Visualizzazione post con etichetta Eni. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Eni. Mostra tutti i post

sabato 5 settembre 2015

Zohr 1X: Sarà Vera Gloria? (Rassegna stampa sulla recente scoperta dell'Eni)

La notizia della scoperta del giacimento di gas data in questi giorni sembra essere fra quelle da seguire con molta attenzione; al tempo stesso - però - è bene aspettare dati più precisi, avendo presente - lo segnala il sito GreenReport richiamando un'analisi del prof.Bardi, di Firenze - che "l’impatto di questa scoperta sullo scenario globale rimarrà probabilmente limitato". Con la doverosa cautela nel giudizio complessivo, comunque è probabile che ci siano - sul medio-lungo periodo - interessanti conseguenze economiche e politiche, che potrebbero vedere l'Italia protagonista.

Di seguito una breve rassegna stampa con alcune riflessioni.

Francesco Maria Mariotti
***

LA NOTIZIA E ALTRI DATI SULL'EGITTO (dal sito dell'ENI)

Il giacimento, con un potenziale fino a 850 miliardi di metri cubi di gas in posto e un’estensione di circa 100 chilometri quadrati, rappresenta la più grande scoperta di gas mai effettuata in Egitto e nel Mar Mediterraneo e può diventare una delle maggiori scoperte di gas a livello mondiale. Questo successo esplorativo offrirà un contributo fondamentale nel soddisfare la domanda egiziana di gas naturale per decenni e conferma come il paese sia ancora oggi al centro delle strategie internazionali del gruppo: un’alleanza che continua da oltre 60 anni.


***
RASSEGNA STAMPA (tra gli altri : un interessante editroriale di GreenReport, Ugo Bardi, Ugo Tramballi, Maurizio Molinari, un'intervista a un analista del Cesi e una a Giulio Sapelli)

(...) Nonostante ciò, l’impatto di questa scoperta sullo scenario globale rimarrà probabilmente limitato. Le dimensioni del giacimento sono certamente rilevanti, ma «al mondo si ritiene che ci siano qualcosa come 190.000 miliardi di metri cubi di gas naturale estraibile. Ne consegue – sottolinea Ugo Bardi, docente di chimica fisica presso l’università di Firenze, membro dell’Aspo e del Club di Roma – che la nuova scoperta aggiunge circa lo 0.45% alle riserve mondiali,sempre ammesso che le riserve “possibili” si rivelino poi reali». Ogni anno, si evidenzia nella stessa analisi, si consumano 3.300 metri cubi di gas, ovvero più del triplo di quanto Zohr potrà dare nell’arco di decenni.

Lo scenario cambia man mano che si restringe il punto d’osservazione. Se a livello globale la scoperta Eni non è certo in grado di scompigliare le carte in tavola, per l’Egitto Zohr rappresenta la possibilità di una svolta nell’approvvigionamento energetico. Per Eni (il cui titolo in Borsa in queste ore ha spiccato il volo), se saprà gestire i rischi ambientali che senza dubbio seguiranno allo sfruttamento di Zohr, è la conferma di una leadership industriale di primissimo piano. Leadership che si scontra però con un contesto economico nel quale i prezzi delle commodity sono al minimo: oggi il grande punto interrogativo non riguarda il bisogno di nuova energia, ma di un nuovo modello di sviluppo.

Molto lentamente, nonostante tutto, per tentativi ed errori tale modello si riesce pian piano a intravedere. Come certifica proprio oggi l’Agenzia internazionale dell’energia, il costo di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (in particolare fotovoltaica ed eolica) è in calo da diversi anni, mentre la produzione da fonti fossili come petrolio, carbone e gas sta salendo. Nel suo rapporto Projected Costs of Generating Electricity: 2015 Edition, la Iea sottolinea come l’Lcoe (Levelized cost of energy, il costo di produzione di 1 kW elettrico) dal 2010 a oggi si stia muovendo in modo opposto per rinnovabili e fossili, mentre rimane sostanzialmente stabile per l’energia nucleare (come stabile, ovvero insoluto, rimane il nodo della gestione dei rifiuti radioattivi). Lo studio dell’Agenzia dà risultati diversi a seconda del contesto, ma il trend è chiaro in tutti i 22 paesi analizzati.

Per l’Italia quella aperta dalla scoperta Eni apre una finestra di breve durata, ma che vale la pena di essere sfruttata. Le ricadute energetiche per il nostro Paese saranno assai scarse: non ci sono gasdotti che collegano l’Italia all’Egitto, anche se Zohr potrebbe contribuire a ridare un senso ai rigassificatori presenti lungo la Penisola, e a oggi praticamente inutilizzati, come quello al largo delle coste toscane. Più rilevanti potranno essere le ricadute geopolitiche, se ben indirizzate. L’Italia ha da tempo smarrito il ruolo di leadership nel Mediterraneo che le è stato consegnato dalla storia, ma solidi ponti industriali come quello costituito da Eni potrebbero essere assai rilevanti per riconquistarla, anche di fronte a un’Europa perennemente concentrata sulle esigenze e i vincoli imposti dai paesi del nord.
Eppure il Mediterraneo abbraccia buona parte del futuro del mondo.(...)

