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venerdì 14 marzo 2014

La fuga dell’ex primo ministro libico (da ilPost.it)

(...) La fuga di Zeidan dalla Libia è solo l’ultimo episodio di una serie di eventi che hanno dimostrato l’estrema instabilità politica che sta vivendo il paese dalla caduta di Mu’ammar Gheddafi, ucciso dai ribelli il 20 ottobre 2011. L’8 marzo Zeidan aveva minacciato di bombardare una petroliera che si trovava nel porto della città di al-Sidra, nell’est del paese: la milizia locale ne aveva infatti preso il controllo e aveva sfidato il governo di Tripoli rivendicando il diritto di vendere il petrolio autonomamente. Il voto di sfiducia del Parlamento è arrivato dopo che la nave era riuscita a rompere i blocchi e ad allontanarsi dal porto, nonostante Zeidan avesse annunciato che era in pieno controllo della situazione. La crisi e le tensioni tra governo centrale di Tripoli e zone orientali della Libia vanno avanti da diversi mesi: le milizie che controllano queste zone chiedono maggiore autonomia, nonché una percentuale più alta sui proventi delle esportazioni.(...)

domenica 12 gennaio 2014

Libia, assassinato a Sirte il viceministro dell’Industria (da Corriere.it)

Il viceministro dell’Industria libico Hassan Al-Droui è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco a Sirte, 500 km a est di Tripoli. Lo rendono noto fonti ospedaliere e di sicurezza. «Hassan Al-Droui, viceministro dell’Industria, è stato ucciso da sconosciuti nella notte tra sabato e domenica nel corso di una visita alla sua città natale Sirte», comunicano. Droui era uno storico membro del Consiglio nazionale di transizione prima di essere confermato dall’attuale primo ministro, Ali Zedain. (...)

martedì 19 novembre 2013

Le nuove violenze in Libia (da ilPost)

Un articolo de ilPost che riassume le ultime vicende libiche. L'articolo è di ieri è non è aggiornato alla notizia del rilascio del numero 2 dell'intelligence.

FMM

(...) La rivalità tra le varie milizie rispecchia gli scontri interni al traballante governo libico: i gruppi più laici fanno riferimento al ministero della Difesa, mentre i gruppi islamisti fanno capo al ministero dell’Interno. Chi comanda chi, comunque, non sempre è chiaro. Lo stesso Parlamento è diviso su linee simili, con l’Alleanza delle Forze Nazionali – coalizione elettorale che raggruppa circa 60 movimenti politici libici di ispirazione moderata e laica – che si scontra con il braccio politico del movimento islamista dei Fratelli Musulmani.

In ogni caso la manifestazione di venerdì, e il conseguente sciopero di tre giorni indetto dalla città,sono stati considerati segnali positivi da diversi commentatori ed esperti di Libia: è stata la prima occasione dalla caduta di Gheddafi in cui gli abitanti di Tripoli si sono uniti per chiedere di cacciare le milizie dai quartieri della capitale. La richiesta sembra poter dare i suoi frutti: in un comunicato congiunto diffuso domenica dal Consiglio cittadino di Misurata e dal Consiglio degli anziani, si dice che tutte le milizie armate della città che operano a Tripoli – senza alcuna eccezione – dovranno abbandonare la capitale nel giro di 72 ore.(...)

mercoledì 6 novembre 2013

Libia - Cosa stiamo facendo?

Come scrivevo qualche giorno fa, in LIbia stiamo facendo lo strofinaccio​; al di là dell'immagine colorita, in realtà si conoscono poco i dettagli del nostro impegno post-bellico. Qualche notiza sembra "sfuggire", senza ufficialità, come viene raccontato in questo articolo de ilFoglio. 

Il patto di riservatezza fra Letta e Obama - si dice nell'articolo - tiene, e forse è bene così. Non c'è da stupirsi né scandalizzarci se non tutti i dettagli vengono raccontati

Ma fra tutto (impossibile) e il "quasi nulla" che sembra segnare questo momento, forse potrebbe esserci una via di mezzo: la possibilità di capire meglio quanto ci costa questo impegno e quali sono le possibili ricadute. 

L'impegno sarà lungo, e sicuramente anche rischioso. Sarebbe importante preparare l'opinione pubblica italiana a tutti gli scenari possibili, per non meravigliarci o spaventarci se lo scenario dovesse avere risvolti critici, e soprattutto allenarci ad avere pazienza, dote indispensabile per una situazione di questo genere.

Francesco Maria Mariotti
Una notizia festosa da Tripoli – sorveglianza elettronica e aerea dei confini libici grazie all’Italia – per ora cade nel silenzio del governo italiano. Mercoledì il primo ministro libico Ali Zeidan annuncia in conferenza stampa che “l’Italia comincerà la sorveglianza aerea ed elettronica dei confini libici. L’area sorvegliata coprirà il tratto tra al Aywanat, vicino alla frontiera con Egitto e Sudan, fino alla congiunzione tra il confine libico e quelli di Algeria e Tunisia”. Domenica la notizia è ripresa dal sito di notizie libiche in lingua inglese Lybia Herald. I giornalisti del sito scrivono che il primo ministro Zeidan non ha dato altri dettagli sulla missione durante la conferenza stampa: quando inizierà, quanto durerà e chi pagherà i costi. Contattano l’ambasciata italiana a Tripoli, che però non aggiunge nulla. (...)
Per ora non ci sono ancora commenti da parte del governo italiano, forse per quel patto di riservatezza stretto tra il premier Enrico Letta e il presidente americano Barack Obama durante l’incontro a Washington di metà ottobre. “Albania e Libia: sono due questioni che l’Amministrazione americana, e non da adesso, considera automaticamente di competenza italiana. A maggior ragione ora che il paese è un disastro, con tutti i problemi aperti dal dopo Gheddafi e senza che Washington abbia alcun interesse a occuparsene – e questo non vale solo per la Libia”, dicono fonti diplomatiche italiane al Foglio che preferiscono restare senza nome. Alla Farnesina rispondono al Foglio di “essere ovviamente felici che la Libia stia lavorando sulla sicurezza dei confini, ma non ci sono altri dettagli da aggiungere a quelli che si conoscono già”. A metà ottobre delegazioni italiane dei ministeri di Difesa e Interno sono andate a Tripoli per parlare con il governo libico prima dell’inizio dell’operazione “Mare nostrum” per il controllo e il soccorso dell’immigrazione clandestina. Il discorso potrebbe essere stato più ampio.

Il primo ministro libico Zeidan ha parlato di sorveglianza elettronica e aerea. Per quanto riguarda la prima, il riferimento è a un contratto da 300 milioni di euro firmato quattro anni fa, il 7 ottobre 2009, tra Selex, società di Finmeccanica, e il governo di Tripoli, come conseguenza del trattato di amicizia stretto nel 2008 tra Italia e Libia. Da allora tutto è cambiato, c’era Gheddafi e adesso c’è un governo fragile – nato da una ribellione aiutata dalla Nato ma poi caduta ostaggio delle sue stesse milizie. La necessità di controllare i confini però resta, e Selex è specializzata in radar e sensori di sorveglianza; è verosimile che siano ancora considerati utili.(...)