domenica 28 aprile 2019

Cina: che crescita sarà? Più qualità e meno debiti (F.Fasulo, ISPIOnLine)

"Nel 2019 la crescita cinese continuerà il suo processo di graduale rallentamento avviato con l’ingresso della fase denominata New Normal. È questo quello che emerge dal rapporto sull’operato del governo pronunciato il 5 marzo dal Premier Li Keqiang all’apertura della sessione annuale dell’Assemblea Nazionale del popolo durante il quale ha fissato per il 2019 un obiettivo di crescita tra il 6 e il 6,5%. Questo valore è il più basso mai proposto e fa seguito al 6,6% raggiunto nel 2018, a sua volta il valore più basso dal 1990.
L’attenzione del premier cinese è rivolta soprattutto alla gestione delle incertezze senza ricorrere all’indebitamento. Non è un caso, infatti, che il termine che ha avuto maggiore evidenza nelle osservazioni degli analisti sia stato “rischio”, un aspetto che era emerso anche in occasione di un inedito incontro con i vertici di partito convocato dal Presidente Xi Jinping il 21 gennaio di quest’anno. Il timore di Pechino è che il rallentamento dell’economia, rafforzato dagli effetti della guerra commerciale con gli Stati Uniti, possa portare all’insorgere di costi sociali eccessivi. 
Per questa ragione, tra gli obiettivi del governo sono stati individuati la creazione nuovi posti di lavoro – il valore fissato è di 11 milioni di posti nelle sole aree urbane con un tasso di disoccupazione inferiore al 4,5% - e il supporto alle piccole e medie imprese. Le politiche a supporto della volontà del governo in questo campo si manifestano in particolare sotto forma di riduzioni dei costi per le imprese per un valore totale stimato in 2.000 miliardi di Rmb, ovvero circa 300 miliardi di dollari. Una quota importante della diminuzione del carico per le imprese è rappresentata dalle modifiche apportate alle imposte sul valore aggiunto. A partire dal 1° aprile, infatti, l’Iva per il settore manifatturiero è scesa dal 16 al 13%, quello delle costruzioni e trasporti dal 10 al 9%, mentre quello per i servizi che si attesta al 6%, un valore già contenuto, viene confermato ma con l’introduzione della possibilità di maggiori deduzioni.   
Se queste iniziative possono essere lette positivamente nell’ottica del raggiungimento degli obiettivi di crescita fissati, resta aperta la questione sul finanziamento di tali misure. Infatti, contrariamente al dichiarato proposito di non aumentare l’indebitamento gravato dalle politiche dell’ultimo decennio – come conseguenza dello stimolo resosi necessario dopo la crisi economica globale - e oggi prossimo alla soglia del 300% del pil, Li Keqiang ha annunciato nel suo discorso la volontà di portare il deficit di bilancio dal 2,6% del 2018 al 2,8% del Pil per l’anno in corso attraverso investimenti infrastrutturali per 577 miliardi di Rmb e l’emissione di bond a livello locale per 2.150 miliardi di Rmb, in crescita rispetto ai 1.350 miliardi del 2018. Sembra così che Pechino non sia ancora riuscita a trovare una fonte di crescita alternativa agli investimenti pubblici, una prospettiva che potrebbe risultare molto penalizzante per una società che ha bisogno di rafforzare il proprio sistema di welfare alla luce dell’invecchiamento della popolazione e di una economia in transizione che potrebbe comportare la gestione di posti di lavori persi in settori ad alta intensità di lavoro. In aggiunta vi è anche molta incertezza per quanto riguarda l’andamento delle esportazioni, in attesa che le negoziazioni commerciali fra Stati Uniti e Cina attualmente in corso possano finalmente rendere il quadro più chiaro. (...)"

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