"ENI: grande scoperta di un giacimento di gas naturale in Egitto". Come al solito, la stampa da i numeri, ma non riesce mai a renderli comprensibili. Dopo aver detto che dentro questo giacimento è possibile che ci siano "850 miliardi di metri cubi di gas" (e notare il "possibile"), se non il metti in prospettiva, tanto valeva dire "millanta." E' un numero che piomba dal cielo sui lettori che non trovano in questi proclami i dati che permetterebbero di confrontare la dimensione del giacimento con quella delle altre riserve mondiali.

Eppure, ci vuole veramente poco per fare la proporzione. Basta digitare "riserve mondiali di gas naturali" e trovi subito il dato su Wikipedia. E se non ti fidi di Wikipedia, lo trovi in inglese sul sito di BP e lo trovi anche in tanti altri posti. Come sempre, i dati sono incerti, ma un ordine di grandezza lo abbiamo. Al mondo, si ritiene che ci siano qualcosa come 190.000 miliardi di metri cubi di gas naturale estraibile.

Ne consegue che la nuova scoperta aggiunge circa lo 0.45% alle riserve mondiali, sempre ammesso che le riserve "possibili" si rivelino poi reali. Non è che poi sia quella gran cosa epocale che sembrerebbe essere leggendo le iperboli dei giornali.
Intendiamoci, non è una scoperta da poco. Sul Financial Times, dicono che potrebbe soddisfare i consumi dell'Egitto per 10 anni e l'Egitto ha disperatamente bisogno di energia in una situazione economica molto difficile. Ed è anche un bel successo per l'ENI; che ne ha molto bisogno,(...)

Ma se per l'Eni e l'Italia Zohr è un affare assoluto, per l'Egitto l'improvvisa ricchezza (la gran parte del gas servirà un mercato interno d quasi 100 milioni di consumatori) è a doppio taglio. Il paese è impegnato in una serie di riforme socialmente difficili che dovrebbero modernizzarne l'economia. Cambiamenti sui quali preme il Fondo monetario internazionale per rilasciare all'Egitto un credito da cinque miliardi di dollari (ora meno decisivi) e un attestato di economia affidabile. La nuova fortuna energetica potrebbe spingere il governo a imitare sauditi ed emiri del Golfo che per guadagnare stabilità interna e consenso, alle riforme tendono a preferire le sovvenzioni, a distribuire ricchezza come benevolenza del governante. L'Arabia Saudita, il Qatar, il Kuwait, l'Algeria non sono economie moderne. Quello della Libia di Gheddafi a fatica si poteva chiamare sistema economico. Ci sarà dunque una nuova ricchezza nel Mediterraneo meridionale, ma non più stabilità. Il governo egiziano avrà più consenso ma al terrorismo islamico che lo insidia non serve consenso per colpire. Un ventennio fa, con il processo di Oslo, iniziò il progetto di un “Gasdotto della pace” che dall'Egitto avrebbe portato energia a Israele, Gaza, Cisgiordania e Giordania. La pace fra israeliani e palestinesi non ci fu e il piano fallì, nonostante l'Egitto allora avesse ancora gas.
di Ugo Tramballi - Il Sole 24 Ore - leggi su Così cambierà la «gas-politik» (il Sole 24 Ore)

Secondo il comunicato di ENI, il giacimento si trova in un’area del Mediterraneo davanti all’Egitto a circa 200 chilometri dalla costa a una profondità di 1.450 metri, nel cosiddetto “Shorouck Block” dove ENI è attiva dal gennaio del 2014. L’estensione del giacimento sarebbe di circa cento chilometri quadrati: dalle informazioni geologiche e geofisiche disponibili, e dai dati raccolti nel pozzo di scoperta, la quantità di energia stimata equivale a 5,5 miliardi di barili di petrolio (850 miliardi di metri cubi di gas). Quell’area è gestita esclusivamente da ENI. L’attuale CEO della società, Claudio Descalzi, ha fatto sapere che saranno utilizzate le strutture esistenti sia a mare che a terra per mantenere i costi di sviluppo relativamente bassi. Ci vorranno diversi mesi per risolvere questioni legate ai contratti per lo sviluppo e la produzione, ma la perforazione dovrebbe iniziare all’inizio del prossimo anno. Se così fosse, in base ai progetti passati, la produzione comincerebbe circa un anno dopo, dunque all’inizio del 2017. Nella produzione ENI avrà una partecipazione pari al 50 per cento, mentre il resto sarà detenuto dalla società petrolifera di stato dell’Egitto.

