lunedì 19 dicembre 2011

La Morte di Vaclav Havel - I Ricordi di Magris e Bettiza

(...)Non è un caso che la Praga magica e bislacca abbia portato al potere non un intellettuale infarcito di ideologia, bensì un poeta nato piuttosto per la stravaganza delle compagnie scioperate. Ma un poeta libero da ogni culto narcisista della letteratura, un uomo che è stato capace di sacrificare la libertà personale ed anche il lavoro letterario a valori umani più alti e al bene del proprio Paese. In questo senso, l'Occidente intellettuale ha molto da imparare da una Mitteleuropa umana prima che politica e culturale, di cui Havel è un figlio esemplare. Assumendo la responsabilità di rappresentare il suo Paese finalmente libero dal regime, Havel ne ha assunto, non senza fatica, tutto il peso di tante cose a lui ostiche: l'ufficialità rappresentativa, il necessario grigiore amministrativo e burocratico, tutta la prosa quotidiana così invisa a chi vorrebbe vivere in poesia. Non ha civettato con la «immaginazione al potere» cara a tanti libertari occidentali pronti a manifestare, ma senza pagare dazio. Sapeva che, in politica, l'autentica immaginazione consiste nella parziale, noiosa, creativa ricerca del bene comune e non nelle pose eclatanti.(...)


(...) Il futuro primo presidente non comunista della repubblica, all’epoca destinato alle sbarre del carcere più che ai lustri del potere, aveva fissato con maestria, nella sua pièce, il clima d’irrealtà programmata in cui boccheggiava il più civile dei Paesi centroeuropei sotto il tallone veterostalinista di Antonin Novotny. Si usava dire a quei tempi che la «democrazia popolare» di marca sovietica stava al socialismo come il bordello all’amore: i giornali di regime decantavano la felicità del vivere con la stessa enfasi sovreccitata con cui le prostitute fingono il piacere e l’orgasmo. Proprio quel linguaggio falsificato, quell’arnese di truffa ideologica, quella specie di mercimonio paradisiaco sublimato dalla semantica ufficiale doveva diventare l’oggetto centrale della satira haveliana. È importante sottolineare oggi questo dato di dissidenza, insieme etica e linguistica, perché lì era la matrice originaria dell’avversione di Havel alla grande menzogna, avversione che darà al suo anticomunismo un tratto speciale, colto, ironico, libertario e dissacrante. (...)

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