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giovedì 21 novembre 2013

Cristiani In Medio Oriente (da VaticanInsider)

(...) Il Pontefice ha quindi rivolto il suo pensiero al Medio Oriente, «terra benedetta in cui Cristo è vissuto, morto e risorto. In essa – l’ho avvertito anche oggi dalla voce dei Patriarchi presenti – la luce della fede non si è spenta, anzi risplende vivace. Ogni cattolico ha perciò un debito di riconoscenza verso le Chiese che vivono in quella regione. Da esse possiamo, fra l’altro, imparare la fatica dell’esercizio quotidiano di spirito ecumenico e dialogo interreligioso».

 «La Siria, l’Iraq, l’Egitto, e altre aree della Terra Santa, - ha proseguito Bergoglio - talora grondano lacrime. Il Vescovo di Roma non si darà pace finché vi saranno uomini e donne, di qualsiasi religione,colpiti nella loro dignità, privati del necessario alla sopravvivenza, derubati del futuro, costretti alla condizione di profughi e rifugiati. Oggi, insieme ai Pastori delle Chiese d’Oriente, facciamo appello a che sia rispettato il diritto di tutti ad una vita dignitosa e a professare liberamente la propria fede. Non ci rassegniamo a pensare il Medio Oriente senza i cristiani, che da duemila anni vi confessano il nome di Gesù, inseriti quali cittadini a pieno titolo nella vita sociale,culturale e religiosa delle nazioni a cui appartengono».(...)

martedì 22 ottobre 2013

Apologia Disincantata (da ilfoglio.it)

Consiglio caldamente un bell'articolo comparso sul Foglio.it, e di cui riporto alcuni stralci. Dice bene, secondo me, molti dubbi che possono venire (alzo la mano per primo) seguendo papa Bergoglio. E risponde bene a queste perplessità, segnalando anche la confusione con cui spesso viene frainteso questo papa (forse un po' anche per responsabilità sua); si legga per esempio il brano sulla differenza - essenziale - fra solidarietà e carità cristiana, e l'ironia con il quale l'articolista sottolinea la "riabilitazione" della teologia della liberazione, ora che "non conta più nulla".
Una riflessione utile, e bella. 

Buona lettura!

Francesco Maria Mariotti

Non sono mai stato tanto inseguito da un Papa come negli ultimi sette mesi. E’ ovunque, in tutte le salse, in tutti i menu, cattolici e laici senza distinzione. Senza distinzione, purtroppo: noi cattolici – bestemmio in chiesa, mi rendo conto – dovremmo parlarne di meno, dovremmo sottrarci alla papolatria mediatica imperante, e in ogni caso non dovremmo ricondurre tutto a lui ma semmai fare di lui un punto di partenza per arrivare al nocciolo della questione, per dirla con quel vecchio cattolicastro di Graham Greene. (...)