La scoperta è avvenuta nell'offshore egiziano del Mar Mediterraneo presso il prospetto esplorativo denominato Zohr. Il pozzo Zohr 1X, attraverso il quale è stata effettuata la scoperta, è situato a 1.450 metri di profondità d'acqua, nel blocco Shorouk, siglato nel gennaio 2014 con il Ministero del Petrolio egiziano e con la Egyptian Natural Gas Holding Company (Egas) a seguito di una gara internazionale competitiva. Dalle informazioni geologiche e geofisiche disponibili, e dai dati acquisiti nel pozzo di scoperta - spiega il Cane a Sei Zampe - «il giacimento supergiant presenta un potenziale di risorse fino a 850 miliardi di metri cubi di gas in posto (5,5 miliardi di barili di olio equivalente) e un'estensione di circa 100 chilometri quadrati. Zohr rappresenta la più grande scoperta di gas mai effettuata in Egitto e nel mar Mediterraneo e può diventare una delle maggiori scoperte di gas a livello mondiale. Questo successo esplorativo offrirà un contributo fondamentale nel soddisfare la domanda egiziana di gas naturale per decenni. Eni svolgerà nell'immediato le attività di delineazione del giacimento per assicurare lo sviluppo accelerato della scoperta che sfrutti al meglio le infrastrutture già esistenti, a mare e a terra. Il pozzo Zohr 1X, che è stato perforato a 4.131 metri di profondità complessiva, ha incontrato circa 630 metri di colonna di idrocarburi in una sequenza carbonatica di età Miocenica con ottime proprietà della roccia serbatoio». La struttura di Zohr presenta anche un potenziale a maggiore profondità, che sarà investigato in futuro attraverso un pozzo dedicato.


Anche se agli operatori non era passato inosservato l’attivismo dell’Eni negli ultimi mesi, nulla toglie alla straordinarietà della scoperta di qualche giorno fa: non solo perché è una delle dieci identificazioni maggiori per metri cubi di gas (fino a 850 miliardi, equivalenti a 5,5 miliardi di barili di petrolio equivalente), ma perché rispetto ad altri contesti l’estrazione dovrebbe costare meno. Circa un terzo dell’estrazione nell’Artico e un quinto del fracking negli Usa, stima Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia. Stando alle stime diffuse dalla stessa Eni, il Cane a sei zampe ha la possibilità di reggere investimenti con un prezzo depresso, fino a 40-45 dollari al barile. Per arrivare a questi risultati dal punto di vista tecnologico la chiave è stato un supercomputer dell’Eni nella sede di Pavia, che ha elaborato miliardi di informazioni al secondo, sulla base delle informazioni che arrivavano dalle esplorazioni al largo dell’Egitto, fino a indicare che a 1,5 chilometri di profondità c’era un serbatoio scappato a tutte le rilevazioni precedenti. Dal punto di vista strategico la chiave è stata invece la scelta di puntare sul Mediterraneo. È stata una decisione attribuibile all’attuale amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, che ha costruito la sua carriera principalmente nel Continente Nero (la moglie Madeleine inoltre è originaria del Congo). Già negli anni Ottanta Descalzi ha lavorato tra Libia, Nigeria e Congo, nel 1994 ha assunto il ruolo di managing director della consociata Eni in Congo e nel 1998 è diventato vice presidente e managing director di Naoc, la consociata Eni in Nigeria. In seguito nei suoi incarichi ha sempre seguito anche l’Africa e il Medio Oriente. La sua decisione di puntare sull’Africa è stata letta come una svolta rispetto alla gestione di Paolo Scaroni, il precedente amministratore delegato, molto legato all’Asia e alla Russia di Putin in particolare, oltre che al pozzo senza fondo (in termini economici) di Kashagan, in Kazakistan.

L’indipendenza energetica dell’Italia dalla Russia? Un Egitto in posizione di forza rispetto agli altri Paesi del Nord Africa? Secondo Gabriele Iacovino, coordinatore degli analisti del Centro Studi Internazionali (Cesi), è troppo presto per dire quali saranno le conseguenze geopolitiche della scoperta appena annunciata dall’Eni, che ha individuato al largo delle coste egiziane il giacimento di gas più grande del Mediterraneo e uno dei più importanti al mondo (850 miliardi di metri cubi stimati). “Si tratta di prospettive ancora da verificare e, eventualmente, a lungo termine. Pensare a un’indipendenza dalla Russia nel breve periodo è utopistico”. Quello che già ora si può affermare, però, è che la scoperta del gruppo partecipato dal Tesoro “rafforza i rapporti politici ed economici con l’Egitto”. Le reali conseguenze della scoperta del giacimento, di cui il Cane a sei zampe detiene il 100% dei permessi di sfruttamento, dipendono anche da come l’azienda deciderà di portare il gas in Europa. “Non c’è un gasdotto che collega l’Egitto all’Italia”, continua Iacovino, “per questo dico che i frutti di questa scoperta si vedranno anche e soprattutto a medio-lungo termine. Le possibilità sono due: costruire nuove infrastrutture che colleghino il Paese nordafricano all’Europa o trasformare il gas in liquido, trasportarlo in Italia e qui rigassificarlo negli impianti nazionali che, in questo, sono molto all’avanguardia. Questa seconda opzione ha però dei costi elevati”.(...)

