venerdì 30 dicembre 2011

Libia e Iran: La Posta In Gioco

La Libia torna al centro dell'attenzione di tutti. La scelta del governo di transizione di ridiscutere i contratti con l'Eni (o forse alcune "implicazioni sociali", come parrebbe da una nota dell'azienda) non può certo sorprenderci, soprattutto alla luce delle tensioni che si sono riaperte (non si sono mai chiuse, in realtà) sul "fronte" iraniano. Invitando a leggere alcuni articoli di approfondimento, faccio solo due riflessioni personali: 

(1) in Libia la sciagurata guerra di liberazione da Gheddafi ha creato una situazione di instabilità che non si è affatto risolta (si veda per esempio la "piccola" notizia della recente chiusura delle frontiere - oggi riaperte - fra Tunisia e Libia): la visita di Leon Panetta è il segno di una grande preoccupazione rispetto alle possibilità di riprendere effettivamente il controllo del Paese e gli Stati Uniti - si badi bene, attraverso contractor - tentano di collaborare, ben consapevoli che una crisi sul Mar mediterraneo sarebbe letale per tutta l'area.

(2) Sperando di non essere smentito dai fatti che accadranno nei prossimi giorni, la mia impressione è che il braccio di ferro sullo Stretto di Hormuz sia una nuova "onda" di tensione che non passerà ai fatti, salvo "perdita di controllo" da parte di uno degli attori; che arrivi una portaerei USA in quella zona non deve necessariamente preoccuparci: come si vede da una notizia che riporto più sotto, già da tempo quel tratto di mare è "sotto sorveglianza", ed è già da sempre in stato di "pre-allarme". Eventuali raid - di cui spesso si parla, in particolare per quanto riguarda possibili piani di attacco israeliani - non saranno preannunciati da "tensioni" o "dichiarazioni": verranno eventualmente (speriamo di no) messi in atto  senza ultimatum. Al momento, il blocco dello stretto non sembra convenire neanche a Teheran, ma probabilmente oltre al fattore esterno conta nelle decisioni iraniane un fattore di battaglia politica interna.

Francesco Maria Mariotti


Più dei temi finanziari, gli incontri di Panetta con il ministro della Difesa, Osama Jouili e il premier Abdel Rahim al-Keib sono stati incentrati sulla difficile situazione della sicurezza nel Paese nordafricano che, a due mesi dalla morte di Gheddafi, sembra sprofondato nel caos con oltre 125mila miliziani ancora armati divisi in una settantina di eserciti tribali.
Solo nell'ultima settimana si sono verificati scontri tra milizie rivali in diverse aree del Paese, protagonisti soprattutto i miliziani di Zintan che hanno occupato l'aeroporto militare Mitiga, vicino a Tripoli, e continuano a tenere prigioniero Saif al-Islam, il secondogenito di Gheddafi catturato nel Sud il 19 novembre e mai consegnato al Consiglio nazionale di transizione.


Ecco perché Tripoli vuole rivedere i contratti con l'Italia perché si è resa conto di avere un margine negoziale maggiore in un contesto internazionale che sta diventando sempre più incandescente, soprattutto dopo le minacce iraniane di bloccare lo stretto di Hormuz.
Gli Stati Uniti premono con forza per le sanzioni petrolifere agli ayatollah: Teheran dipende dal petrolio in maniera determinante. Il paese mediorientale ha incassato entrate petrolifere per 73 miliardi di dollari nel solo 2010, pari all'80% di tutto il suo export e a metà delle entrate dell'erario.


Un portavoce della compagnia italiana ha precisato che i contratti che il nuovo governo libico ha intenzione di rivedere non hanno nulla a che fare con il petrolio o con il gas naturale, ma si tratta di iniziative in materia sociale. «Non abbiamo dettagli - ha detto - ma potrebbe trattarsi della costruzione di infrastrutture, come un ospedale o una palestra: in ogni caso attività complementari a scopo non di lucro». Non sembrano a rischio, quindi, i sostanziosi contratti petroliferi Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/LWDaW 

L’Iran è pronto a bloccare lo Stretto di Hormuz, che collega il Golfo Persico all’Oceano Indiano, se gli Stati Uniti e parte dell’Occidente imporranno nuove sanzioni economiche. Certo, privare il mondo dei 15,5 milioni di barili al giorni di Hormuz sarebbe catastrofico, in un periodo di crisi come quello attuale. Ma in realtà oggi il mondo si può permettere di rinunciare al petrolio iraniano (circa 2,4 milioni di barili al giorno), vista l’entrata in produzione dell’Iraq e il rapido ritorno libico. Insomma  Teheran sta vedendo sciogliersi la propria posizione geostrategica. 




(notizia del 2006, nota FMM) 
Un sottomarino nucleare statunitense si è scontrato con una petroliera giapponese nel Mar Arabico. Da entrambe le imbarcazioni non sono stati segnalati nè feriti nè danni di rilievo, secondo quanto riferito stamani a Tokyo dal ministero degli Esteri nipponico.

In base alle prime ricostruzioni, le due imbarcazioni si sono scontrate attorno alle 4:15 ora del Giappone (le 20:15 di ieri in Italia) nella zona dello stretto di Hormuz, nel Golfo, dove si è verificata una collisione tra la prua del sommergibile americano e la poppa della nave nipponica. Le cause dell'incidente restano ancora ignote.(...)

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