Rispunterebbe così, con Bergoglio, lo spettro del “soggettivismo modernista”, la “morale dell’intenzione”, insomma un cristianesimo dove “la fede è tutto, la dottrina niente”, “una posizione del cuore, un flatus evangelico in presa diretta con il Signore”.
Certo, se il cuore di cui parla Bergoglio fosse quello dei romantici e dei loro epigoni sanremesi; se l’amore che ci raccomanda fosse quello cantato prima dai trovatori e poi su su fino a Wagner, cioè una figura narcisistica e fondamentalmente gnostica (De Rougemont docet); se la misericordia con cui ci martella un giorno sì e l’altro pure fosse un affare puramente sentimentale, emotivo, Ferrara avrebbe ragione. Credo però che il lessico bergogliano sia schiettamente biblico. E la Scrittura ha giocato e gioca un ruolo fondamentale nella vita di quest’uomo non perché sia un prete, e quindi fa parte del corredo, ma perché c’è stato un momento in cui l’ha ripresa in mano e in controluce vi ha riletto la sua vita (succede in tutte le grandi storie di fede, da Francesco d’Assisi a Ignazio di Loyola).
Ebbene, per la Scrittura cuore è sinonimo di libertà, è il luogo della scelta, dei ricordi e anche delle idee  (...)
Anche su “soggettivismo” e “protestantizzazione”, che pure qualche membro del Sacro collegio gli imputa sottovoce, ci andrei piano. Mi pare che il ruolo della chiesa nell’esperienza credente non venga affatto sminuita nella sua predicazione, tutt’altro. Basterebbe rileggere, anzi riguardare e risentire perché mimica e timbrica sono fondamentali, le sue ultime catechesi del mercoledì in Piazza San Pietro in cui ha commentato gli articoli del Credo che riguardano la chiesa “una, santa, cattolica e apostolica”. Altro che “presa diretta con il Signore”: extra ecclesia nulla salus! Con Bergoglio la dottrina non è in discussione – o meglio lo è come sempre perché, con buona pace di qualche giapponese ancora asserragliato nella foresta, lo sviluppo del dogma è un dogma – e tantomeno è in pericolo la tradizione. Diciamolo una buona volta: tradizione non è l’enorme monolite sospeso nell’aria che dipingono ossessivamente certi cattolici un po’ surrealisti e molto lefebvriani, un’entità fuori dal tempo, ma una cosa viva che passa di mano in mano, “quasi per manus traditae” come recita il Concilio di Trento (Trento, dico), di generazione in generazione.
Insomma, il lessico bergogliano non va preso sotto gamba né frainteso. Certo, a volte è lui che non aiuta. Quando lo sento parlare di solidarietà mi viene il prurito perché è una parola totalmente sputtanata. Lui invece la usa in continuazione, il 22 settembre a Cagliari ha sostenuto che solidarietà “rischia di essere cancellata dal dizionario perché è una parola che dà fastidio, dà fastidio!”. A me pare esattamente il contrario: è un termine innocuo, a buon mercato, sulla bocca e nel portafoglio di tutti. Chi è così iena da rifiutare l’obolo per una buona causa? Chi oggi non fa solidarietà? Persino quando ricarichi il cellulare c’è un’opzione per devolvere automaticamente un euro in beneficenza! Un’aberrazione, a pensarci bene: il farsi prossimo del buon samaritano di evangelica memoria, gesto personale e concreto, si perverte in tic anonimo e irriflesso, si istituzionalizza e perde sapore. Ecco perché non mi è piaciuto quando ha raccomandato ai suoi di accontentarsi di un’auto piccola, cosa intelligente peraltro, pensando a “quanti bambini muoiono di fame”. Ma come, già non riesco a farmi carico di chi ho intorno e devo pure sentirmi in colpa per chi non ho mai visto e mai conoscerò? Sindrome di Lampedusa: rispondere sempre e di chiunque. Invece no. A meno che io non sia pazzo, posso essere responsabile soltanto di ciò per cui posso fare qualcosa davvero, concretamente, qui e oggi. Non è affatto la solidarietà che rischia di scomparire ma il farsi prossimo, la carità di evangelica memoria. Ci è rimasto il surrogato, ma non è la stessa cosa. (...)
Il problema è che, come scrive Paolo Prodi, la chiesa ha smarrito da un pezzo la vocazione profetica e ha preferito buttarsi sulla mistica, le visioni, le apparizioni. “Dopo il Concilio Vaticano II non abbiamo avuto, salvo alcune eccezioni, lo sviluppo della profezia che pure sembrava implicito nelle grandi intuizioni di Papa Giovanni XXIII e nelle deliberazioni conciliari sulla chiesa e il mondo moderno”. Si è scelta un’altra strada, quella dell’utopia, la via orizzontale dei movimenti ecclesiali di base e della Teologia della liberazione che ben presto “si trasformò in ideologia della rivoluzione”. E adesso si danno pure la pena di riabilitarla, quando non conta più nulla: la solita operazione di recupero fuori tempo massimo di cui sono specialisti i Sacri palazzi. (...)
 Il vero discrimine è questo, tra fraternità e confraternite; tra chi cerca il Signore, etero gay o trans che sia, e chi si trastulla col potere. Colui che giudica i cuori, in ogni caso, abita al piano di sopra. Bergoglio non ha bisogno di atteggiarsi a “omofilo” perché non è mai stato omofobo. E’ un uomo risolto, che sta bene nella sua pelle, è evidente. Ci sta tanto bene che si prende il lusso di dialogare con chi vuole, anche con i patriarchi dell’opinione pubblica. (...)

