Ci sono due versioni sul fallimento dei negoziati nucleari con l’Iran a Ginevra. Il Wall Street Journal e il New York Times scrivono che l’impossibilità di raggiungere un accordo è da imputare all’Iran, che ha preteso troppo. A un certo punto, spiegano fonti diplomatiche, c’è stata l’impressione che si fosse vicinissimi all’intesa, che le interminabili sessioni a porte chiuse all’Intercontinental Hotel stessero per avere un risultato, che soltanto poche parole di differenza ci separassero dagli iraniani, poi i negoziati sono naufragati: in particolare, è stata l’insistenza da parte del governo di Teheran a vedere riconosciuto il suo “diritto all’arricchimento dell’uranio”, senza peraltro specificare a quale grado (l’uranio a basso grado di arricchimento serve per uso civile, ma oltre una certa soglia può essere utilizzato per fare un’arma atomica). E’ il punto su cui Israele sta facendo lobbying al contrario: il premier Benjamin Netanyahu sostiene che il processo di arricchimento dovrebbe essere trasferito all’estero, per poter essere meglio controllato: l’uranio sarebbe arricchito fuori e poi consegnato all’Iran. Washington ha una posizione intermedia, vorrebbe discutere a quali condizioni e con quali tempi consentire all’Iran di arricchire, ma considera prematuro ed eccessivo parlare di “diritto” iraniano. Non si tratta dunque di un colpo di mano dei francesi, dice il dipartimento di stato americano, ma di una decisione presa in comune dal gruppo dei Cinque più uno per non cedere alle condizioni troppo ambiziose poste da Teheran.
Foreign Policy scrive che il fallimento è stato voluto dalla Francia. Il ministro degli Esteri, Laurent Fabius, ha in effetti violato il protocollo sabato pomeriggo, parlando alla radio dei negoziati e dicendo in buona sostanza che la Francia non ci sarebbe cascata. I francesi hanno una conoscenza molto più particolareggiata rispetto agli altri del programma atomico iraniano, anche perché hanno contribuito a fondarlo. In particolare, il governo di Parigi vuole che sia fermata la costruzione del reattore al plutonio di Arak.
Quel reattore è in bilico sulla linea dell’irreversibilità (un concetto chiave nei negoziati con l’Iran). Arak in teoria entrerà in funzione nel 2014 e potrà produrre plutonio a partire dal 2015 e l’Iran non ha ancora un impianto per convertire quel plutonio all’uso militare, quindi sembra esserci ancora margine per trattare. I francesi sostengono però che una volta in funzione quel reattore non potrà essere bombardato, perché il plutonio si disperderebbe e sarebbe una catastrofe per la popolazione. Per questo insistono sullo stop preventivo.
Nessun commento:
Posta un commento