lunedì 4 novembre 2013

Agli Stati europei serve una strategia per i loro 007 (da Linkiesta.it)

(...) Il potenziamento dei servizi segreti non è qualcosa che si ottiene immediatamente. «Le intelligence europee devono rafforzare – prosegue Neri – i servizi di raccolta e analisi delle informazioni. In questo ambito sei tanto più importante quante più informazioni hai. Se diventassimo noi per primi più potenzialmente utili agli Stati Uniti potremmo trattare con loro da una posizione di maggior forza. Per farlo servono risorse: investimenti economici e persone capaci messe nei posti giusti. Un’operazione che potrebbe essere portata avanti nell’arco di un quinquennio, il tempo necessario ad acquisire le strumentazioni e a selezionare il personale».

Le persone sono probabilmente l’elemento più importante. «Noi ora stiamo discutendo moltissimo di spionaggio elettronico – spiega ancora Neri - ma bisogna ricordare che questo è un supporto alle humint (human intelligence, cioè il fattore umano), che sono quelli che sul campo fanno materialmente attività di intelligence e raccolta informazioni. Ovvio che non possiamo raggiungere il livello degli Stati Uniti, la ricerca che loro finanziano è di un altro mondo rispetto alle nostre capacità. Ma del resto loro devono affrontare esigenze globali, l’Italia e la maggior parte degli Stati europei solo regionali».

L’Unione europea non è ancora al livello di riunificare le diverse intelligence nazionali per farne una unica. «E non avrebbe senso. Fino a che non c’è un unico governo europeo, ogni Stato nazionale avrà la sua intelligence. Al massimo si potrebbe creare una intelligence europea, in aggiunta rispetto a quelle esistenti nei vari Stati membri. Ma il problema non è questo. Si sta parlando moltissimo di intelligence, che è uno strumento, e della raccolta dati informatica, che addirittura è lo strumento di uno strumento. Si tralascia il dato vero che sta emergendo da queste continue rivelazioni: che gli interessi delle due sponde dell’Atlantico si vanno disaccoppiando. L’Europa deve decidere come collocarsi nel mondo, se stare ancora in una relazione speciale con gli Usa o meno. E non c’entra tanto lo “switch” da Mediterraneo e Golfo a Pacifico, annunciato dagli Stati Uniti, quanto la debolezza dell’Europa. Dovremmo essere più forti e capaci di offrire una sponda robusta all’America – conclude Neri - altrimenti Washington con noi giocherà sempre al divide et impera».


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