Dunque l'Europa prende posizione "contro" la Germania, con cautela e con precisazioni varie, che vogliono evitare l'esplosione di una tensione che in realtà da tempo è presente nella zona Euro. Il passo potrebbe essere l'inizio di una svolta rispetto alla tendenza "solo-austerity" che ha segnato fin qui il percorso europeo nella crisi, ed è comunque importante come segnale nei confronti di tutta la comunità europea.
E' però lecito dubitare che mettere "sotto accusa" la Germania serva, senza ulteriori passaggi politico-comunitari (anche perché - lo si ricordava qualche giorno fa - il riequilibrio degli squilibri commerciali non è cosa che si possa imporre). L'Italia può giocare forse una partita diversa, appoggiandosi alle scelte odierne, ma proponendo agli stati più affini alla sua situazione - Spagna e Francia - di premere affinché la governance europea sia diversa. E' necessario quindi immaginare un "gioco di squadra" dei paesi del sud Europa (estremizzando irrealisticamente: si potrebbero "forzare" gli eurobond, comunque da soli non risolutivi, se alcuni paesi dicessero "noi li faremo comunque?") - che porti a rideterminare alcune scelte complessive della nostra Comunità.
Parallelamente al tentativo di riequilibrare le dinamiche "interne", si alzano voci sempre più decise contro l'Euro forte. Le preoccupazioni legittime si mescolano così alla tentazione di entrare nell'arena della "guerra delle valute", iniziata da tempo. La BCE in questi anni ha tentato di rimanere fuori da questa battaglia; ora le pressioni si fanno più forti.
Su questo, ragiono ad alta voce da "inesperto", mi pare si possa dire che - come nelle guerre "vere" - il rischio è di sapere bene perché e come si "entra in battaglia", ma non capire, non sapere, non riuscire a definire come "se ne esce". La guerra monetaria può dare respiro all'Europa? forse, per un breve periodo. Ma il rischio è che le tensioni fra le diverse aree si rendano sempre più acute, vanificando anche i benefici immediati.
Inoltre, giocare con la svalutazione della moneta ( cosa forse oramai necessaria?) rischia di creare l'illusione di una manovra risolutiva, rendendo più difficile, meno urgente, più complicato dal punto di vista politico, il percorso per irrobustire realmente le economie dell'Eurozona.
Forse l'Europa dovrebbe giocare veramente una partita più politica, provando a presentare al mondo un'idea di "governo mondiale" dell'economia, qualcosa che dica ai Grandi Giocatori: "Gli equilibri sono cambiati. Prendiamone atto. Non distruggiamoci reciprocamente, ma creiamo qualcosa di nuovo". Se - e solo se - si fosse capaci di proporre questo, allora varrebbe la pena "entrare in battaglia".
FMM
L'idea è semplice: la Germania deve spendere di più per permettere ai paesi del sud come il Portogallo di allargare il loro mercato e vendere i loro prodotti. L'idea è generosa e si basa su una convinzione: in questo momento i tedeschi approfittano della zona euro. In che modo? Per il semplice motivo che se avessero avuto il marco tedesco al posto dell'euro, la loro valuta si sarebbe apprezzata molto di più e la loro competitività (le loro esportazioni) si sarebbe deteriorata. Inoltre a causa della divisione finanziaria dell'euro le banche tedesche e lo stesso stato sono diventati il rifugio degli investitori internazionali, disposti a pagare caro per avere la sicurezza della più grande economia della moneta unica.
Sì, chiediamo la solidarietà della Germania, tanto più che alcuni paesi come il Portogallo devono fare drastici aggiustamento della loro economica e devono farli rapidamente. Il problema è sapere quello che devono fare i tedeschi per favorire la forza economica europea e un progetto che affermano di voler difendere.
Con il rischio di essere accusato di scarso patriottismo, non penso che la soluzione migliore passi attraverso un aumento delle spese in Germania (...) Viviamo in un'unione monetaria caratterizzata da grandi disparità sul piano finanziario. È qui, a questo livello, che gli europei devono chiedere un altro tipo di solidarietà alla Germania, per bilanciare gli squilibri esterni nella zona euro. Se infatti un deficit del 6 per cento della bilancia delle transazioni correnti è un cattivo risultato, non possiamo neppure rallegrarci di un eccedenza del 6 per cento in un altro paese della stessa zona monetaria. Come correggere questi squilibri?
