Sarebbe bello se i politici fossero informati e aggiornati su tutte le materie scientifiche che di diritto o di rovescio toccano la sfera pubblica e il loro lavoro di policy-making, ma è impossibile. I cambiamenti climatici, le biotecnologie, la differenza che passa fra le terapie vere e quelle fasulle, la sperimentazione animale e via continuando. Le cose da sapere sono davvero troppe. E poi questo dovrebbe essere il lavoro dei consulenti scientifici, figure affermate nel mondo anglosassone e pressoché inesistenti da noi. Sarebbe utile però che i policy-maker (e non solo loro) capissero qualcosa di come funziona la scienza. In questo modo potrebbero fare le domande giuste agli scienziati e soprattutto potrebbero interpretare bene le loro risposte. Nature prova a contribuire con il numero in uscita oggi, pubblicando “Twenty tips for interpreting scientific claims”, a firma di W. J. Sutgerland, D. Spiegelhalter e M. A. Burgman. Ecco la lista dei concetti chiave per capire i risultati scientifici limitando al massimo i fraintendimenti. Comincio dal mio preferito.
La percezione di un rischio non rispecchia la sua entità. Spesso sovrastimiamo pericoli piccoli e remoti ma sottostimiamo rischi ben più grandi o più concreti. Magari viviamo sulle pendici del Vesuvio ma non ci fidiamo della sicurezza dei vaccini (l’esempio è mio, non di Nature). Le domande da fare sono: quanto è probabile che accada? Stiamo valutando correttamente i possibili danni e i possibili benefici legati alle nostre scelte?
La correlazione non implica causazione. Il fatto che due fenomeni si presentino insieme non significa che uno causi l’altro. Ad esempio se le alghe aumentano e i pesci muoiono, non è detto che siano le prime a uccidere i secondi. Dietro entrambi i fenomeni può esserci un terzo fattore.(...)
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