giovedì 29 dicembre 2011

Quando cambiano gli equilibri del mondo

Come ha ben visto il ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, la recente decisione di Cina e Giappone di rinunciare al dollaro per le transazioni fra i due paesi è una specie di allarme che non rigurda solo gli Stati Uniti. L'Europa è chiamata a fare la sua parte in un mondo che si sta riorganizzando, ci piaccia o no. 
E' quanto mai necessario - anche per mettere a punto una reale e duratura "soluzione" (se è possibile parlare di una soluzione, forse dovremmo dire un "tentativo di governo"...) della crisi economico-finanziaria - prendere atto del potere della Cina e "costringerla" a definire insieme a Europa e Stati Uniti una agenda complessiva che riguardi tutti i temi globali (non solo economici) oggi in campo: a partire dalla fluttuazione delle monete (da controllare in una sorta di "Serpente monetario globale"), per arrivare a temi come la concorrenza (dove è sempre più probabile il ritorno di un clima protezionistico, che almeno sul breve periodo potrebbe temperare le economie e permettere il riavvio di una domanda interna ai vari continenti), e definendo anche standard comuni per ambiente e lavoro. 
Un tavolo comune - che avrà anche inevitabili risvolti più direttamente politici, come si è già detto in passato - da "convocare" al più presto.

Francesco Maria Mariotti

(...) non c' è dubbio che l' intesa è piena di simbolismi destinati a rafforzare l' immagine di un' Asia sempre più autonoma e con una forte capacità d' attrazione. Accordi che, al di là delle ragioni tecnico-economiche che li hanno ispirati - ragioni che hanno un loro fondamento oggettivo - entro pochi anni potrebbero anche innescare nuovi processi di tipo politico. In sé la scelta di utilizzare di più yen e yuan nelle transazioni tra i due Paesi risponde all' esigenza di contenere i rischi sui cambi, ridimensionando il ruolo della valuta - il dollaro - che negli ultimi anni si è dimostrata più debole e instabile e archiviando la possibilità di ricorrere maggiormente a un euro che negli ultimi mesi ha perso credibilità e valore. Anche l' intenzione di Tokio di investire di più in titoli cinesi risponde a una ragionevole strategia di diversificazione del rischio: il Giappone, secondo solo alla Cina per l' imponenza delle sue riserve valutarie (1.300 miliardi di dollari, mentre Pechino ne ha per ben 3.200 miliardi), sta, infatti, registrando grosse perdite sui suoi massicci investimenti denominati nella valuta Usa. In questo Cina e Giappone, storiche nemiche sul campo, registrano una crescente convergenza d' interessi in campo commerciale e finanziario. Una convergenza che ha reso possibile un' intesa tra due Paesi comunque divisi da dispute territoriali (isole contese del Pacifico), che faticano a tenere a bada opinioni pubbliche attratte più dal falò dei contrapposti nazionalismi che dalle ragioni del dialogo. Proprio per questo l' accordo ha preso di sorpresa molti osservatori. E ora, davanti a una Cina che ha messo a segno un altro colpo sulla strada del riconoscimento del ruolo internazionale dello yuan, ci si chiede quanto peserà, nel lungo periodo, questo processo. (...)


(...) L'11 dicembre 2011 la Cina ha celebrato il primo decennale di adesione alla World Trade Organization; pochi giorni prima, al G20 di Cannes, il premier cinese aveva annunciato una politica di free market per l'export proveniente dai paesi più poveri del mondo. Si tratta di eventi e determinazioni che, insieme con le recenti misure neoprotezioniste verso gli Usa, mostrano che la Cina, attraverso diverse strategie, intende assumere un ruolo preminente di leadership sulla scena mondiale. 

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