiosi ma chiedono maggiori diritti. Non applicano la legge islamica in modo puro e onesto, ci sono troppi interessi economici legati alle banche». Dunque ogni paese ha un approccio diverso alla Shari’a, e l’applicazione migliore, secondo i salafiti egiziani, sarà proprio in Egitto.(...)