L'amministratore delegato dell'Eni, Claudio Descalzi, ha sottolineato l'impostanza strategica del giacimento Zohr 1X da 850 miliardi di metri cubi, quali sono le conseguenze geopolitiche di una scoperta del genere nell'area?
Sapelli: "C'e un fatto geopolitico in se: questa scoperta da forza all'Egitto che in tutta in quell'area lì è l'unico soggetto statale e non un aggregato tribale come Libia e Siria. Solo Tunisia e Marocco hanno raggiunto una statualità stabilizzata ma non hanno la potenza economica e militare dell'Egitto. Devo dire anche una cosa che molti osservatori non sottolineano e cioè che questo si collega alla crisi del Sudan, dove c'è la foce del Nilo. Lì ci sono progetti di costruzione di dighe che abbasseranno il livello del Nilo con evidenti coseguenze sull'Egitto. E allora una scoperta del genere può sostenere l'economia locale, aiutare le pmi egiziane a crescere e sostenere, ad esempio, lo sviluppo di nuove tecnologie di irrigazione".
Per l'Italia l'impatto diretto sul mercato del gas sembra minore, ma quali possono essere i vantaggi?
Sapelli: "Dato che non si sa cosa può succedere con l'Ucraina avere una fonte alternativa è sempre utile. Ma la cosa importante è che questa scoperta dimostra quanto sia stato importante per l'Eni aver deciso a suo tempo di restare in Egitto. Comunque l'Italia ha un'altra fonte di probabile approvvigionamento energetico. Seconda cosa una scoperta del genere porta un indotto energetico molto vasto. C'è lavoro per molte industrie, per molte fabbriche e per molte altre attività. Molte altre imprese italiane possono allocarsi lì e lavorare di conserva. Mi sembra un'ottima, ottima notizia per noi".(...)

Inoltre, il fatto che il giacimento di Zohr sia stato ritrovato in un’area da tempo sotto osservazione stretta delle compagnie petrolifere potrebbe avere rilevanti sviluppi geopolitici. Nelle acque tra Cipro, Libano, Israele ed Egitto, le scoperte si sono moltiplicate, come l’area di Leviathan (tra Israele e Cipro) ha dimostrato. Per i Paesi del Levante mediterraneo ciò potrebbe significare un notevole potenziale economico su cui fare affidamento nel futuro prossimo. Palestina inclusa, naturalmente, con tutto quello che comporterebbe per lo sviluppo economico e la pace della Striscia di Gaza e dei Territori. (...)
Infine, i continui ritrovamenti di gas naturale mettono sempre più in risalto, in prospettiva “climate change” e conferenza di Parigi (a dicembre), il fatto che il gas potrebbe a tutti gli effetti rivestire il ruolo di combustibile “ponte”, di transizione verso fonti rinnovabili a impatto zero. Un altro elemento (che piace ovviamente molto alle compagnie come l’Eni) su cui varrebbe la pena di discutere.


E’ la possibile genesi di un network di interessi alternativo a quelli che attraversano aree di crisi endemica, Stati falliti o Paesi a noi ostili. Non è un caso che, durante la cena a Palazzo Vecchio nella Sala delle Udienze già luogo di lavoro di Machiavelli, il premier Matteo Renzi abbia anticipato all’ospite israeliano Benjamin Netanyahu l’annuncio di Eni arrivato puntuale la mattina seguente. I giornali egiziani avevano tratteggiato la notizia quello stesso giorno e non si trattava dunque di una rivelazione. Ma fonti israeliane, presenti alla cena, si soffermano sulla comune valutazione positiva di Renzi e Netanyahu in merito al «Zohr Prospect» perché l’interesse è coincidente: se per l’Italia significa differenziare le fonti energetiche, per il premier di Gerusalemme è un’arma preziosa da adoperare al fine di accelerare in patria la liberalizzazione del mercato del gas.Non a caso il ministro dell’Energia, Yuval Steinitz, si è affrettato a far sapere al Parlamento che «mentre noi perdiamo tempo nella definizione dell’assetto regolatorio, il mondo intorno a noi sta cambiando». Ovvero, liberalizziamo in fretta, superando il duopolio Noble Energy-Delek nella gestione del gas naturale off-shore di «Leviathan» e «Tamar» davanti a Tel Aviv e Haifa, prima che gli egiziani ci rubino clienti e mercati dall’Europa alla Giordania fino all’Africa. La convergenza di interessi fra Renzi, Al-Sisi e Netanyahu sull’energia, consolidata dalle intese con Grecia e Cipro, suggerisce la possibile genesi di un club di Paesi del Mediterraneo dotati di alta tecnologia e risorse naturali, dunque capaci di dare vita ad un polo energetico alternativo ai colossi di Mosca e del Golfo. Consegnando al Mediterraneo un imprevisto ruolo di protagonista di una formula di sviluppo economico capace di generare risposte efficaci alle sfide dell’emigrazione di massa e del terrorismo islamico.

Le président du conseil italien Matteo Renzi a téléphoné dans la foulée à son « ami » le président Abdel Fattah Al-Sissi pour « discuter ensemble de l’impact de cette découverte sur la stabilité énergétique de la Méditerranée et sur les perspectives de développement de la région ». Le PDG d’ENI, Claudio Descalzi, a estimé que « cette découverte historique sera en mesure de transformer le scenario énergétique d’un pays entier qui nous accueille depuis 60 ans ».
Cette découverte est égaloement une bonne nouvelle pour le gouvernement égyptien. L’exploitation de ce gaz en offshore pourrait en effet permettre de garantir une certaine sécurité au moment où l’Egypte est le théâtre d’une vague d’attentats perpétrés par la branche locale de l’organisation djihadiste Etat islamique (EI). Selon certains experts, l’EI aurait en effet pour projet de toucher l’Egypte d’Al-Sissi au portefeuille, en effrayant touristes et investisseurs internationaux. (...)

