L’instabilità libica sta avendo forti ripercussioni non solamente sul piano politico e della sicurezza ma anche sul fondamentale settore produttivo del paese, quello dell’energia. Dall’inizio di giugno 2013, l’estrazione di idrocarburi ha cominciato a subire gravi interruzioni. Il controllo delle infrastrutture e dei giacimenti di gas e petrolio è stato coinvolto nella battaglia per il predominio del paese. Si è arrivati a un estremo impensabile: alcune milizie della Cirenaica costituitesi sotto la sigla di “Bureau Politico della Cirenaica” (Pbc) e sotto la leadership dall’ex responsabile delle guardie petrolifere della regione, il comandante Ibrahim Jathran, avendo il controllo di alcuni tra i più importanti terminal come quelli di Marsa el-Brega e Zuetina, hanno decretato la nascita della “Libyan Oil and Gas Corporation”. Si tratta di un’organizzazione preposta a vendere il petrolio e il gas della Cirenaica, con sede a Tobruk e con a capo Abd Rabbo al Barassi.
Del resto, in tutta la Libia il panorama petrolifero è deficitario, tanto che “mettersi in proprio” non sembrerebbe il peggiore dei mali. Secondo le statistiche del Middle East Economic Survey, nel solo mese di agosto – mese nel quale il crollo della produzione ha registrato livelli molto preoccupanti – sette impianti di estrazione su diciassette hanno fermato la produzione, mentre altri hanno avuto una forte riduzione perché oggetto di scioperi selvaggi da parte dei lavoratori del settore, delle guardie preposte al controllo delle infrastrutture o colpiti dai sabotaggi delle milizie armate. Complessivamente, nel mese di agosto si sono prodotti 980 mila barili al giorno in meno rispetto al volume previsto, mentre a settembre la produzione è crollata a circa 500 mila b/d – circa un terzo del livello di inizio anno, registrando il picco massimo di interruzioni non pianificate dal marzo 2011, quando i pozzi erano fermi a causa della guerra civile.(...)
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