mercoledì 10 aprile 2019

Segnalazione: Siamo razzisti? O forse siamo stanchi di essere soli? (Nuove Radici)

Segnalo che il sito Nuove Radici ha pubblicato un mio intervento, in cui tento di comprendere alcune delle dinamiche che segnano il difficile rapporto fra italiani e immigrazione.
Spero possa servire a capire, prima di giudicare.

In ogni caso, approfittatene per approfondire la conoscenza di Nuove Radici, un bell'esperimento portato avanti da Cristina Giudici e altri, e che merita di essere seguito

Buon tutto

Francesco Maria Mariotti

"Approfitto della presenza di Nuove Radici.World e degli stimoli che mi sono pervenuti dalla lettura dei vostri interventi per proporre un ragionamento sul perché — di questi tempi — in tanti, temo, abbiamo rischiato di diventare razzisti. Forse razzisti è parola grossa, ma a volte ci si sente “condannati” così, quando si esprimono dubbi sull'immigrazione e sulle politiche di accoglienza; e così ci si sente sempre più soli. Non mi pare di essere affetto da “etnocentrismo” o cose simili, in realtà; ma da “solitudine” sì; e credo di non essere solo, come accennavo: non siamo razzisti ma cittadini che si sentono poco rispettati nella loro intelligenza, da un progressismo (chiamiamolo così, con qualche timore per la semplificazione) che ha fretta (comprensibile, sotto alcuni aspetti, visti i ritardi italiani), ma molto poco “attento” a dinamiche collettive tutto sommato elementari. (...)
È anche per questo che a mio avviso è stato “disastroso”, dal punto di vista politico (e direi etico, se non fosse parola troppo impegnativa), portare avanti la battaglia per una legge — per quanto giusta come potrebbe essere quella sulla cittadinanza — presentandola come un’istanza suprema, spartiacque di civiltà.
Al di là della questione nel merito, la cui complessità non può essere risolta sulla base di slogan, potrebbe anche essere utile tentare di capire alcune reazioni che si provocano nel tessuto sociale: in un momento di grave crisi economica, l’estensione della cittadinanza forse viene percepita anche come ulteriore concorrenza dell’immigrato rispetto al cittadino già italiano.
Si dirà: “ma facciamo pochi figli, gli immigrati ci pagano le pensioni”, e via così dicendo; il che è vero, ma non dovrebbe stupire che sottolineando questa “dipendenza” aumentino ansia e timori, nel confermare la sensazione che l’Italia rischia di non farcela “da sola”. (...)

Andando da richiamo morale a richiamo morale: l’emergenza umanitaria è stata in questi mesi messa spesso al centro dell’attenzione per giustificare l’accoglienza; naturalmente questo è sacrosanto, nel momento in cui donne e uomini fuggono da morte o sofferenze pressoché certe. Ma anche qui, temo che si sia sottovalutato l’impatto duplice e ambivalente di un tale richiamo. (...) 
Un incendio fa paura. Di per sé; e mentre chiamiamo i pompieri comunque guardiamo attentamente cosa succede, e se le fiamme da quel palazzo non rischino di venire verso noi. E se per caso sorge il sospetto che fra quelle persone ci sia proprio uno di quelli che ha usato con leggerezza il gas o i fiammiferi nella casa in fiamme… beh, forse saremmo molto guardinghi nell'accettare la vicinanza dei fuggitivi. Perché sembra così inaudito ad alcuni che i sentimenti si mischino e che gli esseri umani abbiano difficoltà a essere totalmente solidali con chi scappa da una tragedia? Cosa c’è di difficile nel capire che — in una situazione di emergenza — mentre si dà un bicchiere d’acqua, è legittimo e normale (e sano, per un “animale” sociale che si vuole autoconservare!) che “si tenga d’occhio” chi arriva? Che si abbia paura che l’emergenza si scarichi anche su chi aiuta? È una “doppiezza”, un’ambiguità, inevitabile. È legato a questa difficoltà a capire questa mescolanza di cose, mi pare, l’errore più tragico dello schieramento progressista, (...)
c’è chi preferisce inorgoglirsi delle buone azioni, dei richiami contro l’indifferenza, dei paragoni con la seconda guerra mondiale e con la battaglia contro il nazismo. Forse c’è qualcosa di vero, ma si sono persi molti compagni di strada, su questa “via alla santità”. Di fatto aprendo le porte alla situazione attuale, alle “inutili cattiverie” dei porti chiusi, alle decisioni affrettate e dannose sulla protezione umanitaria. (...)"

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