“Zohr is the largest gas discovery ever made in Egypt and in the Mediterranean Sea and could become one of the world’s largest natural gas finds,” Eni said in a statement. “The discovery, after its full development, will be able to ensure satisfying Egypt’s natural gas demand for decades.”
The energy company added: “Eni will immediately appraise the field with the aim of accelerating a fast-track development of the discovery.”
In the statement, Mr. Descalzi said that the discovery reconfirmed that Egypt still has “great potential” in terms of energy production. “Important synergies with the existing infrastructures can be exploited, allowing us a fast production start-up,” he said.
Eni has been in Egypt since 1954 through its subsidiary IEOC. It is the main hydrocarbon producer in Egypt, the company said, with a daily equity production of 200,000 barrels of oil equivalent.

martedì 17 dicembre 2013

Cose Di Libia

La tortura in Libia è diffusa, ancora oggi, per punire i nostalgici del vecchio regime e, di nuovo, migranti e richiedenti asilo.
Hussein Radwal Rahel non era un dissidente ed era un cittadino libico, per di più un soldato scelto delle Forze Saiqa, un’unità speciale costituita da commandos alle dipendenze del ministero della Difesa. “Era”, perché di tortura è morto il 2 dicembre. Più esattamente, per infarto e arresto cardiocircolatorio a seguito di tortura.
L’autopsia ha confermato le accuse dei suoi genitori, a loro volte corroborate da fotografie del cadavere, ripreso col volto tumefatto, con lividi al petto, alla schiena e alle gambe e con segni di scariche elettriche sulle braccia. (...)

BENGASI, 15 DIC - Il leader dell'autoproclamata zona autonoma della Libia orientale, Ibrahim Jathran, ha annunciato che i terminal petroliferi dell'area resteranno chiusi nel quadro del braccio di ferro in corso con Tripoli. I negoziati per far riprendere l'export del greggio -ha detto - sono falliti.

Ansaldo Sts taglia il portafoglio ordini di 172 milioni in seguito a un contenzioso che si e' aperto sul contratto in Libia da 202 milioni di euro con Zarubezhstroytechnology (ZST), controllata delle Ferrovie Russe RZD JSC, per la linea Sirth - Benghazi, sospeso dopo gli eventi bellici che hanno interessato il Paese nordafricano negli ultimissimi anni. lo rende noto il gruppo dopo un cda dedicato proprio all'esame della situazione in Libia, dove oltre a a questa commessa fu firmata un'intesa con le Ferrovie Libiche, per 541 milioni di euro, luglio 2009, per la realizzazione delle linee Ras Ajdir - Sirth e Al-Hisha - Sabha. Per entrambi i contratti - spiega il gruppo in una nota - furono ricevuti anticipi pari a 135 milioni di euro circa per il primo e di 71 milioni di euro circa per il secondo, rilasciando alle controparti advance payment bond di importo corrispondente. A causa degli eventi bellici i contratti di cui sopra furono sospesi per forza maggiore. In tutti gli incontri tenutisi successivamente con i rispettivi clienti e' sempre stata confermata la volonta' delle parti di prorogare la sospensione dei contratti suddetti, in previsione di una futura ripresa dei lavori. In particolare diversi sono stati gli incontri con Zarubezhstroytechnology (ZST), di cui l'ultimo nel luglio 2013. Inaspettatamente, agli inizi del mese di agosto 2013 la Zarubezhstroytechnology (ZST), tramite l'escussione dell'advance payment bond rilasciato da Credit Agricole a favore di Zarubezhstroytechnology (ZST), ha chiesto ad Ansaldo Sts - prosegue la nota - la restituzione dell'anticipo, relativo al contratto per la linea Sirth - Benghazi, notificando altresi' la volonta' di terminare lo stesso. Ansaldo Sts ha affermato l'illegittimita' della risoluzione nelle forme espresse da Zarubezhstroytechnology (ZST) sostenendo inoltre come questa avesse diritto alla restituzione solo parziale dell'anticipo al netto del valore delle attivita' gia' realizzate e dei costi sostenuti. La procedura d'urgenza che ne e' scaturita e' stata risolta con un'ordinanza della fine di novembre del Tribunale di Milano che ha autorizzato Credit Agricole a liberare parte dell'anticipo, per circa 41 milioni di euro. Sulla base di tale ordinanza Ansaldo STS ha gia' provveduto alla restituzione parziale dell'anticipo. Successivamente a questa fase cautelare il contenzioso procedera' nelle forme ordinarie a meno che non si trovi una soluzione transattiva tra le parti.

