domenica 18 dicembre 2011

Ricordi Di Beniamino Andreatta


E allora vale la pena di rievocare alcuni di quei "progetti" che al contrario andarono a buon fine. Come quando provò a scardinare un assoluto tabù, in quel lontano 1981. Lo fece in «splendida solitudine» in una compagine governativa in cui la cultura della stabilità finanziaria era non proprio ai primi posti. E fu una decisione storica, quella che condusse a esentare la Banca d'Italia dall'"obbligo" di acquistare i titoli del Tesoro non collocati sul mercato. Decisione assunta di concerto con il governatore della Banca d'Italia, Carlo Azeglio Ciampi, storica perché si riuscì a interrompere il circuito perverso del finanziamento monetario del disavanzo, causa primaria di quella pesante spirale inflazionistica che da anni attanagliava l'economia. Viaggiavamo a ritmi di inflazione del 20% con il deficit al 10 per cento. di Dino Pesole - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/Hqnt5
 
Fu un economista dello sviluppo, e anche un protagonista della storia dell'università italiana, da Trento ad Arcavacata che fondò, con Paolo Sylos Labini, nel 1972, nella convinzione che un campus di ispirazione anglosassone in quel di Cosenza potesse giocare un ruolo importante nello sviluppo del Mezzogiorno. Se di illusione si trattò, fu un'illusione riformista, modernizzatrice, meridionalista. Ne vide le contraddizioni, non si pentì di averla nutrita. Fu keynesiano, ma, come scrisse Edmondo Berselli, di un keynesismo almeno in Italia singolare, fondato su una forte inclinazione sociale, certo, ma anche sull'accettazione piena del mercato e della competizione. Fu cattolico e democristiano, consigliere economico di Aldo Moro negli anni del primo centrosinistra (1963-1968), a lungo parlamentare della Dc, una quantità di volte ministro. Ma fu un cattolico e un democristiano sui generis . Pronto a difendere anche con durezza e con un filo di superbia intellettuale la Dc, e assieme a fustigarne le pratiche correntizie e clientelari; e soprattutto, da ministro del Tesoro, a resistere a tutte le pressioni e a imporre, nel 1981, lo scioglimento e la liquidazione del Banco Ambrosiano. (...) Fu uomo della sinistra dc. Ma anche, caso non frequentissimo, profondamente e irriducibilmente anticomunista. Così anticomunista da candidarsi nei primi Ottanta, ovviamente senza fortuna, a sindaco di Bologna propugnando, del tutto controcorrente, una linea di accentuata austerità.(...)
 
Ora è qui per presentare una raccolta dei discorsi parlamentari di  Andreatta: qual è il loro tratto distintivo?
«Emerge la libertà di un pensiero estremamente originale, la forza personale nel sostenere idee e posizioni che da un lato mostravano un grande rispetto per il Parlamento, ma dall’altro sfidavano molto spesso il comune sentire dei singoli parlamentari. Andreatta aveva un modo di  interloquire sempre originale e coraggioso e tuttavia sempre fedele alla  linea presa. Il suo rispetto per il Parlamento era straordinario. Prendeva  sul serio ogni grande decisione ma anche i piccoli problemi che le Camere  dovevano affrontare, con spirito sempre illuminista e con, allo stesso  tempo una feroce razionalità e una fantasia senza freni».
 
Da presidente della commissione Bilancio del Senato Andreatta inisteva  sulla necessità di intervenire sul debito pubblico, argomento piuttosto  attuale oggi…
«Era capace di leggere in anticipo gli eventi e precederli con proposte motivate, anche se era provocatorio rispetto al pensiero dominante. Ha martellato durante tutti gli anni 80 sulla necessità di un assalto al debito pubblico, sull’abbattimento del deficit come condizione per la crescita, sul fatto che la severità vada richiesta al governo centrale come ai governi locali. Ricordo anche sue frasi tuonanti contro le promesse fiscali irrealizzabili, sull’errore di pensare, com’era allora convinzione nel Paese, che con l’inflazione si ungano le ruote del sistema. Diceva che ogni mancato aggiustamento oggi obbliga a una dura recessione domani».
 
Che peso ebbe il suo insegnamento nel rapporto costruito con l’Europa e  nell’entrata nell’Euro?
«Enorme, se si pensa che è stato proprio il suo martellare per quindici anni su questi temi che ha preparato l’opinione pubblica fino all’adesione all’Euro. A cominciare dal fatto, come diceva, che non possiamo avvicinarci all’Europa usando la svalutazione competitiva, uno strumento che distrugge l’anima di un Paese. Insisteva sull’europeismo senza compromessi ma aveva anche un’attenzione analitica per gli interessi del Paese».
 
Andreatta è stato ministro della Difesa del suo primo governo, durante il quale l’Italia ha portato avanti la missione Alba, in Albania: come si conciliava questo con i suoi valori religiosi?
«Quella denominata Alba è stata una grande missione di pace che ha in pochi mesi ricostruito uno Stato che stava candendo nella guerra civile. Nessuno pensava che un compito così importante e difficile potesse essere portato a termine in quattro mesi».
 

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