Per esempio istituendo una vera e propria gestione economica della zona euro in cui la sovranità sia più condivisa e creando una vera e propria unione bancaria che non ha mai visto la luce. È su questi due aspetti che la Commissione europea e i dirigenti dei paesi dell'Europa meridionale devono concentrarsi, invece di perdere tempo a chiedere ai tedeschi di non essere tedeschi.
Se la Germania, nelle ultimi indagini di Bruxelles, non presentava sbilanci particolari, in quest’ultimo report si sottolinea invece come a partire dal 2007 Berlino abbia registrato un surplus superiore alle soglie previste (fissate al 7 per cento). Il fatto che la Commissione europea abbia avviato un'"indagine approfondita" sull'eccessivo surplus della bilancia commerciale tedesca non significa che disapprovi la competitività della Germania. Lo ha chiarito il presidente della Commissione Ue Josè Manuel Barroso. "E' prematuro - ha aggiunto - anticipare se ci saranno conseguenze per Berlino" al termine dell'indagine, i cui risultati saranno noti la prossima primavera. La Germania è uno dei principali "motori dell'economia europea e "non si sta criticando la sua competitività", che dovrebbe essere un esempio per tutti gli altri Paesi.
(...) Il tasso di cambio dell'euro troppo elevato è disastroso a tutti i livelli: perché è in grado di distruggere in pochi giorni tutti i risultati in materia di competitività costati anni di sforzi; perché costringe le aziende ad abbassare i prezzi e licenziare gli impiegati, per preservare la loro competitività interna ed esterna. Diminuendo i costi delle importazioni, riduce l'inflazione a un livello troppo basso e porta a un eccessivo consumo energetico. Si tratta di un circolo vizioso in cui ogni tentativo di ridurre i deficit di governo tagliando le spese pubbliche porta a un alto tasso di disoccupazione e alimenta la crisi economica. Inoltre, l'euro troppo forte mette i paesi più indebitati nella posizione di non essere più in grado di ripagare il loro debito pubblico senza dissanguare i risparmiatori: Cipro ne è un esempio.(...)
La Germania è ancora ostile all'idea perché diffidente nei confronti di tutto ciò che possa dare l'impressione di una valuta debole e di un ritorno dell'inflazione. Questo non per salvaguardare la democrazia (Hitler, contrariamente a quanto si crede, non salì al potere per domare l'inflazione, ma dopo che questa era già stata domata), ma per i suoi timori in materia demografica: il paese ha bisogno di surplus commerciali e stabilità dei prezzi in modo che il surplus continui a crescere per pagare le pensioni degli attuali lavoratori, considerando che le generazioni future non saranno in grado di finanziarle.
Una volta convinti i responsabili delle decisioni, i ministri delle finanze dovranno solamente ribadire all'unanimità, durante ogni riunione del gruppo dell'euro, che il tasso di cambio dell'euro è troppo forte; a quel punto, la BCE non dovrà fare altro che dichiararsi a favore di un calo del valore dell'euro. Inoltre, se necessario, la BCE potrebbe ulteriormente diminuire il suo tasso ufficiale di riferimento, che è persino più alto di quello della Fed, la banca centrale degli Stati Uniti (0,25 contro lo 0,08%).(...)
Un euro indebolito a un livello ragionevole (un euro per dollaro) rappresenta dunque la scelta migliore; deve diventare una priorità e mettere in gioco tutte le sue forze. La Francia deve rivendicare tutto ciò, insieme a tutti gli altri sforzi per ripristinare la competitività tramite l'innovazione. Più l'euro sarà debole, più la posizione dell'Europa nel mondo sarà forte. E viceversa.
Cosa servirebbe subito per invertire la rotta?
«L’Europa deve accelerare sull’Unione bancaria, accompagnandola con un’assicurazione europea dei depositi e un meccanismo di Risoluzione comune; abbandonare le politiche di austerità e puntare invece su politiche per favorire la crescita, sfruttando ad esempio i fondi Bei per finanziare le piccole e medie imprese che faticano ad ottenere credito, e investendo su istruzione e innovazione tecnologica; introdurre gli eurobond, così tutti i Paesi possono indebitarsi a tassi negativi».
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