«Tra Italia e Libia c'è una lunga stroia che ci unisce. Ora noi dobbiamo costruire infrastrutture stradali, fognature, stabilimenti per la conservzione alimentare di ortofutta, migliorare la produzione di pasta che oggi importiamo dalla Tunisia; tutte grandi opportunità per le Pmi italiane, dotate di una grande esperienza passata di collaborazione con la nostra economia che sta avvicinandosi a un sistema di libero mercato», spiega Abushagur in occasione del convegno "Libia, un interesse nazionale per l'Italia" promosso dall'Agenzia Network globale, che si terrà alle 9,30 del 13 dicembre, alla Sala Consiglio della Camera di Commercio di Roma.
di Vittorio Da Rold - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/XahPa

venerdì 6 dicembre 2013

Eni in pole position in Iran dopo l'accordo sul nucleare (da HuffingtonPost.it)

Il Cane a sei zampe potrebbe essere la prima compagnia petrolifera occidentale ad approfittare dell'accordo sul nucleare iraniano raggiunto alla fine di novembre. Oggi a Vienna, al termine del vertice dell'Opec che si è tenuto nella città austriaca, l'ad di Eni Paolo Scaroni ha incontrato il ministro iraniano del Petrolio Bijan Zanganeh per parlare dei progetti che il gruppo ha intenzione di cantierizzare nel Paese, una volta che verranno allentate le sanzioni internazionali scoccate un anno fa contro la nazione mediorientale. Proprio ieri Teheran ha mostrato interesse per sette colossi del settore petrolifero invitandoli a investire in Iran.(...)

giovedì 21 novembre 2013

Libia: Secessione Petrolifera? (da Linkiesta)

L’instabilità libica sta avendo forti ripercussioni non solamente sul piano politico e della sicurezza ma anche sul fondamentale settore produttivo del paese, quello dell’energia. Dall’inizio di giugno 2013, l’estrazione di idrocarburi ha cominciato a subire gravi interruzioni. Il controllo delle infrastrutture e dei giacimenti di gas e petrolio è stato coinvolto nella battaglia per il predominio del paese. Si è arrivati a un estremo impensabile: alcune milizie della Cirenaica costituitesi sotto la sigla di “Bureau Politico della Cirenaica” (Pbc) e sotto la leadership dall’ex responsabile  delle guardie petrolifere della regione, il comandante Ibrahim Jathran, avendo il controllo di alcuni tra i più importanti terminal come quelli di Marsa el-Brega e Zuetina, hanno decretato la nascita della “Libyan Oil and Gas Corporation”. Si tratta di un’organizzazione preposta a vendere il petrolio e il gas della Cirenaica, con sede a Tobruk e con a capo Abd Rabbo al Barassi.
Del resto, in tutta la Libia il panorama petrolifero è deficitario, tanto che “mettersi in proprio” non sembrerebbe il peggiore dei mali. Secondo le statistiche del Middle East Economic Survey, nel solo mese di agosto – mese nel quale il crollo della produzione ha registrato livelli molto preoccupanti – sette impianti di estrazione su diciassette hanno fermato la produzione, mentre altri hanno avuto una forte riduzione perché oggetto di scioperi selvaggi da parte dei lavoratori del settore, delle guardie preposte al controllo delle infrastrutture o colpiti dai sabotaggi delle milizie armate. Complessivamente, nel mese di agosto si sono prodotti 980 mila barili al giorno in meno rispetto al volume previsto, mentre a settembre la produzione è crollata a circa 500 mila b/d – circa un terzo del livello di inizio anno, registrando il picco massimo di interruzioni non pianificate dal marzo 2011, quando i pozzi erano fermi a causa della guerra civile.(...)

lunedì 18 novembre 2013

“Così Israele esporterà gas e acqua” (da laStampa.it)

(...) Che cosa avete trovato?  
«Abbiamo trovato il giacimento di gas naturale chiamato “Leviatano” e questo ci permetterà di esportarne circa il 50%, cominciando da Cipro, Grecia e Italia. In un recente viaggio in Italia il primo ministro Enrico Letta e altri ministri mi hanno detto che vorrebbero ospitare il porto per il gas israeliano previsto in Europa. Dobbiamo valutare se questo sarà trasportato attraverso un gasdotto o se dovremo renderlo liquido e quindi spedirlo via nave. Ci sono diverse opzioni. Per esempio vorremmo costruire un collettore sottomarino con Cipro e Grecia». 

Quali sono gli effetti di questa scoperta per Israele?  
«Servirà anche per il mercato interno e permetterà di tagliare i prezzi di acqua e gas e il costo di molti prodotti. Tutto questo ridurrà in modo rilevante il costo della vita». 

Quando si realizzerà la svolta?  
«Saremo pronti per l’esportazione entro il 2018-2019, ma già ora abbiamo tagliato i costi del gas per l’industria di 250 milioni al mese, il che significa 3 miliardi l’anno. Ma dal 2015 il risparmio salirà a 9 miliardi. Israele diventerà un Paese molto più a buon mercato. Poi la speranza è trovare il petrolio e vorremmo che arrivassero a investire i grandi operatori. Ma molti sono ancora impegnati con i Paesi arabi». 

