domenica 3 novembre 2013

Dalle esercitazioni alla politica (da HuffingtonPost.it)

Per assicurare il mantenimento di un'adeguata prontezza operativa e il costante addestramento dei quadri e delle strutture di comando, la NATO effettua su base routinaria una serie di esercitazioni fra le quali una delle più importanti è quella, annuale, che si sta giocando in questi giorni, per la 'certificazione' dei comandi che, a rotazione, costituiscono la struttura portante della NRF, la forza di reazione rapida, che deve essere in grado di intervenire con un brevissimo preavviso in caso di necessità di qualsiasi tipo.
Questa esercitazione, di tipo 'per posti di comando' e quindi senza truppe sul terreno, per parecchi anni è stata effettuata su un tipico scenario di peace-keeping, creando un ambito geografico ricalcato sul Corno d'Africa, con qualche variazione orografica, su cui insistono paesi di fantasia, cui vengono dati nomi pittoreschi e ai quali vengono attribuiti sistemi politici e atteggiamenti utili rendere realistica l'esercitazione stessa. (...)
Ci troviamo quindi nella NATO, pur con diverse sfumature, sostanzialmente con due aree ben differenziate: coloro che con la dissoluzione dell'URSS considerano definitivamente tramontata l'ipotesi di una minaccia dei tipo classico proveniente da est e quelli che invece continuano a ritenere ancora incombente il rischio che Mosca si faccia prendere dalla tentazione di riguadagnare, anche con la forza, gli ambiti geografici perduti negli anni '90. Per questi ultimi paesi il valore principe dell'Alleanza rimane la garanzia di una piena solidarietà in caso di aggressione, come stabilito nel ben noto articolo 5 del Trattato, garanzia che non deve essere annacquata da quelle che, a loro avviso, sono illusioni circa le reali intenzioni dell'ingombrante vicino.
Proprio in base a queste considerazioni, nel recente passato a Bruxelles si è ampiamente dibattuto sull'opportunità di cambiare radicalmente lo scenario esercitativo descritto all'inizio, e alla fine si è presa la decisione di costruire un nuovo scenario, basato sul Baltico e sulla Scandinavia, di tipo classico, in modo da poter creare le condizioni per un'esercitazione di reazione ad un'aggressione convenzionale ed un impiego delle forze secondo schemi tradizionali: invasione, contenimento, ripristino. (...) 

Perché se è vero che qualcuno ne trae rassicurazioni circa la concreta solidarietà dell'Alleanza, pronta ad intervenire per la difesa del proprio territorio, all'esterno si può dare la sensazione che per la NATO la contrapposizione Est-Ovest sia ancora il punto focale delle proprie attività, con ciò alimentando una permanente atmosfera di sospetto.

Tutto ciò non agevola un franco confronto e contribuisce a vanificare gli sforzi di chi vede, in prospettiva, in una aperta cooperazione con Mosca una concreta possibilità di dare vita ad una governance globale efficace, in grado di attenuare le turbolenze che travagliano una parte importante del mondo. Ma la voce del Nord è molto forte, molto ascoltata a Washington, e per contrastarla, valorizzando gli interessi vitali connessi con la situazione del Mediterraneo, serve un'azione autorevole, continua, sottolineata fino alla noia da parte dei Paesi che vi insistono: in primis il nostro.


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