sabato 21 settembre 2013

AntiModernità di Francesco?

Papa Francesco mischia sapientemente i toni delle sue uscite. L'intervista a Civiltà cattolica è molto interessante, anche per alcune cose che non sono state pubblicizzate (qui l'integrale, attenzione: si scarica direttamente il file) e soprattutto per i toni, più che per l'impostazione dottrinale, in realtà non originale. 

Papa Francesco è un rivoluzionario, al tempo stesso "antimoderno"? Mi pongo questa domanda nel sentire riproporre l'immagine del denaro come "sterco del diavolo". Provo a dirla in modo molto banale: "demonizzare" - in senso letterale - così potentemente il denaro non sembra rappresentare una posizione "serena"; sarebbe troppo facile far notare che per secoli molti nella Chiesa hanno utilizzato questo "sterco" in modo non trasparente, mentre magari lo maledicevano a parole. E in realtà questo fenomeno è parte della denuncia di papa Francesco. Epperò c'è qualcosa di più. 

Qualcosa che è il motivo per cui ci commuoviamo nel leggere papa Francesco, ma credo che molti di noi non sarebbero capaci di dare tutto quello che hanno ai poveri; qualcosa che è il motivo per cui leggiamo il Vangelo, ma non riusciamo a metterlo in pratica. E silenziosamente ce ne distacchiamo.

Un'impossibilità di seguire questa traccia, che da una parte è il segno del peccato originale, e quindi non deve sorprendere, dall'altra ci chiede di trovare vie altre per dare compimento a quel regno di felicità che cerchiamo nei nostri cuori.

La modernità è anche (non solo) il tentativo più esplicito di cercare risposte e vie al di fuori dei sentieri segnati da quelli che ci dicono cosa è del diavolo e cosa no. E - utilizzando lo sterco del diavolo - accontentarci di una felicità - di una parte della felicità - più raggiungibile, meno celeste. Ma non per questo disprezzabile. Né per questo idolatria.

Può darsi che mi sbagli (è molto probabile), ma indulgere in questo approccio è comunque segno della sconfitta della Chiesa (forse è scritto che la Chiesa debba essere perdente...), al di la di tutti i successi "mediatici" che un papa "simpatico" può conseguire.

Francesco Maria Mariotti

venerdì 20 settembre 2013

La "Chiave Importante" di papa Francesco

Questa "chiave importante" sia tenuta a mente, oggi, da tutti; da quelli che tifano Francesco, da quelli che tifavano Benedetto, o Giovanni Paolo. Insomma, occhio a "tifare" e "parteggiare". 

"Lasciare spazio al Signore". 

Questo, forse, dovrebbe essere l'essenziale. 
Che lo dica il Papa, o che non lo dica.

FMM

«Se una persona dice che ha incontrato Dio con certezza totale e non è sfiorata da un margine di incertezza, allora non va bene. Per me questa è una chiave importante. Se uno ha le risposte a tutte le domande, ecco che questa è la prova che Dio non è con lui. Vuol dire che è un falso profeta, che usa la religione per se stesso. Le grandi guide del popolo di Dio, come Mosè, hanno sempre lasciato spazio al dubbio. Si deve lasciare spazio al Signore, non alle nostre certezze; bisogna essere umili. L’incertezza si ha in ogni vero discernimento che è aperto alla conferma della consolazione spirituale».