Avete intenzione di esportare anche in Asia?  
«Sì, in forma di gas liquido, trasportato con le navi. Si potrebbe sostituire il petrolio iraniano. Nel 2004 la Cina aveva firmato con l’Iran un contratto da 75 miliardi per gas e petrolio per i prossimi 30 anni. Sia la Cina che la Russia dipendono molto dall’Iran e vorrebbero che l’attuale regime restasse al potere». (...)

venerdì 15 novembre 2013

Italia A Rischio Gas? (da ilSole24Ore.it)

Le forniture dalla Libia, come noto, sono bloccate. Paolo Scaroni, il capo dell'Eni, rassicura: stiamo facendo di tutto per rimpiazzarle, e l'Italia non rischia. Gazprom, il grande fornitore russo, sta pompando in Europa e in Italia quantità aggiuntive e giura che non non cadrà nella trappola che molti guai ha creato in passato con l'interruzione delle forniture attraverso l'Ucraina a causa dei ripetuti dissidi energetico-politici tra i due paesi. Lo scorso inverno, in uno scenario simile, ce la siamo cavata, (...)
 
di Federico Rendina - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/JMWK3

giovedì 31 ottobre 2013

Milizie all’assalto del petrolio L’Italia teme la “fine” della Libia (da laStampa.it)

(...) Il governo italiano segue la situazione, e proprio la Libia è stata uno dei principali argomenti di cui hanno parlato Enrico Letta e Barack Obama nel chiuso dell’ultimo, recente incontro alla Casa Bianca: hanno concordato, data la delicatezza della situazione, di non dare «pubblicità» all’argomento, ma qualcosa è filtrato. L’Italia, per gli Stati Uniti, per la comunità internazionale, e per il retaggio di una storica influenza oltre che per la presenza di forti interessi nazionali, è in prima linea nella stabilizzazione della Libia. 

Operazione complessa e che passerà, si è deciso in quell’incontro nella Sala Ovale, per una Conferenza di pacificazione che si terrà a Roma nei primi mesi del 2014 (anche se non è chiaro se prima o dopo le elezioni per l’Assemblea in Libia). Ma Enrico Letta ha chiesto a Obama che l’Italia non sia lasciata sola nel difficile compito: quella Conferenza dovrebbe tenersi sotto l’egida della comunità internazionale, attraverso l’Onu. 
È l’unica via possibile, tentando di portare a uno stesso tavolo, in territorio amico, tutti i rappresentanti delle varie fazioni: tuareg, berberi, islamisti, divisi (e moltiplicati) per tribù e per le tre principali regioni, Tripolitania, Cirenaica e Fezzan.  

Uno degli ostacoli, è proprio nell’attuale premier provvisorio Ali Zidan: un governo troppo fragile per controllare il Paese, e fragile al punto che lo stesso premier è stato oggetto di un sequestro-lampo poche settimane orsono, e indebolito anche dall’esser diviso in due fazioni: i liberal-tecnocrati (come lo stesso Zidan) e gli islamisti della locale Fratellanza musulmana. Una Conferenza, quella di Roma che dovrà rovesciare i principi di quella precedente, di Parigi, che puntò tutto su «institution building» e giustizia: non ci si era accorti, evidentemente, che prima al Paese occorre un patto sociale e politico. Che fermi, anche, la possibile tripartizione del Paese, visto che la Cirenaica mira ad un’autonomia «federalista». (...)

http://www.lastampa.it/2013/10/31/esteri/milizie-allassalto-del-petrolio-litalia-teme-la-fine-della-libia-ejS9atsi3bM8VJNDqSst9K/pagina.html

giovedì 17 ottobre 2013

L'ENI Si Muove Per L'Ambientalista Italiano

Segnalo questa notizia perché - indipendentemente dal merito della questione - mi pare importante il gesto; sembra anche l'ammissione esplicita di qualcosa che generalmente viene detto come "battuta" ("Il nostro vero Ministero degli Esteri? L'ENI"). Nell'incastro di visibilità e responsabilità che le multinazionali spesso si trovano ad "abitare", questo gesto di Scaroni ci dice anche - lo si sapeva già, ma è appunto reso un po' più esplicito - di una politica estera che non è fatta solo di feluche e soldati, ma anche - e soprattutto, in alcuni casi - di relazioni economiche; di contatti espliciti o impliciti. Di "nuovi" protagonisti. O meglio, di "nuove luci" che mettono tutto apparentemente più in vista. Apparentemente.

FMM

Per Cristian D’Alessandro, l’attivista di Greenpeace ancora in carcere nell’artico russo, si è mossa anche l’Eni, la compagnia petrolifera italiana che con la Russia intrattiene da decenni rilevanti rapporti d’affari. L’amministratore delegato del Cane a sei zampe, Paolo Scaroni, ha raccolto l’invito dei parlamentari Pd, Sel e Sc (Anzaldi, De Petris e Molea) che nei giorni scorsi avevano chiesto il suo intervento. E mercoledì ha scritto al suo omologo di Gazprom, Alexey Miller, che ha incontrato proprio di recente a Parigi (leggi la lettera in inglese).
Gli ambientalisti di Greenpeace sono stati arrestati proprio per la loro azione dimostrativa nelle vicinanze di una piattaforma in mare della compagnia di Stato moscovita.(...)

