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sabato 23 novembre 2013

Iran: Scelte Rischiose?

GINEVRA - «Siamo vicini a un accordo». Arriva da Teheran la notizia che, dopo tre giorni intensi di negoziati a Ginevra, l’Iran e le potenze occidentali avrebbero trovato un’accordo sullo spinoso dossier nucleare. Venerdì sera il viceministro iraniano Abbas Araqchi, secondo quanto ha riferito l’agenzia stampaMehr, ha soffiato sul fuoco della speranza di un’intesa dopo che a innescare le aspettative erano stati poco prima gli Stati Uniti annunciando che il segretario di Stato John Kerry era in partenza per Ginevra. Secondo quanto poi aveva riferito laPress Tv, sulla base di fonti negoziali, la questione si sarebbe sbloccata quando i delegati del 5+1 avrebbero accettato di riconoscere il diritto di Teheran ad arricchire in proprio l’uranio. (...) 

LA CAUTELA USA - Un tam-tam di voci seguite anche alle dichiarazioni del ministro degli Esteri iraniano Mohammad Kavad Zarif che, ancora prima da Ginevra, aveva parlato di progressi «del 90 per cento», anche se restano da risolvere «una o due questioni». Dal Dipartimento di Stato Usa comunque resta un filo di cautela sulla questione: «Il segretario si recherà a Ginevra con l’obiettivo di continuare a dare una mano per far ridurre le divergenze, e progredire sempre di più verso un accordo», ha spiegato il portavoce Jen Psaki spiegando che Kerry si sarebbe consultato con l’alto rappresentante dell’Unione Europea, Catherine Ashton, e con la delegazione di negoziatori sul posto e che comunque la sua partenza in ogni caso «non costituisce una previsione sull’esito» dei negoziati. Venerdì a Ginevra era arrivato anche il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov.(...)

martedì 12 novembre 2013

Negoziati Nucleare: Cosa Non Ha Funzionato? (da ilFoglio.it)

​Ci sono due versioni sul fallimento dei negoziati nucleari con l’Iran a Ginevra. Il Wall Street Journal e il New York Times scrivono che l’impossibilità di raggiungere un accordo è da imputare all’Iran, che ha preteso troppo. A un certo punto, spiegano fonti diplomatiche, c’è stata l’impressione che si fosse vicinissimi all’intesa, che le interminabili sessioni a porte chiuse all’Intercontinental Hotel stessero per avere un risultato, che soltanto poche parole di differenza ci separassero dagli iraniani, poi i negoziati sono naufragati: in particolare, è stata l’insistenza da parte del governo di Teheran a vedere riconosciuto il suo “diritto all’arricchimento dell’uranio”, senza peraltro specificare a quale grado (l’uranio a basso grado di arricchimento serve per uso civile, ma oltre una certa soglia può essere utilizzato per fare un’arma atomica). E’ il punto su cui Israele sta facendo lobbying al contrario: il premier Benjamin Netanyahu sostiene che il processo di arricchimento dovrebbe essere trasferito all’estero, per poter essere meglio controllato: l’uranio sarebbe arricchito fuori e poi consegnato all’Iran. Washington ha una posizione intermedia, vorrebbe discutere a quali condizioni e con quali tempi consentire all’Iran di arricchire, ma considera prematuro ed eccessivo parlare di “diritto” iraniano. Non si tratta dunque di un colpo di mano dei francesi, dice il dipartimento di stato americano, ma di una decisione presa in comune dal gruppo dei Cinque più uno per non cedere alle condizioni troppo ambiziose poste da Teheran.
 
Foreign Policy scrive che il fallimento è stato voluto dalla Francia. Il ministro degli Esteri, Laurent Fabius, ha in effetti violato il protocollo sabato pomeriggo, parlando alla radio dei negoziati e dicendo in buona sostanza che la Francia non ci sarebbe cascata. I francesi hanno una conoscenza molto più particolareggiata rispetto agli altri del programma atomico iraniano, anche perché hanno contribuito a fondarlo. In particolare, il governo di Parigi vuole che sia fermata la costruzione del reattore al plutonio di Arak.
Quel reattore è in bilico sulla linea dell’irreversibilità (un concetto chiave nei negoziati con l’Iran). Arak in teoria entrerà in funzione nel 2014 e potrà produrre plutonio a partire dal 2015 e l’Iran non ha ancora un impianto per convertire quel plutonio all’uso militare, quindi sembra esserci ancora margine per trattare. I francesi sostengono però che una volta in funzione quel reattore non potrà essere bombardato, perché il plutonio si disperderebbe e sarebbe una catastrofe per la popolazione. Per questo insistono sullo stop preventivo.