(...) Tutto è cominciato nel 2005, quando Konstantin Markin, operatore del radiospionaggio in una guarnigione vicino a Pietroburgo, si è separato dalla moglie dopo la nascita del terzo figlio della coppia. Il capitano ha ottenuto il consenso della ex signora di avere i bimbi in custodia, e ha chiesto il congedo di paternità di tre anni per accudire il piccolo Kostia, oltre a Timofey e Areseniy che avevano all’epoca rispettivamente 11 e 5 anni. Si è scoperto però che la legge russa non prevede il congedo di paternità per i militari, mentre per i civili può venire richiesto indifferentemente dal padre o dalla madre. Probabilmente una banale svista dei legislatori, anche perché in un Paese dove le pari opportunità non sono un terreno di battaglia, nemmeno tra i maschi in borghese c’era grande richiesta di accudire i propri figli, e nessun militare prima aveva espresso il desiderio di cambiare i pannolini invece di difendere la patria. Il comandante della guarnigione ha consigliato all’ufficiale di congedarsi, oppure di consegnare il bimbo in un orfanotrofio. Markin si è rivolto al tribunale militare locale, a quello regionale, a tutte le istanze successive fino ad arrivare alla Corte Costituzionale, ma dovunque si è sentito rispondere “niet”: un ufficiale russo non aveva diritto a fare il papà a tempo pieno. (...) Markin si è rivelato però un uomo estremamente cocciuto e ha portato la sua causa alla Corte Europea per i diritti umani a Strasburgo. Che gli ha dato immediatamente ragione, stabilendo che la Russia nel negargli un permesso di paternità retribuito operava una discriminazione di genere e violava i diritti fondamentali dell’ufficiale. I giudici europei hanno stabilito che Markin aveva diritto a un risarcimento di 6 mila euro, tra congedo mancato e spese processuali. Incredibilmente, il ministero della Difesa glieli ha anche versati (nel frattempo un altro comandante aveva concesso il congedo di paternità a suo rischio e pericolo, gesto per il quale è stato poi inquisito). Ma il capitano, oltre ai soldi, voleva anche giustizia e ha chiesto la revisione del verdetto del tribunale russo. E a quel punto il suo caso è passato dalla categoria di incidente giudiziario a terreno di scontro internazionale. (...)
"Una simile pace dovrebbe permettere a tutti gli uomini di navigare senza impedimenti oceani e mari." (Carta Atlantica, 14 agosto 1941)
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