venerdì 30 dicembre 2011

Libia e Iran: La Posta In Gioco

La Libia torna al centro dell'attenzione di tutti. La scelta del governo di transizione di ridiscutere i contratti con l'Eni (o forse alcune "implicazioni sociali", come parrebbe da una nota dell'azienda) non può certo sorprenderci, soprattutto alla luce delle tensioni che si sono riaperte (non si sono mai chiuse, in realtà) sul "fronte" iraniano. Invitando a leggere alcuni articoli di approfondimento, faccio solo due riflessioni personali: 

(1) in Libia la sciagurata guerra di liberazione da Gheddafi ha creato una situazione di instabilità che non si è affatto risolta (si veda per esempio la "piccola" notizia della recente chiusura delle frontiere - oggi riaperte - fra Tunisia e Libia): la visita di Leon Panetta è il segno di una grande preoccupazione rispetto alle possibilità di riprendere effettivamente il controllo del Paese e gli Stati Uniti - si badi bene, attraverso contractor - tentano di collaborare, ben consapevoli che una crisi sul Mar mediterraneo sarebbe letale per tutta l'area.

(2) Sperando di non essere smentito dai fatti che accadranno nei prossimi giorni, la mia impressione è che il braccio di ferro sullo Stretto di Hormuz sia una nuova "onda" di tensione che non passerà ai fatti, salvo "perdita di controllo" da parte di uno degli attori; che arrivi una portaerei USA in quella zona non deve necessariamente preoccuparci: come si vede da una notizia che riporto più sotto, già da tempo quel tratto di mare è "sotto sorveglianza", ed è già da sempre in stato di "pre-allarme". Eventuali raid - di cui spesso si parla, in particolare per quanto riguarda possibili piani di attacco israeliani - non saranno preannunciati da "tensioni" o "dichiarazioni": verranno eventualmente (speriamo di no) messi in atto  senza ultimatum. Al momento, il blocco dello stretto non sembra convenire neanche a Teheran, ma probabilmente oltre al fattore esterno conta nelle decisioni iraniane un fattore di battaglia politica interna.

Francesco Maria Mariotti


Più dei temi finanziari, gli incontri di Panetta con il ministro della Difesa, Osama Jouili e il premier Abdel Rahim al-Keib sono stati incentrati sulla difficile situazione della sicurezza nel Paese nordafricano che, a due mesi dalla morte di Gheddafi, sembra sprofondato nel caos con oltre 125mila miliziani ancora armati divisi in una settantina di eserciti tribali.
Solo nell'ultima settimana si sono verificati scontri tra milizie rivali in diverse aree del Paese, protagonisti soprattutto i miliziani di Zintan che hanno occupato l'aeroporto militare Mitiga, vicino a Tripoli, e continuano a tenere prigioniero Saif al-Islam, il secondogenito di Gheddafi catturato nel Sud il 19 novembre e mai consegnato al Consiglio nazionale di transizione.


Ecco perché Tripoli vuole rivedere i contratti con l'Italia perché si è resa conto di avere un margine negoziale maggiore in un contesto internazionale che sta diventando sempre più incandescente, soprattutto dopo le minacce iraniane di bloccare lo stretto di Hormuz.
Gli Stati Uniti premono con forza per le sanzioni petrolifere agli ayatollah: Teheran dipende dal petrolio in maniera determinante. Il paese mediorientale ha incassato entrate petrolifere per 73 miliardi di dollari nel solo 2010, pari all'80% di tutto il suo export e a metà delle entrate dell'erario.


Un portavoce della compagnia italiana ha precisato che i contratti che il nuovo governo libico ha intenzione di rivedere non hanno nulla a che fare con il petrolio o con il gas naturale, ma si tratta di iniziative in materia sociale. «Non abbiamo dettagli - ha detto - ma potrebbe trattarsi della costruzione di infrastrutture, come un ospedale o una palestra: in ogni caso attività complementari a scopo non di lucro». Non sembrano a rischio, quindi, i sostanziosi contratti petroliferi Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/LWDaW 

L’Iran è pronto a bloccare lo Stretto di Hormuz, che collega il Golfo Persico all’Oceano Indiano, se gli Stati Uniti e parte dell’Occidente imporranno nuove sanzioni economiche. Certo, privare il mondo dei 15,5 milioni di barili al giorni di Hormuz sarebbe catastrofico, in un periodo di crisi come quello attuale. Ma in realtà oggi il mondo si può permettere di rinunciare al petrolio iraniano (circa 2,4 milioni di barili al giorno), vista l’entrata in produzione dell’Iraq e il rapido ritorno libico. Insomma  Teheran sta vedendo sciogliersi la propria posizione geostrategica. 




(notizia del 2006, nota FMM) 
Un sottomarino nucleare statunitense si è scontrato con una petroliera giapponese nel Mar Arabico. Da entrambe le imbarcazioni non sono stati segnalati nè feriti nè danni di rilievo, secondo quanto riferito stamani a Tokyo dal ministero degli Esteri nipponico.

In base alle prime ricostruzioni, le due imbarcazioni si sono scontrate attorno alle 4:15 ora del Giappone (le 20:15 di ieri in Italia) nella zona dello stretto di Hormuz, nel Golfo, dove si è verificata una collisione tra la prua del sommergibile americano e la poppa della nave nipponica. Le cause dell'incidente restano ancora ignote.(...)